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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.05.2012 Pubblicate le ultime lettere di Osama bin Laden
cronaca di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 maggio 2012
Pagina: 21
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Le ultime lettere di Bin Laden»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/05/2012, a pag. 21, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo "Le ultime lettere di Bin Laden".


Osama bin Laden

WASHINGTON — Osama era tutto e niente per Al Qaeda. Contabile, leader e perfino censore. Fino all'ultimo, nel rifugio-eremo in Pakistan, ha cercato di mettere in riga i cattivi ragazzi. Quei mujaheddin che usavano la sigla qaedista ma poi facevano ciò che volevano. Con stragi ingiustificate che hanno finito per alienare la comunità musulmana e distratto dall'obiettivo principale: l'America e i suoi dirigenti.
È un Osama frustrato, determinato a imporre il proprio ordine, quello che emerge dalle «lettere di Abbottabad». Una minima parte — oltre 170 pagine — delle carte sequestrate nella palazzina dove il leader è stato ucciso un anno fa.
Ieri il centro antiterrorismo dell'Accademia di West Point ne ha iniziato la pubblicazione. Non grandi novità, piuttosto uno sguardo sulle dinamiche qaediste.
Nel movimento — notano gli analisti — esistevano posizioni diverse. La prima rappresentata dal convertito americano Adam Gadahn, che sollecitava una presa di distanze dalle fazioni responsabili di massacri ai danni dei musulmani. Una seconda favorevole all'inclusione dei gruppi regionali nella struttura più importante. La terza, guidata da Osama, che cercava di mantenere un'influenza senza garantire l'uso del marchio.
È curioso che lo stesso Bin Laden prenda in prestito dai media — lo ammette lui stesso — la sigla «Al Qaeda centrale» per indicare la leadership storica. Un nome che comunque non piace al leader e infatti vorrebbe cambiarlo.
Le missive sono dei richiami forti. Osama non si fida degli affiliati regionali — cita gli Al Shebab somali — li rimprovera, auspica un approccio cauto con messaggi affidati ai corrieri. Bin Laden non gradisce gli attacchi kamikaze solitari. Meglio usare un numero ampio di attentatori, afferma. Chiede che siano creati due team per uccidere Obama nel caso si rechi in Afghanistan.
Reagisce male quando gli propongono la promozione dell'imam yemenita Al Awlaki. Famoso sul web per i sermoni in inglese, vorrebbero metterlo alla testa di Al Qaeda nello Yemen. Il capo risponde: «Rimanga nella sua posizione» e suggerisce che sia necessario testarlo prima sul «campo di battaglia». Interagisce molto con Gadahn e Attiya mentre sembra lontano dal suo successore Al Zawahiri. Poi se la prende con i talebani dopo il fallito attacco a Times Square. Non lo avevano avvertito e l'attentatore aveva mentito. «È un tradimento», sentenzia. Contrasti — interessanti — emersi anche in altri scambi.
Ecco che allora Bin Laden propone ai suoi un «memorandum di intesa» affinché i gruppi, prima di agire, ottengano la sua autorizzazione. E pretende comunicati accurati in quanto «i media occupano una parte importante della nostra battaglia». Dunque solo informazioni precise. Cosa che a suo giudizio non fa la rivista jihadista online Inspire, responsabile di «conseguenze pericolose».
Preoccupato degli «errori crescenti» — i massacri in Iraq, ad esempio — Osama scrive: se gli emiri locali non si scusano «dovremmo essere noi ad assumerci la responsabilità».
Tutto è rimasto nelle «lettere di Abbottabad». Le prediche sono state affogate nel sangue. Da Bagdad alla Nigeria.

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lettere@corriere.it

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