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Il Venerdì di Repubblica Rassegna Stampa
04.05.2012 Negev, una regione ricca di attrazioni naturali e archeologiche da visitare
Commento di Fabio Scuto

Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 04 maggio 2012
Pagina: 88
Autore: Fabio Scuto
Titolo: «Negev, la vacanza ideale per chi vuole la luna»

Riportiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 04/05/2012, a pag. 88, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo "Negev, la vacanza ideale per chi vuole la luna".

Un articolo di Fabio Scuto non ostile su Israele, ci complimentiamo con il suo autore, augurandoci che sia il primo di una lunga serie.
Ecco il pezzo:


Negev

MITZPE RAMON (Israele). La vista dalla tenda di Sefi è un meraviglioso panorama che appare immenso – scure montagne marroni, i cammelli su una delle creste, le pecore al pascolo nel vicino wadi. Siamo nel cuore del Negev, nella parte meridionale di Israele, in quel triangolo stretto nella valle del Giordano fra il Mar Morto e i contrafforti delle montagne, che si spinge fino a Eilat, sul Mar Rosso, e si affaccia nel Golfo di Aqaba. Nella Bibbia, il termine «Negev» viene usato sovente per indicare il Sud. E questo «Sud» nell’antichità fu regno incontrastato dei Nabatei, un popolazione probabilmente di origine araba pre-islamica, che parlava aramaico, dominò la Via delle Spezie e si convertì al cristianesimo durante l’epoca bizantina. Delle sue splendide città, fra le quali la capitale Petra (in Giordania), Mamshit (Manfis) e Avdat (entrambe nel Negev), oggi rimangono imponenti rovine, a testimonianza della decadenza sopravvenuta dopo la conquista islamica del VII secolo, che fece di questo territorio il regno delle tribù beduine nomadi, praticamente fino alla creazione dello Stato d’Israele nel 1948. Considerato da David Ben Gurion, padre fondatore d’Israele e suo primo capo di governo, come il naturale sbocco del futuro sviluppo del Paese, in realtà il Negev fu a lungo trascurato, nonostante i sogni del «Vecchio» (Ha-zaqen, soprannome di Ben Gurion), che già lo immaginava verde, fiorito e turistico quando ancora vi erano soltanto polverose piste carovaniere. Oggi le cose sono cambiate, e anche se il Negev non è ancora una foresta di cedri, è pur tuttavia una regione ricca di attrazioni naturali e archeologiche, con vaste aree agricole, soprattutto colture sperimentali e biologiche, e strutture turistiche: per venire incontro a tutti i gusti e a tutte le disponibilità economiche, si è sviluppata infatti una forma di ecoturismo sostenibile, certamente nuova a queste latitudini. E i kibbutz sorti nel deserto sono diventati le destinazioni predilette per godere della vergine bellezza di una delle meraviglie naturalistiche di Israele. A cominciare da Makhtesh Ramon, nella parte più meridionale del deserto del Negev, il più vasto cratere naturale di Israele, formato dall’erosione dell’acqua, che sembra l’orma lasciata da un immenso meteorite, soprattutto quando lo si osserva dai suoi bordi screpolati. È un paesaggio lunare lungo quaranta chilometri e largo nove che custodisce nel suo alveo di roccia cisterne naturali di acqua. All’interno del Makhtesh scorrazzano le gazzelle, che si incontrano lungo i sentieri di trekking: la pianura centrale ospita infatti una fauna e una flora molto varie. Lo spettacolo è impressionante anche quando si fa il giro dall’alto del cratere al volante di una jeep, il mezzo più indicato per avventurarsi tra i wadi, i canyon che erano letti di fiumi scavati dallo scorrere inesorabile dei secoli, e le pietraie. Qua e là ci si imbatte in tende beduine come quella di Sefi e in fattorie strappate alla sabbia da ex militari dell’esercito convertiti alla coltura degli ulivi, che oggi aprono le loro case ai turisti con la formula del Bed and breakfast. Nel Negev, tanto amato dal romanziere Amos Oz, che vive ad Arad, ci si imbatte nei resti della città nabatea di Avdat, sorta sull’antica rotta delle carovane che trasportavano da Petra verso Gaza l’incenso, l’argento e le spezie, che poi, sulle navi, prendevano la rotta per la Roma imperiale. Dall’alto si ammira un panorama che non sembra terrestre, con quel mosaico di wadi che tracciano vene nel deserto. Uno dei luoghi più sacri del Negev è la tomba di Ben Gurion. Innamorato di queste lande solitarie, quando nel 1954 lasciò il proprio incarico di primo ministro, decise di venire a vivere insieme alla moglie Paula nel kibbutz Sde Boker, affacciato sulla Valle di Zin, che un sistema naturale di irrigazione ha trasformato oggi in una distesa verde. Le sue spoglie sono state sepolte nel luogo forse più scenografico di Israele, sopra una collina rivolta verso una splendida tavolozza di millenarie alture di arenaria. Tsur Shezaf, scrittore e giornalista israeliano, che ha trascorso molto tempo nel Negev e molto ne ha scritto, quando ne parla si riferisce a questa regione come a «un orizzonte mentale». Un paesaggio di spazi aperti come questo, spiega, «dà alla gente la pace di cui ha bisogno per affrontare la violenza della società urbana».

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