Sul CORRIERE della SERA di oggi, 12/05/2012, a pag.22, con il titolo "Duello in TV fra i due candidati, una prima nel mondo arabo", Cecilia Zecchinelli traccia un ritratto troppo roseo sullo stato dell'informazione nell'Egitto ormai in mano alle forze islamiste. Pia illusione, come quelle di chi vede nelle sole elezioni una prova di democrazia, dimenticando che anche Hitler salì al potere attraverso libere elezioni.
Ecco il pezzo:

Abdel Abul Futuh, Amr Moussa
L'ex ministro degli Esteri di Mubarak e capo della Lega Araba contro l'ex membro del Politburo dei Fratelli Musulmani. Amr Moussa contro Abdel El Moneim Abul Futuh. Quattro ore di dibattito acceso in tv, giovedì sera, che hanno paralizzato l'Egitto: nelle case, nei caffè, per strada, in milioni sono rimasti incollati allo schermo per seguire il confronto tra i due favoriti nella corsa a raìs, una cosa mai vista finora sul Nilo e nel mondo arabo. L'ultimo sondaggio, per quello che può valere, attribuisce a Moussa il 39%, ad Abul Futuh il 24,5%; i precedenti li davano magari invertiti ma comunque in testa a tutti. Gli altri 11 candidati hanno infatti poche speranze, compreso il discusso ex premier Ahmed Shafiq e il grigio leader della Fratellanza, Mohammed Mursi. Una decina di aspiranti alla carica sono stati scartati dalla commissione elettorale, tra cui l'ex potentissimo capo dell'intelligence Omar Suleiman e il salafita Abu Ismail. O si sono ritirati, come il Nobel ElBaradei, più apprezzato all'estero che in patria. E le elezioni sono ormai vicine: il 23 maggio il primo turno, che quasi certamente porterà al ballottaggio il 17 giugno. Dopo, come promesso dal generale Tantawi, la sua Giunta militare dovrebbe farsi da parte, il Paese entrare finalmente in quella fase di «normalità» a cui tutti aspirano nonostante gli enormi problemi.
«Lei ha lavorato per i Fratelli Musulmani non per l'Egitto, a quel gruppo ha giurato fedeltà», ha rimproverato il 75enne Moussa ad Abul Futuh, 60 anni non pochi dei quali passati in carcere come oppositore. Risposta: «Il giuramento è decaduto quando la Fratellanza mi ha espulso perché mi ero candidato alle presidenziali». Anche Abul Futuh, già leader dell'ala moderata dei Fratelli e ora «islamico liberale», ha ricordato all'avversario «laico» un passato pesante: «Lei ha sostenuto Mubarak, nelle elezioni 2010 ha votato per lui e sempre taciuto sui suoi crimini. Chi ha contribuito a creare il problema non può esser parte della soluzione». Risposta di Moussa: «Quando il regime è caduto ha travolto i suoi uomini, ma io non ne ero parte».
Più aggressivo Moussa, più dialettico Abul Futuh, i due rivali hanno comunque rispettato le norme del discuter civile, senza i toni violenti di certi dibattiti su AlJazeera (ma anche della nostra tv). Hanno affrontato i temi caldi, dall'economia all'istruzione, e dedicato soprattutto tempo al rapporto tra Stato e Islam. Entrambi d'accordo che tra quest'ultimo e la democrazia non ci sia contraddizione, seppur con sfumature diverse. In un Paese dove i partiti religiosi sono già maggioranza assoluta in Parlamento, e la piazza chiede ancora diritti e libertà, è impossibile non dirsene certi.
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