Sono triste e un po' umiliato
a destra, Enrico Mentana
Cari amici,
sono proprio un po' triste. Mettiamola così. Passando una settimana in Israele, come vi ho raccontato ieri, ho perso un'occasione straordinaria, voglio dire il festival della cultura ebraica di Ferrara. Intendiamoci bene, non mi dispiaccio tanto per le presentazioni dei libri, per le mostre e per le visite, che certamente erano interessanti, ma diciamo nella norma. Quel che ho perso è stata un evento del tutto eccezionale, o almeno dovrebbe esserlo: una competizione, una vera e propria gara dentro una festa ebraica, che per oggetto aveva - pensate un po' - l'antisionismo, la condanna di Israele. IC ne ha già dato notizia, ma mi sento di tornarci sopra io.
Ammetterete: non è proprio cosa di tutti i giorni - anche se non è la prima volta che personaggi ostili nei confronti dello stato ebraico siano chiamati da protagonisti alle manifestazioni dell'ebraismo organizzato italiano: ci fu per esempio un invito a Moni Ovadia a settembre scorso, in occasione della giornata della cultura. Ma Ovadia fu invitato, se non ricordo male, a raccontare barzellette, che è un ruolo perfettamente commisurato a lui. Mentre qui c'è stata una vera e propria gara che ha avuto pretese di serietà anzi di confronto storico e polititologico.
Scuserete però se ve la racconto come un evento sportivo: io non ho avuto la fortuna di assistervi, come vi dicevo, con grande vantaggio per il mio fegato, magari la relazione è stata più collaborativa e meno agonistica, ma io me la figuro così, un po' come una partita di pallone.
Ecco che cosa sembra sia successo. Intorno a un tavolo sono stati invitati a parlare su Israele l'ex ambasciatore Sergio Romano, immortale autore della “Lettera a un amico ebreo”, il più medagliato spregiatore di Israele che scriva sui giornali italiani; Enrico Mentana, giornalista di origini ebraiche e direttore del TG7; Stefano Jesurum, giornalista anche lui ed ebreo, che si definisce credo “post-sionista” e che io chiamo piuttosto “diversamente sionista”, nel senso che di Israele gli piace più o meno il colore del mare e forse il sapore dei falafel, magari anche chissà la Rafaeli - e però nient'altro, soprattutto niente di politico.
C'erano anche Guido Vitale, che faceva l'arbitro, e Riccardo Calimani, che come direttore del Museo dell'Ebraismo e della Shoà è il responsabile ultimo di questa straordinaria gara, forse avrebbe dovuto fare il portiere, ma ha avuto piuttosto il ruolo del raccattapalle. La partita è iniziata con Sergio Romano, che da par suo ha sentenziato che “Israele è una democrazia paragonabile a quella inglese in epoca coloniale: è democratico a casa sua, ma non necessariamente fuori dalla propria abitazione” aggiungendo profetico che “il sionismo laico si serve del sionismo religioso per raggiungere obiettivi geopolitici, quanto a lungo potrà continuare questa contraddizione?”.
Calimani non ha trovato di meglio che raccattare la palle e restituirla al giuoco distinguendo le responsabilità: esse “devono essere considerate in maniera distinta: è il governo a fare degli errori, non lo Stato e nemmeno il popolo, che è sempre vittima di situazioni tragiche”. Povero popolo chissà dove ha trovato questo governo, che fa tali terribili “errori”: magari in un ufficio degli oggetti smarriti...
Giustamente gli ha risposto Mentana, che ha colto l'assist per spararle più grosse di tutte. Secondo la cronaca del giornale locale da cui ho preso la notizia (http://www.estense.com/?p=215664 ), Mentana è partito dall'esattissima ma evidentemente simbolica considerazione che <<“sessant’anni dopo il risorgimento in Italia è salito al potere Mussolini”.>> Dunque la democrazia iniziale di uno stato non garantisce la sua continuazione: << Così come non assolve il popolo italiano dalle colpe del Ventennio, così il direttore del tg La7 non “perdona” quello ebraico dalla controversa politica messa in atto per
proteggere i propri confini. E va oltre, azzardando un paragone che, è
facile prevedere, non tarderà a suscitare polemiche: “in Italia il
fascismo non fu questione di pochi avanguardisti, ci fu un’adesione
amplissima; così in Germania fu grande l’entusiasmo attorno al sogno
hitleriano”. >>
Insomma, Israele di oggi come è il fascismo e il nazismo di settant'anni fa: non è un paragone che merita di essere sentito, se fatto non alla festa di Rifondazione comunista, ma a quella della cultura ebraica ? Ma non è finita qui, per Mentana Israele ha colpa anche del montante antisemitismo in Europa: “l’eurobarometro, che negli stati comunitari sonda l’opinione pubblica in materia di antisionismo, continua a proporre un giudizio molto negativo su Israele, che contagia anche la percezione che si ha delle comunità ebraiche.” Come negare dunque che gli ebrei siano responsabili dell'antisemitismo che li colpisce? E' una vecchia tesi, che è stata spesso sostenuta non solo dai giornalisti brillanti, ma anche dai banali antisemiti. Ma a Ferrara nessuno ha fischiato il fallo.
Nonostante la storica superiorità di Sergio Romano, è difficile negare a questo punto a Mentana la vittoria come “Mister antisionista Ferrara 2012” e infatti secondo il giornale che ho citato, il buon Jesurum si chiama fuori e appunta serafico, citando il titolo del libro che ha recentemente pubblicato per Longanesi, 'Israele: nonostante tutto', <> Fischio finale.
Fin qui la ricostruzione del dibattito da parte di un sito locale (per un'altra versione, meno offensiva ma assai istruttiva da riscontrare con questa, si può leggere la corrispondenza su Moked di Daniela Gross: http://moked.it/blog/2012/04/30/qui-ferrara-realta-percezione-e-duro-confronto/ ). A me restano poche domande, a parte il dispiacere per essermi perso la partita.
Perché le manifestazioni ufficiali dell'ebraismo italiano hanno l'abitudine di invitare regolarmente nemici di Israele, in questo caso senza neanche un contraddittorio? Chi ha programmato l'invito di un notorio antipatizzante di Israele e degli ebrei al festival della cultura ebraica? Chi ha controllato? Non è il caso di invitare i responsabilin di questa gara di antisionismo a dimettersi? Perché gli illustri esponenti dell'ebraismo italiano, presenti al tavolo e in sala, non hanno ritenuto di protestare energicamente a paragoni di Israele con il colonialismo britannico (che ricordiamocelo, è quello che ha coscientemente impedito il salvataggio di milioni di ebrei dalla Shoà, pur di non dispiacere agli arabi) e addirittura al fascismo e al nazismo? Si possono lasciar passare affermazioni del genere? Qual è il ruolo che le istituzioni dell'ebraismo italiano si assegnano di fronte all'antisionismo, che come ha spiegato anche il presidente Napolitano, è una forma di antisemitismo? Si sentono neutrali? Non ritengono che fra i loro compiti ci sia la difesa di Israele? Hanno raccolto in anticipo l'invito di Mentana ad “essere ancora più critici” nei confronti. O forse anche l'ebraismo italiano ha un “governo” che fa parecchi “errori”? O almeno di cambiare chi gli “errori” li ha fatti questa volta?
Devo confessarvi che la mia tristezza nei confronti di questa partita non consiste nel fatto di non averla vista, ma in quello che si sia svolta. Non è un caso isolato, c'è stato quello di Ovadia a Siena, la smentita dell'Ucei, due settimane fa, a un articolo dell'”Avvenire” in cui si riferiva che la stessa Ucei avesse denunciato a suo tempo come antisemita la regia di “Mosé in Egitto” a Pesaro, appena premiata dall'associazione critici musicali come miglior spettacolo dell'anno: un'opera in cui arbitrariamente, violentando il testo, il più grande dei profeti ebraici era mostrato nei panni di Bin Laden e gli israeliani a terroristi. E' triste, è molto triste per me che l'ebraismo italiano abbia così perso la sua dignità e il suo orgoglio da evitare accuratamente ogni denuncia dell'antisionismo, da non distinguere neanche a casa sua fra quel che è accettabile e quel che non lo è su Israele.
Vi sono molti modi di suicidarsi, individualmente e collettivamente. Perdere il senso del proprio destino storico, abbandonare la propria dignità, assentire a chi ti diffama sanguinosamente è uno dei più brutti. Mi sento triste e anche personalmente un po' umiliato.
Ugo Volli