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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Si può amare uno scrittore senza condividerne le posizioni politiche ? 07/05/2012

Da SHALOM, aprile 2012,n°4, a pag. 19, con il titolo "Amare un libro, ma non chi l'ha scritto", riprendiamo il commento di Angelo Pezzana:

David Grossman,Amos Oz, A.B.Yehoshua, Angelo Pezzana

E' da almeno 25 anni che gli scrittori israeliani sono diventati popolari in Italia, da quando nacque, appunto, il Salone del Libro di Torino. Invitati a presentare i loro libri, divennero, in tutti gli anni successivi, ospiti abituali, il grande pubblico dei lettori li incontrò, imparò a riconoscerli e li sentì raccontare Israele attraverso i loro romanzi. Piacquero, e da allora la letteratura israeliana in Italia diventò popolare. Sono ormai molte decine gli autori tradotti, ma su tutti, i più famosi, forse perchè scrivono spesso sui quotidiani più diffusi, sono David Grossman, Amos Oz, A.B.Yeoshuha. Chi non li ha letti ? Anche se la domanda giusta da porre dovrebbe essere " sono sempre stato d'accordo con loro, quando, smesso l'abito del narratore, hanno indossato quello del commentatore politico " ? Anche perchè la loro indiscussa popolarità ha ricevuto una spinta in avanti per le tesi fortemente anti-governative che sempre sono state la base dei loro interventi. Si può amare uno scrittore senza condividerne le posizioni politiche ? Oppure condividendone le finalità, ma non il modo con il quale pensa si debbano raggiungere ? Queste domande non sono peregrine, anche se sono rimaste quasi sempre a fior di labbra, per un vago senso di rispetto per la celebrità di chi, pur facendo la professione dello scrittore, si è sempre piazzato in prima fila nell'indicare al proprio governo che cosa va fatto e cosa no. Giulio Meotti, uno dei giornalisti che meglio conoscono la realtà israeliana, ha infranto questo tabù. L'ha fatto con un articolo in inglese, uscito su un sito web israeliano, ripreso in traduzione italiana su Informazione Corretta. Ecco un florilegio: David Grossman: “un attacco contro gli impianti nucleari iraniani, “sarebbe una scommessa impulsiva, suscettibile di deformare il nostro futuro in un modo che non oso nemmeno immaginare. O meglio, lo posso immaginare, ma la mia mano si rifiuta di scriverlo” (intervista a The Guardian). Poco tempo dopo l’operazione “Piombo Fuso” a Gaza, Grossman aveva sollecitato un’inchiesta indipendente sulla condotta dell’IDF, spianando la strada alla relazione distorta del Rapporto Goldstone (distorsione ammessa successivamente dallo stesso giudice Goldstone). Ha poi esortato al dialogo con Hamas. Dopo l’incidente della Flotilla, Grossman ha accusato Israele di comportarsi come una “banda di pirati”. Ha detto che il blocco di Gaza è “spregevole”, attaccando il governo israeliano “che è pronto a inasprire l’esistenza di un milione di persone innocenti nella striscia di Gaza, pur di ottenere la liberazione di un solo soldato prigioniero ”. Amos Oz: contattò Marwan Barghouti, il leader palestinese terrorista, imputato riconosciuto colpevole di aver ucciso cinque israeliani e di aver pianificato diversi attacchi terroristici. Il vincitore del “Premio Israele” inviò all’omicida e irriducibile terrorista, uno dei suoi libri con una dedica personale, augurandogli una rapida liberazione dal carcere, eccola: “Questa è la nostra storia. Spero che tu la legga e possa comprenderci meglio, come noi tentiamo di capire te. Spero di incontrarti presto in pace e libertà”. Parole nobili, ma tenevano conto del soggetto al quale erano dirette ? A.B.Yehoshua: ha messo sullo stesso piano il “ silenzio “ dell’opinione pubblica israeliana sulla “oppressione dei palestinesi” con il “ silenzio “ dei tedeschi durante la Shoah. Ma non solo narratori, anche filosofi. Yeshayahu Leibowitz: presentava gli israeliani come giudeo-nazisti, a causa della politica di occupazione mantenuta da tutti i governi dal 1967 in avanti. “Il desiderio di ingraziarsi il mondo dei “gentili”, non è un fenomeno nuovo nella vita degli ebrei. Attraverso secoli di esilio, era diventato parte integrante delle tecniche di sopravvivenza. Ma è un aspetto umiliante, che la vita lo Stato sovrano di Israele avrebbe dovuto sradicare” scrive Giulio Meotti, nel tentativo di spiegare un fenomeno che da tempo ha travalicato i confini della letteratura e dei suoi famosi scrittori, per entrare nei luoghi più disparati, fra gli storici, i politici, l'accademia, e non solo in Israele, chè potremmo sempre dire ‘beh sono fatti loro, avranno pure il diritto di dire ciò che pensano del paese del quale sono cittadini’, no, la schiera si è allargata alla diaspora, abbattendo ostacoli che mai avremmo immaginato, primo fra tutti la Shoah. Chi avrebbe mai ritenuto che un Norman Finkelstone, ebreo americano, figlio di sopravvissuti, avrebbe pubblicato un libro contro Israele dal titolo “L’industria dell’Olocausto “, nel quale ha attaccato lo Stato ebraico accusandolo di sfruttare lo sterminio nazista per nascondere lo stesso comportamente nei confronti dei palestinesi ? O che il giornalista ebreo tedesco Henryk Broder, anche lui figlio di sopravvissuti, avrebbe mai definito Auschwitz “una oscena Disneyland della morte “? Due ebrei tre opinioni, suggeriva una vecchia, divertente storiella, che non manca mai nelle antologie di barzellette ebraiche, ma qui viene il dubbio che si sia oltrepassato ogni limite. Churchill aveva ragione quando criticava i pacifisti degli anni ’30, definendoli “ coloro che nutrono il coccodrillo nella speranza di essere mangiati per ultimi”, che sia venuto il momento di rifletterci sopra, senza tabù e senza censura ? 

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