Gli ultimi cristiani di Betlemme ?
di Giulio Meotti
(Traduzione di Yehudit Weisz)
http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4221651,00.html
Giulio Meotti, Betlemme
Il silenzio del mondo e della Chiesa di fronte alle persecuzioni islamiche dei cristiani palestinesi
Il veterano corrispondente della CBS News, Bob Simon ha commentato la situazione dei cristiani palestinesi, accusando l’”occupazione israeliana” come responsabile della loro drammatica scomparsa. Questa puntata di “60 Minutes”ha causato a Israele gravissimi danni nelle pubbliche relazioni.
Ancora largamente ignorata dai media occidentali, una campagna sistematica di persecuzione islamica contro i cristiani si sta svolgendo nei territori palestinesi. E’ una campagna di pulizia religiosa e etnica messa a tacere da tutta la Chiesa.
I cristiani sono stati a lungo gli apripista del nazionalismo arabo. Il più famoso intellettuale palestinese era un cristiano, Edward Said. Il termine di propaganda “Nakba” è stato coniato da un cristiano, Constantin Zureiq. Il terrorista George Habash era un cristiano, come lo era la moglie di Arafat. Azmi Bishara, il membro arabo della Knesset che fece trapelare alcuni segreti di stato israeliano agli Hezbollah, proviene da una famiglia borghese cristiana di Nazareth.
Sin dalla Prima Intifada, i cristiani palestinesi avevano creato un’unità arabo-cristiana per rappresentare Israele come aggressore, colonizzatore e invasore. Essi pensavano che il fronte arabo-cristiano contro il sionismo avrebbe potuto garantire la loro posizione nel mondo arabo. Infatti i cristiani arabi, in particolare il loro clero giudeofobico, sono stati l’avanguardia della lotta per la distruzione di Israele. Vi fu un’operazione politica che servì anche a coprire i crimini commessi dall’OLP e dai gruppi islamici contro i cristiani: matrimoni forzati, conversioni, percosse, furti di terreni, esplosione di bombe incendiarie, boicottaggio commerciale, torture, rapimenti, molestie sessuali, ed estorsioni.
L’ultima vittima è stata la Chiesa Battista di Betlemme, che l’Autorità Palestinese ha appena dichiarato illegittima, dal momento che il messaggio della chiesa di riconciliazione degli Stati Uniti sfida la propaganda di odio che permea la società palestinese. I cristiani arabi sono stati costretti a scendere a continui compromessi, per paura che denunciando le loro sofferenze avrebbero irritato le autorità palestinesi. Ben presto tutto questo è diventato un argomento tabù anche in Occidente.
Quando il mese scorso su Newsweek apparve un articolo di copertina sulla persecuzione dei cristiani sotto l’Islam, l’autrice, Ayaan Hirsi Ali, non ha menzionato i territori palesinesi, dove i cristiani dal 1950 ad oggi sono scesi dal 15 al 2%. Dato che l’Autorità Palestinese si rifiuta di rivelare statistiche accurate, la reale portata dell’ emigrazione cristiana resta sconosciuta.
Bombardamenti sui negozi di cristiani.
Come ha dimostrato il reporter della CBS, oggi i cristiani palestinesi devono esprimersi chiaramente contro l’”occupazione israeliana” perché se non lo facessero, il loro silenzio verrebbe percepito dai musulmani come un atteggiamento pro-Israele. I leaders cristiani non menzionano il fatto che essi hanno sofferto enormemente sotto il regime di stampo mafioso della cleptocrazia di Yasser Arafat, che slogans come “L’Islam vincerà” e “Prima il popolo del sabato, poi il popolo della domenica”sono stati dipinti sulle loro chiese, e che le bandiere dell’OLP sventolano sulle croci.
Dopo la guerra del 1948, le comunità cristiane hanno sofferto molto nella West Bank, non per “l’occupazione israeliana”, ma per il fatto che i rifugiati musulmani sono stati cinicamente costretti dalla leadership araba a vivere in mezzo ad esse. Prima della guerra Ramallah era cristiana per il 90%, Betlemme lo era per l’ 80%. Nel 1967 più della metà dei residenti di Betlemme era musulmana, mentre oggi Ramallah è diventata una grande città musulmana.
In un processo di “libanizzazione”, Arafat aveva cambiato la demografia di Betlemme portandovi migliaia di musulmani provenienti dai campi profughi; poi aveva reso la città un rifugio sicuro per gli attentatori suicidi ed aveva trasformato il Monastero greco-ortodosso, che si erge accanto alla Chiesa della Natività, nella sua residenza privata. I cimiteri cristiani e i conventi furono profanati e i cristiani divennero scudi umani dell’OLP.
Nel primo anno della Seconda Intifada, quando i terroristi di Arafat devastavano le città cristiane con bombe e mortai, 1640 cristiani lasciarono Betlemme e altri 880 fuggirono da Ramallah.
Nel 2007, un anno dopo che Hamas aveva preso Gaza, fu ucciso il proprietario dell’unica libreria cristiana della Striscia. I negozi di cristiani e le scuole cristiane furono bombardati. Ahmad El-Achwal è solo uno dei molti palestinesi convertiti al cristianesimo, che è stato ucciso dai militanti islamici.
Sorprendente silenzio
Il silenzio del Vaticano e del Concilio Ecumenico delle Chiese è stato sorprendente. Soltanto pochissimi leaders cristiani hanno trovato il coraggio di denunciare cosa sta succedendo in loco. Con parole dure e inaspettate, nel 2005 il Custode di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, disse a un giornalista italiano:”Quasi ogni giorno - ripeto, quasi ogni giorno – le nostra comunità sono attaccate dagli estremisti islamici”.
Quando i cristiani palestinesi si rivolsero alle loro organizzazioni e accusarono i terroristi di usare le abitazioni dei cristiani per sparare su Ghilo, la solidarietà internazionale cristiana non li sostenne.
Pochi giorni fa, il Capo della Chiesa Cattolica Romana in Inghilterra, l’Arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols, ha esortato William Hague, Segretario di Stato agli Affari Esteri del Regno Unito, a dedicarsi alla “tragica situazione” affrontata dai palestinesi, non per le minacce islamiste, ma perché gli arabi sono stati “sfollati” dalla barriera di sicurezza di Israele sita a Beit Jala, nonostante il fatto che, durante la costruzione della barriera, Israele non abbia annesso alcun terreno, nessuna casa fu demolita e a nessuno fu chiesto di lasciare la propria casa.
In realtà, la verità più ignorata dalla stampa occidentale e dalla Chiesa, è che la barriera di Israele ha contribuito a ristabilire calma e sicurezza non solo in Israele, ma anche a Betlemme. La Chiesa della Natività, che i terroristi palestinesi profanarono nel 2002 per sfuggire all’esercito israeliano, oggi è di nuovo piena di turisti provenienti da tutto il mondo.
Anche la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa hanno spesso chiesto alle autorità israeliane di modificare il percorso della barriera: semplicemente esse non volevano vivere sotto l’autocrazia palestinese. Così per esempio, la Scuola Rosary Sisters, nel quartiere Dachyat El Barid a Nord di Gerusalemme, venne inserita dal lato israeliano della barriera, alla luce delle richieste della Madre Superiora dell’Ordine.
Oggi i cristiani palestinesi rischiano la stessa sorte dei loro fratelli in Libano. Tutti ricordano le atrocità commesse dai falangisti a Sabra e Shatila. Ma pochi sanno che la prima comunità che subì la pulizia etnica durante la guerra civile, fu una città cristiana. Nel gennaio del 1976, le forze palestinesi entrarono a Damour, bombardarono case e chiese, massacrando intere famiglie. Esumarono le salme dai cimiteri cristiani e sparsero gli scheletri sulle macerie. Quel giorno furono uccisi 500 cristiani. Betlemme sarà una seconda Damour?
Giulio Meotti è l'autore di " Non smetteremo di danzare " (Lindau Ed.) pubblicato in inglese con il titolo " A New Shoah", scrive per Yediot Aharonot, Wall Street Journal, Il Foglio. E' in preparazione il suo nuovo libro su Israele e Vaticano.