Iran e la Bomba. Sul FOGLIO di oggi, 12/05/2012, a pag. 1 e 3, due articoli. Il primo un editoriale, il secondo l'analisi di Emanuele Ottolenghi.
Eccoli:
Editoriale: " Decifrare l'atomica iraniana"
Davvero, è per uno civile....
L’offensiva nucleare iraniana è basata su una tipica nozione israeliana: “Azimut”, ambiguità, opacità. Ha ragione chi dice che l’Iran sta costruendo un ordigno nucleare (il Foglio di oggi). Ha ragione anche chi dice che gli ayatollah non hanno ancora deciso di assemblarlo (il capo di stato maggiore israeliano, Benny Gantz). Dove sta la verità? L’Aiea, ma non solo, dice che l’Iran sta arricchendo uranio al 3,5 e al 20 per cento. Come ha spiegato l’ex vicedirettore dell’agenzia Onu, Olli Heinonen, la raffinazione al 3,5 costituisce il 70 per cento di un ciclo atomico, il 20 per cento è il 90 per cento di un processo completo. Significa che nel momento in cui l’Iran deciderà di completare un ciclo nucleare, al regime mancheranno due mesi. Tradotto: come ha detto nei giorni scorsi il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, Teheran potrebbe non costruire un ordigno, ma fermarsi a un “threshold”, un limite temporale, materiale e di know-how sufficiente a consentirgli di avere in tempi brevissimi la bomba. E’ il divario che separa la linea rossa dell’Amministrazione Obama (la costruzione della bomba) da quella di Israele (la “zona di immunità”). Se Teheran deciderà di assemblare la bomba significa che si sente abbastanza forte da sopravvivere a un attacco. Ha avvertito il New York Times che sulla tempistica sono leggendarie le falle delle agenzie di intelligence nel tracciare la nuclearizzazione di altri paesi. L’elenco è lungo: “La Cina negli anni Sessanta, l’India negli anni Settanta e il Pakistan negli anni Ottanta”. Per questo Israele non si fida dell’intelligence e potrebbe attaccare prima che il programma iraniano diventi “impregnabile”.
Emanuele Ottolenghi: " Rapporto sulla bomba "
L’Iran sta costruendo la bomba atomica – l’unico vero scopo del suo programma nucleare è militare, non civile. Sin dal 1984, quando il defunto leader della Rivoluzione iraniana, l’Ayatollah Ruollah Khomeini ordinò di ricostituire il progetto nucleare militare che lo Scià aveva iniziato negli anni Settanta, la Guida suprema dell’Iran e i suoi leader religiosi hanno posto come scopo precipuo del programma la bomba atomica – l’unica incertezza riguardo alle loro decisioni non è “se” costruirla ma “quando” – una domanda che dipende meno da considerazioni politiche e più da ostacoli tecnici. Uno di questi ostacoli fu creato nel 2002, quando l’organizzazione iraniana in esilio Mujaheddin e Khalq rivelò alla comunità internazionale i dettagli di due imponenti strutture del programma nucleare iraniano – il centro di arricchimento dell’uranio di Natanz e il centro per la produzione di acqua pesante (e possibilmente di plutonio) di Arak. Poco meno di un anno dopo, le forze d’invasione americane sconfissero Saddam Hussein in tre settimane, schierandosi vittoriose alla frontiera iraniana. E di lì a pocoarrivarono gli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica a Teheran. Per l’Iran, in quelle circostanze, il rischio d’essere colto in fallo significava – almeno secondo interpretazioni correnti – un attacco militare americano che avrebbe potuto sferrare il colpo di grazia al regime. L’intelligence americana aveva concluso quindi, nel 2007, che nell’autunno del 2003 l’Iran aveva sospeso ogni sua attività clandestina di natura militare. Ma contrariamente all’opinione corrente, nel 2003 l’Iran ha invece semplicemente riorganizzato l’intera struttura del programma militare clandestino, rendendolo più segreto e sparpagliandone laboratori, centri di ricerca e strutture all’interno di centri universitari, fabbriche, complessi industriali, centri medici e istituti governativi. Questa l’ineluttabile conclusione che emerge da documenti forniti dal gruppo di opposizione Iraniana in esilio, i Mujaheddin e Khalq a molteplici fonti giornalistiche in occidente giovedì mattina. Le sensazionali rivelazioni incluse nel materiale da loro fornito sono state pubblicate per la prima volta ieri mattina sulle pagine del quotidiano tedesco Welt, a firma di Clemens Wergin. Secondo i Mujaheddin, l’Iran “ha allargato l’organizzazione responsabile dello sviluppo di armi atomiche...”. Essi rivelano “una completa ed elaborata struttura di ricerca e una rete di acquisizione delle parti e dell’equipaggiamento necessari”, entrambe tenute sotto segreto. E di che struttura si tratta! Il loro dossier aggiunge che “una struttura organizzativa estesa è stata messa a punto per l’organizzazione dedita allo sviluppo di armi nucleari” sotto il comando del ministero della difesa iraniana, che è guidato dal Brigadier generale delle Guardie rivoluzionarie, Ahmad Vahidi (sotto sanzioni dell’Unione europea dal 2008) e con la diretta responsabilità operativa del sottosegretario alla Difesa, il Brigadier generale delle Guardie rivoluzionarie Ahmad Vahid Dastjerdi (sotto sanzioni Onu secondo la risoluzione 1.737). Né si tratta di attività passate – secondo i Mujaheddin le informazioni più recenti nel loro dossier risalgono all’inizio di aprile 2012 e la struttura da loro descritta è “in piena attività”. Hanno ripetutamente rivelato attività nucleari clandestine in passato, cosa che dà peso e credibilità a quanto emerso in queste ore. In più, le loro rivelazioni sono state ora autenticate da fonti indipendenti. Una fonte autorevole di un servizio segreto occidentale le considera “affidabili”. Un diplomatico occidentale di stanza a Vienna con l’incarico di seguire il programma nucleare iraniano conferma: le informazioni “coincidono con quanto ci dice l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) nel suo rapporto di novembre 2011 sul programma militare clandestino iraniano”. Il diplomatico alludeva all’appendice del suddetto rapporto, che delineava una struttura organizzativa del programma militare simile a quella illustrata nei documenti forniti dai Mujaheddin – ma con un’importante differenza. Le rivelazioni sono come “una lente d’ingrandimento” che completa il quadro nei dettagli aggiungono nomi, indirizzi, date, luoghi, particolari dei legami organizzativi, responsabilità, natura e significato di ogni dipartimento e delle sue aree di competenza. “La nuova organizzazione di ricerca difensiva (secondo il suo acronimo persiano, Spnd) agisce come un ente indipendente del ministero della Difesa responsabile per la costruzione di armi nucleari”. L’Spnd ha sette divisioni, ognuna delle quali coordina molteplici dipartimenti che operano in stretta collaborazione l’uno con l’altro e sotto la diretta supervisione del direttore dell’- Spnd. Si tratta di Mohsen Fakhrizadeh Mahabadi, un veterano delle Guardie rivoluzionarie già identificato in passato per il suo coinvolgimento in attività legate alla proliferazione nucleare. In passato, Fakhrizadeh guidava il Centro per la ricerca fisica, un istituto considerato dai servizi occidentali e dall’Aiea come un centro dedito alla proliferazione nucleare. Una volta promosso alla guida dell’Spnd è stato sostituito da Mohammed Sadegh Naseri (sotto sanzioni europee dal dicembre 2011). In quanto al Centro per la ricerca fisica, esso fa parte della ristrutturazione del programma, ed è diventato un dipartimento importante nella divisione chiamata Centro per le nuove tecnologie e i nuovi assetti di difesa, guidato da un altro scienziato nucleare iraniano, Mohsen Foroughizadeh. E, cosa importantissima, fu il centro ora guidato da Foroughizadeh ad avere la responsabilità di iniziare e seguire i lavori dell’impianto di arricchimento dell’uranio costruito a Fordo, sotto una montagna vicino alla città santa di Qom. Fordo era anch’esso un progetto clandestino, e fu rivelato al mondo durante il Summit del G20 a Pittsburgh, nel settembre del 2009, in una conferenza stampa congiunta del presidente americano Barack Obama, della sua controparte francese, l’allora presidente Nicolas Sarkozy, e l’allora premier inglese Gordon Brown. Nelle parole di Obama, le dimensioni e la configurazione delle installazioni di Fordo erano “inconsistenti con un programma nucleare pacifico”. Le informazioni dettagliate fornite dai Mujaheddin sono potenzialmente esplosive e possono cambiare drammaticamente le carte in tavola nel gioco diplomatico in corso tra occidente e Iran. L’intelligence americana rimane sulla sua posizione secondo cui l’Iran avrebbe sospeso le sue attività militari clandestine nell’autunno del 2003. I servizi occidentali sostanzialmente concordano nel credere che tutte le altre attività che hanno continuato a esistere successivamente sono state di natura limitata e frammentate nella loro struttura. Le rivelazioni dei Mujaheddin dimostrano l’esatto contrario. Per esempio, il direttore di una delle sette divisioni dell’Spnd, Ali Mehdipour Omrani, ha condotto dei test esplosivi nel sito segreto (e chiuso alle ispezioni) di Parchin. Il test faceva parte della sua tesi di dottorato presso l’Università di Khajeh Nasir e mirava ad aumentare la densità del tungsteno – un elemento chimico la cui manipolazione è un aspetto fondamentale nei processi di costruzione di una bomba nucleare. Tra parentesi, il centro sotto la guida di Omrani si occupa di “ingegneria meccanica e trasformazione di materiale, inclusi gli elementi metallici, per la produzione di testate nucleari”. Un’altra delle sette divisioni dell’Spnd è un centro dedito agli studi e la ricerca sugli esplosivi e le loro tecnologie. A capo di questo centro c’è Javad Ale Yasin, un altro veterano delle Guardie rivoluzionarie. La loro ricerca include simulazioni elettroniche di esplosioni e test esplosivi condotti a Parchin. Il loro collega, Seyyed Mehdi Abbasi, invece è alla testa del Centro di Ricerca per materiali di metallo avanzati. La sua funzione è di “produrre componenti metalliche necessarie per la costruzione di testate nucleari”. Abbasi e subordinati hanno creato una rete di imprese fantasma, sotto la direzione di scienziati nucleari, il cui compito è reperire, acquistare e portare in Iran la tecnologia necessaria al programma. Tra queste imprese si contano anche la Iman Taba, il cui direttore si chiama Seyyed Mohammad Mehdi Hadavi, e la Pardis Medical Pioneers (Pishgaman Pezeshki Pardis), aperta nel 2003.E’ diretta da Ali Emadi Allahyari. Né Iman Taba né Pishgaman Pezeshki Pardis sono sulla lista delle sanzioni – e le loro attività cominciarono proprio quando gli Stati Uniti sostennero che l’Iran avesse interrotto il suo programma militare clandestino. In quanto al resto, molti dei laboratori e delle officine del programma si trovano celati sotto falso nome all’interno di complessi industriali apparentemente innocui – anche se non abbastanza da sfuggire l’occasionale sanzione, come nel caso del gruppo industriale Shahid Baqeri. Quanto raccontato finora – e il dossier dei Mujaheddin contiene molti dettagli ancora – in sostanza non contraddice quanto molti esperti della storia del programma nucleare iraniano continuano a sostenere. Tuttavia, nonostante che non vi sia nulla di sorprendente in tutto questo per coloro che da tempo conoscono la lunga storia di bugie e sotterfugi della Repubblica islamica riguardo al suo programma nucleare, la nuova documentazione fornita dai Mujaheddin assume una notevole importanza, venuta a galla com’è dieci giorni prima dei colloqui di Baghdad. Essa contraddice tutti i presupposti operativi della diplomazia occidentale – e cioè che l’Iran vuole avere l’opzione militare ma non ha ancora deciso se perseguirla; che l’Ayatollah Khamenei, leader supremo e massima autorità politica e religiosa del paese si sarebbe espresso contro le armi atomiche, erigendo un insuperabile scoglio teologico a chi volesse invece dotare l’Iran della bomba nucleare. Questi documenti rivelano che l’opposto è vero.
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