Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 15/05/2012, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Un consigliere di Netanyahu spiega la doppia faccia dell’Iran dialogante", a pag. 3, l'articolo dal titolo " Il contenimento funziona: quello dell’Iran contro l’America".
Ecco i pezzi:
Giulio Meotti - " Un consigliere di Netanyahu spiega la doppia faccia dell’Iran dialogante "
Giulio Meotti Dore Gold
Roma. “Soltanto la minaccia militare può fermare gli iraniani dal costruire la bomba atomica”. Dore Gold, nella cerchia dei consiglieri privati del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, direttore del Jerusalem Center for Public Affairs, già ambasciatore di Israele all’Onu e autore di una quantità di studi sulla politica internazionale, oggi sarà all’Ara Pacis per il convegno dedicato alle rivoluzioni mediorientali e alla questione iraniana organizzato dalla parlamentare Fiamma Nirenstein. A colloquio con il Foglio, Gold parla di Iran in vista dei summit di Baghdad del 23 maggio e dei progressi compiuti dal regime verso la bomba atomica. Sabato il Foglio ha lanciato le rivelazioni dei dissidenti iraniani sulla piovra di scienziati e ufficiali che a Teheran stanno lavorando alla bomba. Poi, domenica, l’Associated Press ha pubblicato una “smoking gun”, la fotografia di una struttura in cui gli iraniani avrebbero compiuto test atomici. E nel dossier appena pubblicato da Anthony Cordesman del Center for Strategic & International Studies si legge che l’Iran ha compiuto “impressionanti progressi nei propri centri di ricerca così da potere svolgere la maggior parte dei test necessari per la messa a punto della bomba pur senza arrivare ad un’esplosione vera e propria”. “Non è la prima volta che gli iraniani si siedono al tavolo con gli occidentali”, ci dice Gold. “Nel 2002 scoprimmo che avevano delle strutture clandestine per l’arricchimento dell’uranio. Gli iraniani decisero di dialogare perché avevano paura che gli americani, dopo essere entrati a Baghdad, si sarebbero girati verso est per attaccare Teheran. Gli ayatollah usarono i negoziati per continuare le attività sotterranee. Così alla fine dei colloqui il mondo scoprì che avevano messo in funzione la centrale di Isfahan. Oggi stanno compiendo lo stesso gioco di dialogo e nuclearizzazione”. Nel suo best seller “The rise of nuclear Iran”, Gold racconta la strategia iraniana. Quando nel 2005 il capo negoziatore iraniano Hassan Rowhani fu sostituito disse con orgoglio: “Mentre negoziavamo con gli europei, installavamo i nostri equipaggiamenti nelle strutture a Ishfahan”. La confessione di Rowhani fu seguita de quella di Abdollah Ramezanzadeh, portavoce del presidente Khatami: “Avevamo una politica scoperta, quella di negoziazione e costruzione di rapporti di fiducia, e una coperta, in cui continuavamo le attività”. Continua Gold: “Teheran oggi avverte una fortissima pressione e cercherà di pagare il prezzo più basso possibile. E’ possibile che taglino una parte dell’arricchimento dell’uranio, quella al venti per cento. Gli europei esulteranno, ma è una mera illusione. Gli iraniani potranno riprendere le attività di arricchimento in ogni momento, cacciare gli ispettori e assemblare la bomba. Per questo Israele è contro ogni accordo in cui l’Iran può continuare una qualche forma di arricchimento”. Secondo Gold, gli stati arabi sono in fibrillazione. “Un Iran nucleare è una minaccia per il mondo arabo, sarebbe l’egemonia di Teheran in tutto il medio oriente. Nel 2007, quando a Washington uscì il rapporto dell’intelligence su come l’Iran aveva interrotto il suo programma (dossier rivelatosi poi falso), convocai nel mio istituto a Gerusalemme tre generali israeliani. Uno di loro mi disse che Teheran aveva due obiettivi con i suoi missili: Riad e Tel Aviv. Gli iraniani sanno di avere del tempo fino a novembre, quando ci saranno le elezioni americane. Washington è sotto pressione da parte dei sauditi, alleati dell’America dalla Seconda guerra mondiale a dir poco spaventati dall’atomica iraniana”. Secondo Gold, se il regime iraniano ottiene la bomba è la fine del medio oriente così come lo conosciamo. “Il terrorismo nel mondo subirà una fortissima accelerazione. L’Iran agirà con impunità. Quando l’11 settembre 2001 l’America fu attaccata da al Qaida, cosa sarebbe successo se l’Afghanistan dei talebani avesse avuto la bomba atomica? Il nucleare iraniano non è un problema solo di Israele, ma di tutto il mondo. Teheran vuole emulare la Corea del nord, che d’improvviso cacciò gli ispettori e fece due test atomici. Si dice che gli iraniani abbiano assistito a quei test. Videro che per la Corea del nord non ci furono conseguenze e oggi sperano di emularli”. Gold è scettico sull’efficacia delle sanzioni approvate contro Teheran: “Le sanzioni stanno rendendo dura la vita agli iraniani, ma non cambieranno i piani dell’ayatollah Khamenei. Il regime iraniano si fermerà soltanto se sentirà che il suo futuro è a rischio. Per questo serve la reale possibilità di un intervento militare”.
Redazione del Foglio - " Il contenimento funziona: quello dell’Iran contro l’America"
Giornate molto intense a Foggy Bottom, al Pentagono, alla Sicurezza nazionale e alla Cia. Si stanno affinando i dossier su una fondamentale questione politica e strategica: il tentativo (avanzato) dell’Iran di costruire una bomba atomica da lanciare con un missile nordcoreano contro Israele. Lo stato ebraico, in pericolo di annientamento, minaccia un intervento militare sui siti di ricerca e sperimentazione iraniani.
Intervento ormai condiviso da tutto il paese, soprattutto dopo la formazione di un governo di unità nazionale. I tempi stringono e l’America dovrà presentarsi pronta alla decisiva discussione politica che avrà luogo a Baghdad il 23 maggio fra gli iraniani, guidati dal supernegoziatore Saeed Jalili, uomo della Guida Suprema Ali Khamenei, e i cinque del Consiglio di sicurezza più la Germania. Le foto dei satelliti hanno già mostrato, paragonandole alle precedenti, una attività di ripulitura attorno a Parchin, a sud di Teheran, il luogo dove, secondo i documenti dell’Agenzia atomica delle Nazioni Unite, l’Aiea, gli iraniani avrebbero sperimentato in un bunker dei micro esperimenti nucleari. Lavori per far sparire scorie e altri materiali accatastati fuori dal centro di ricerca e rimettere a nuovo le strade allagate dall’acqua uscita dal sito.
L’Iran invece non permetterà alcuna ispezione del laboratorio sotterraneo di Qom, il segreto dei segreti. La Repubblica islamica avanzerà anche proposte su una riduzione della quantità di uranio arricchito, cercherà di accondiscendere, a modo suo, ad alcune richieste, onde evitare le dure sanzioni europee che dovrebbero scattare definitivamente il primo luglio. E’ questa la data che spaventa Khamenei, molto preoccupato per la situazione economica dell’Iran: inflazione galoppante, mercato nero delle valute pregiate alle stelle, disoccupazione giovanile oltre il 60 per cento, quartieri popolari un tempo fedeli e pii in pericolosa agitazione, capitali in fuga, borghesia inviperita, religiosità in grave calo.
L’ordine per Saeed Jalili (che ben conosce i corridoi dell’Aiea perché vi ha lavorato) è trattare, dissimulare, mistificare, cedere uno per prendere due, al fine di rallentare le sanzioni. Una operazione difficile ma non impossibile, ora che il leader europeo più duro e deciso sulle sanzioni, l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, è stato sconfitto da François Hollande. La vittoria di Hollande, considerato più morbido sull’Iran, è stata celebrata soprattutto da un giornale iraniano: Tehran Emrooz, ispirato dal sindaco di Teheran, Mohammed Bagher Qalibaf, personaggio in ascesa (si è parlato di lui come possibile candidato alla presidenza della Repubblica alle prossime elezioni) e molto legato a Khamenei. Alla Cia, la speciale struttura dedicata all’Iran (una settantina di analisti) legge con molta attenzione Tehran Emrooz, cercando di capire le mosse distensive di Khamenei. Se la Guida Suprema dell’Iran cerca di prendere tempo, così fanno anche gli Stati Uniti. Obama e il suo staff della Sicurezza nazionale, ma anche il direttore della Cia, il generale Petraeus e il ministro della Difesa Leon Panetta, sono contrari all’intervento militare israeliano, sapendo che senza l’abbandono dei piani atomici iraniani, o sanzioni forti da mettere in ginocchio l’Iran, Israele non starà con le mani in mano, ad aspettare i missili con le atomiche degli ayatollah.
Gli emissari di Khamenei, che hanno contatti molto riservati con gli americani a Doha, in Qatar, lasciano intendere una certa disponibilità iraniana. Khamenei e i suoi si stanno comportando come fecero in passato, vogliono solo prendere tempo, dare uno per ottenere due, come nel mercato dei tappeti di Ferdosi a Teheran. Mettendo insieme le informazioni dalle diplomazie mediorientali, i sussurri da Vienna (dove è appena finito un tavolo negoziale) degli iraniani e le informazioni dirette, a Foggy Bottom e dintorni ci si è fatta una opinione precisa. Gli iraniani pensano di aver di fronte tre scelte.
La prima è quella di non voler collaborare affatto con l’Aiea, e quindi prendersi tutte le sanzioni e pagare un prezzo devastante.
La seconda è di cooperare senza dire tutta la verità.
La terza è di ammettere l’intenzione di essere al lavoro sull’impiego militare del nucleare.
Gli analisti ritengono che, come è sempre successo, la seconda opzione sia quella preferita dai maestri iraniani della dissimulazione. In questi anni sono infatti riusciti a dilatare i tempi, a far procedere le loro ricerche atomiche militari, a evitare ripercussioni troppo gravi dalle sanzioni già imposte. E anche oggi, secondo quel che si dice in tanti inutili convegni dedicati al contenimento dell’Iran (anche a Roma), riusciranno nei loro intenti. A guardare bene l’intrigo iraniano, si sostiene in alcune cancellerie occidentali e arabe, il vero contenimento lo stanno facendo gli iraniani nei confronti dell’America, giocando sulle paure elettorali delle colombe.
A Baghdad, dicono a Foggy Bottom, si potranno trovare solo soluzioni tattiche ma non strategiche. L’Iran potrebbe fermare la produzione ufficialmente, come nel 2003, per poi riprenderla con comodo, in segreto, come si è già visto. Presto la destituzione di Ahmadinejad? Fra tante illusioni americane, forse destinate a perdersi, c’è però una certezza che va considerata un vero successo della diplomazia segreta con Khamenei: la decisione della Guida Suprema di prendere in mano direttamente il dossier atomico, esautorando il presidente Ahmadinejad, ormai ridotto a meno di zero.
Nei giorni scorsi Khamenei ha deciso di far togliere presto al governo ogni controllo sulla gestione di petrolio e gas. E nei prossimi mesi è molto probabile che Ahmadinejad sia addirittura destituito, motu proprio di Khamenei, dalla carica di presidente dell’Iran, considerandolo “matto”, “inadeguato” e “senza alcun prestigio dentro e fuori l’Iran”.
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