Sulla STAMPA di oggi, 06/05/2012, a pag.30/31,con il titolo " C'è l'animo di noi ebrei negli animali della Bibbia" Maurizio Molinari intervista il grande illustratore Mark Podwal, il suo libro sulle lettere dell'alfabeto ebraico gli diede fama internazionale quando uscì trent'anni fa. Esce ora da Giuntina il suo "Bestiario", ispirato ai racconti delle Scritture e al Talmud.
Maurizio Molinari Mark Podwal
Disegna gli animali della Bibbia e del Talmud per descrivere l’animo ebraico, crede nell’artigianato della mano a dispetto dell’era digitale e le sue caricature sul New York Times hanno segnato la trasformazione del rapporto tra immagine e tratto della penna: Mark Podwal, tra i caricaturisti viventi di maggiore successo, si racconta in coincidenza con l’uscita in Italia del suo Bestiario ebraico per i tipi della Giuntina di Firenze.
Perché un libro sulla zoologia ebraica?
«Il Bestiario è un volume non scientifico sugli animali. Include materiale immaginario e offre esempi di tradizioni animali per insegnare valori morali. Nel XIII e XIV secolo i bestiari erano i libri più popolari tra i cristiani subito dopo la Bibbia. Immagini di bestie apparivano di frequente sui manoscritti ebraici più illuminati. Il primo libro ebraico stampato è una collezione di favole animali pubblicata in Italia nel 1491, ma, a quanto ne sappia, finora nessuno aveva pubblicato un bestiario ebraico».
Quanto contano gli animali nella tradizione ebraica?
«Il regno animale è profondamente radicato nella coscienza ebraica. La Bibbia ebraica è colma di riferimenti ad animali. Sette delle dodici tribù di Israele hanno per simboli degli animali. I leoni appaiono di frequente nell’immaginazione ebraica. I nuovi tessuti che ho disegnato per la sinagoga praghese Altneuschul, di 700 anni fa, sono ricamati con coppie di leoni».
Come cambia la rappresentazione degli animali nella Bibbia e Talmud?
«La Bibbia ebraica si sviluppa in 24 libri, mentre il Talmud è fatto di discussioni rabbiniche e include numerose leggende basate sui racconti biblici. Si tratta di leggende che fanno sorridere e dunque ispirano disegni. Penso ad esempio ai racconti sull’immaginario Ziz, un uccello gigante le cui uova una volta sono cadute per errore sulla Terra provocando, con il fluido contenuto, l’inondazione di 60 città. E il Talmud aggiunge “per fortuna tali incidenti non avvengono di frequente”».
Perché il maiale è associato con l’immagine della lupa di Roma?
«La lupa capitolina, che allatta Romolo e Remo, proietta l’ombra di un maiale. Antichi scritti ebraici paragonano l’odiato nemico romano - responsabile della distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme - a un maiale. Per il Talmud il maiale incarna 9 delle 10 misure di malattie terrene. I rabbini considerano il maiale così abominevole che il Talmud tende a evitare di menzionarlo, chiamandolo “l’altra cosa”».
Come nasce l’illustrazione delle lettere che escono dalla bocca di un grande pesce?
«Sono lettere che ascendono verso il paradiso uscendo dalla bocca di un pesce gigante che rappresenta Jonah mentre chiede perdono a Dio per poter essere ammesso a Ninive al fine di predicare sulla debolezza degli abitanti. Nella tradizione ebraica il pesce rappresenta la fertilità. Giacobbe benedice i suoi figli augurandogli di moltiplicarsi come i pesci del mare».
Lei rappresenta il sovrano babilonese Nabucodonosor, che distrusse il primo Tempio di Gerusalemme, come una bestia. Chi è il moderno Nabucodonosor e come lo rappresenterebbe?
«Il Nabucodonosor dei nostri tempi, peggior nemico del popolo ebraico, è il presidente iraniano Ahmadinejad che nega l’Olocausto e minaccia in continuazione di distruggere Israele. Se dovessi fare una caricatura su di lui sarebbe un fungo nucleare sulla sua testa, a forma di turbante».
Che relazione c’è tra l’identità ebraica e la sua rappresentazione illustrata? «Nel mondo ci sono oggi più artisti figurativi ebraici che in qualsiasi altro momento nella storia, così come alcuni libri di illustrazioni antisemite sono bestseller in nazioni senza ebrei. Per quanto mi riguarda, quando il Metropolitan Museum acquistò i miei oggetti per venderli nei suoi negozi, il direttore dell’Arte nel XX secolo mi chiese di non limitarmi agli argomenti ebraici, ma io rifiutai perché si tratta della mia passione. Anche se so bene che limita il mio pubblico».
C’è una differenza tra come i suoi disegni vengono ricevuti in Israele e nella Diaspora?
«Le mie caricature politiche sul Medio Oriente pubblicate sul New York Times vengono riprese dalla stampa israeliana mentre in Israele nessuno dei miei tredici libri è stato pubblicato, a differenza di quanto avviene in gran parte del mondo, dalla Russia al Brasile. L’obiezione ai miei libri è che “in Israele già ne conoscono i contenuti”. Forse il motivo è che i miei libri per bambini riprendono i motivi degli shtetl dell’Europa Orientale e molti israeliani li associano a una mentalità “da succubi” nella quale non si riconoscono».
Cosa significa disegnare caricature per la pagina degli editoriali del New York Times ?
«Fu pubblicata nel 1972 e si intitolava “Il massacro di Monaco”, riferendosi alla strage di atleti israeliani alle Olimpiadi».
Come sta cambiando il ruolo di vignette e caricature nella carta stampata?
«Nel 1846 il poeta William Wordsworth deplorò la pubblicazione dell’ Illustrated London News perché riteneva che le parole fossero più nobili delle immagini. Il conflitto tra parole e immagini attraversa la storia dell’uomo. Per secoli le immagini hanno aiutato gli illetterati. Oggi, anche se un vignettista può spedire all’istante un disegno ovunque nel mondo via email, le vignette diminuiscono sui giornali in carta. Il motivo è che per molti direttori è più facile affidarsi alle fotografia per farsi comprendere, illustrando un momento. Credo che tale tendenza continuerà».
Perché sulle homepage dei siti delle maggiori testate le caricature scarseggiano: i disegni sono incompatibili con Internet?
«Nell’era digitale l’occhio della telecamera domina sull’artigianato della mano, ma ciò non toglie che innumerevoli artisti di valore abbiano propri siti Internet che si stanno facendo spazio».
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