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Ugo Volli
Cartoline
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Libertà dalla stampa e il segreto dei fondi ad Al Qaeda 06/05/2012
 

Libertà dalla stampa e il segreto dei fondi ad Al Qaeda
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

 Cari amici,

come sempre vi dò qualche aggiornamento sulla magnifica società palestinese, esempio per tutti gli eurarabi d'Eurabia: così impariamo come miglioreranno le cose quando avremo ottenuto il nostro scopo di una vera civiltà multiculturale illuminata dal faro dell'Islam, come voleva il povero Livingstone, candidato sindaco di Londra, purtroppo sconfitto l'altro giorno dalla congiura demo-pluto-sionista.
Il primo argomento è la libertà di stampa, che in arabo si chiama libertà dalla stampa. Che in questa forma nella nuova “Palestina” fiorisce perfettamente. Pensate che la sola catena televisiva più o meno indipendente è stata querelata per un milione di dollari, che non è poco neppure da quelle parti, per diffamazione, avendo raccontato affari di corruzione di Al Fatah.
Lo racconta l'inglese Guardian in un articolo cui giustamente non manca il lato antisraeliano (http://www.guardian.co.uk/world/2012/may/01/palestinian-tv-station-sued-media-crackdown?newsfeed=true).
Si sono dimenticati di dire che anche Al Capone fu bloccato da un'accusa di evasione fiscale, e non c'è modo migliore per bloccare i nemici che impoverirli. La battaglia dell'Autorità Palestinese contro libertà di stampa (pardon, a favore della libertà dalla stampa) continua imperterrita: siti web chiusi, ministro dell'informazione dimesso, giornalisti arrestati. Qualche maligno sostiene che questa situazione è dovuta a mancanza di idee (http://www.csmonitor.com/World/Backchannels/2012/0503/Out-of-ideas-Palestinian-Authority-censors-critics)  e alla paura di diventare oggetto di agitazioni in stile - diciamo - primaverile arabo (http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/palestinianauthority/9244982/Analysis-Is-a-Palestinian-revolt-against-Mahmoud-Abbas-brewing.html).

Ma in realtà è tutta pedagogia. Il buon vecchietto Abu Mazen, con quella sua aria da Brontolo di Walt Disney, vuole insegnare a noi che cosa dobbiamo fare per elevare il nostro stato di coscienza e migliorare il nostro giornalismo. E devo dire che questo processo educativo funziona molto bene, se non per quanto riguarda la nostra politica interna, dove la pratica della diffamazione personale dei politici, alimentata da indiscrezioni più o meno indebite dalle indagine in corso è ormai una parte della democrazia più importante delle votazioni in parlamento, almeno per la politica estera, in particolare per le cronache dal Medio Oriente.
Alimentato forse dallo spirito di Riccardo Cristiano, che in una celebre lettera all'OLP di qualche anno fa (ricordate? a proposito del linciaggio di due riservisti israeliani in una stazione di polizia a Ramallah, ripreso dai concorrenti di Mediaset) spiegava che la sua etica professionale gli imponeva di non pubblicare in nessun modo notizie inopportune per la causa palestinese, i giornalisti italiani e in fondo di tutti i “grandi giornali” occidentali hanno ignorato una notizia importante - bisogna dirlo: una notizia bomba - appena uscita.
Provo a raccontarvela io, che com'è noto sono antipatico e maleducato, poco rispettoso del politically correct.

Ecco, l'altro giorno sono state desecretate e aperte al pubblico le carte trovate dagli americani nel covo di Bin Laden in Pakistan (almeno una parte di esse). A differenza dei documenti di Wikileaks che potevano imbarazzare gli americani e i loro amici, questi materiali che potevano dar fastidio agli islamisti non sono stati quasi considerati dai giornalisti.
Ma qualcosa è uscito, soprattutto negli Stati Uniti. Fra le carte c'è una lettera che racconta una novità interessante su Al Fatah, la fazione più grande dell'Autorità Palestinese, presieduta prima da Arafat e poi da Muhammed Abbas.
Fatah, dice un documento segreto custodito da Bin Laden "Ci ha offerto fondi, presumibilmente a [supporto] del jihad, ma c'è un'altra ragione, vale a dire la loro paura di diventare bersagli delle nostre spade".
Dunque i palestinesi volevano finanziare e forse hanno davvero dato denaro ad Al Qaeda. Sono carte attendibili, non pubbliche, non propagandistiche, che meritano una riflessione.
Perché Fatah ha fatto questo passo? La ragione ideologica è chiara, lo dice il testo “per il Jihad”: l'odio all'America, che si vide con le manifestazioni di gioia per la strage delle Twin Towers.
Interessante anche l'altra ragione, la possibile paura di diventare “bersagli delle nostre spade” o piuttosto bombe. E' una logica assolutamente mafiosa, da una parte o dall'altra.
Dunque Fatah, cuore della “buona” e “moderata” Autorità Palestinese voleva finanziare Al Queida e forse l'ha fatto. Domanda: con che fondi?
I “palestinesi” non hanno petrolio, lo sviluppo economico è l'ultima delle loro preoccupazioni, vivono di sussidi internazionali, miliardi di euro che arrivano principalmente dall'America e dall'Europa.
Ecco, il punto è questo, con le nostre tasse abbiamo finanziato, o rischiato di finanziare Al Qaeda, attraverso la partita di giro dell'Autorità Palestinese.
Non è una notizia questa? Ma sui giornali non la leggerete mai, grazie alla libertà dalla stampa che Eurabia pratica sul Medio Oriente. Dovremo riparlarne noi, allora.

 Ugo Volli


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