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Chi vincerà la gara per la Leadership di Eurabia? Londra è ben piazzata Cari amici, un osservatore appassionato, ma molto sportivo come me non può che considerare con grande soddisfazione la concorrenza - che dico, la competizione, il leale desiderio di primeggiare che anima le nazioni del nostro continente per guidare Eurabia verso il suo destino Judenrein e di integrazione con l'Islam. C'è stato un periodo, felice naturalmente, in cui la gara era guidata dalla Germania, che con la sua fede incrollabile riuscì a ripulire buona parte dell'Europa dalla perfidia giudaica, in stretta alleanza con il muftì di Gerusalemme Al Husseini (Il fondatore dell'Olp, oltre che delle SS musulmane in Bosnia e zio di Arafat). Sconfitta la Germania dalla congiura demo-pluto-giudaico-massonica, ai primi posti si è riaffacciata la Gran Bretagna, che certamente ha la colpa di aver rilasciato durante la Prima Guerra Mondiale quella dichiarazione Balfour che servì da base all'occupazione sionista (con la piccola collaborazione della Società delle Nazioni, ma questo è un altro discorso). Poi però la gran Bretagna si riscattò impedendo che arrivassero nella terra di Israele gli ebrei che cercavano di sfuggire ai campi nazisti, li rimise nei campi se provavano a immigrare dopo la fine del nazismo (certe volte gli stessi campi), fu l'unico stato occidentale a non votare all'Onu per la costituzione di uno stato ebraico, guidò le truppe giordane nella guerra contro il neonato stato di Israele. Insomma, i suoi meriti sono grandi, ma adesso la sua leadership antisemita (pardon antisionista) è insidiata da posti che hanno la loro bella tradizione antisemita come Svezia e Norvegia. Ma le risorse morali della Gran Bretagna sono ancora grandi. Pensate che l'altro giorno è stato annunciato un nuovo passo del boicottaggio contro Israele. Una grande catena di distribuzione alimentare, il Co-operative Group, ha annunciato la scelta di non commercializzare più i prodotti di una mezza dozzina di marche israeliane, accusate di essere coinvolti con l'”occupazione” (http://www.guardian.co.uk/world/2012/apr/29/co-op-israel-west-bank-boycott?INTCMP=SRCH ). E quando è stato fatto notare ai signori cooperatori che in questa maniera danneggiavano anche il lavoro palestinese, perché parecchi prodotti esportati da queste marche erano di aziende palestinesi, non si sono affatto smossi: quel che conta non è aiutare i palestinesi, ma danneggiare gli ebrei (http://www.jpost.com/International/Article.aspx?id=268007 ). Geniale, non vi pare? Come tutti i boicottaggi, del resto, come quello del democratico e primaverile Egitto contro Adidas, colpevole di aver sponsorizzato la maratona di Gerusalemme, notorio atto di guerra (http://www.focusonisrael.org/2012/04/20/maratona-gerusalemme-adidas-boicottaggio-egitto/ ). Ma torniamo alle imprese britanniche. Quando si combatte, non si guarda in faccia nessuno, è chiaro. Dunque se bisogna lottare contro Israele, lo si fa anche a danno dei palestinesi. E se bisogna lottare per Eurabia, allora se anche il cristianesimo sarà danneggiato, non importa, purché l'Islam sia favorito. C'è un interessante caso legale in corso alla Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo: la Gran Bretagna sta sostenendo in quella sede che bisogna lasciare liberi i datori di lavoro di proibire il Crocefisso, ma non si può proibire il velo islamico, perché quest'ultimo sarebbe religiosamente obbligatorio (cosa falsa, per chi conosce un po' il Corano), mentre il segno della croce non lo sarebbe (http://www.tempi.it/gran-bretagna-s-al-velo-islamico-no-alla-croce-cristiana ). Che cosa non si fa per favorire l'affermazione dell'Islam militante... Del resto l'ha detto anche il candidato sindaco di Londra laburista Ken Livingston: se vincerò renderò Londra un faro dell'Islam (http://www.uaar.it/news/2012/03/21/gran-bretagna-candidato-laburista-livingstone-sindaco-rendero-londra-faro-islam/ ). Con tanti auguri per gli eredi dei Beatles e dei punk: buon divertimento! Ugo Volli |
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