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Ugo Volli
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Democrazia contemporanea 29/04/2012

Democrazia contemporanea


Mashour Abu Daqa

Cari amici,

vi scrivo da quella periferia della Palestina che l'entità sionista nomina con la parola impronunciabile che inizia con la lettera I. Devo annunciarvi una bellissima notizia, e cioè le dimissioni del nostro ministro dell'Informazione, un giovanotto di nome Mashour Abu Daqa (http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-17868323 ). Non avete sentito questa importante notizia? Be' è significativa. Con un parlamento in proroga da tre anni e un presidente da quattro (o viceversa), non è che i ministri palestinesi abbiano molte occasioni di dimettersi. Certo, ci sarebbe la stampa a poterli imbarazzare... ma di questi riparleremo subito. Come che sia, il buon Abu Daqua si è dimesso. E sapete perché? Per quale pretesto, voglio dire? Semplice. Perché “influenti funzionari governativi”, più influenti di lui, voglio dire, probabilmente il procuratore generale, hanno incominciato a chiudere sistematicamente tutti i siti web critici del governo, come una settimana fa avevano chiuso la prima e unica Ong dedita ai diritti umani, e arrestato una mezza dozzina di giornalisti.

Vi chiederete, naturalmente: ma a che serva una stampa critica in un movimento che ha la storia con lui, che quindi ha per definizione sempre ragione? C'era forse una stampa critica nella Russia di Stalin, nella Cina di Mao, o c'è ancora nella Cuba di Castro? E allora che male c'è a chiuderla se per caso si mette a prolificare come la gramigna e per caso “danneggia l'immagine palestinese”, come ha spiegato il primo ministro Fayyad? Se per esempio si mette a raccontare dei piccoli trascurabili episodi di corruzione, che in realtà non danno fastidio a nessuno e al contrario producono una positiva redistribuzione di fondi pubblici? Pensate che questo Abu Daqua si è permesso di dire che chiudere i siti web fastidiosi può dare una cattiva impressione della rivoluzione palestinese. Ma dove vive questo monachello? La cattiva impressione viene se qualcuno si domanda dove ha fatto le sue centinaia di milioni (di euro) il figlio di Mahmoud Abbas, che ancora qualche anno fa era solo milionario (in dollari)... cose così che potrebbero portarsi a chiedere che fine fanno i miliardi (di dollari) che arrivano ogni anni in aiuti all'Anp, o magari a ricordarsi il caso della moglie di Arafat, che da dieci anni passa il tempo nei migliori alberghi del mondo con annesse gioiellerie a cercare di liberarsi dell'eccesso d'oro che le pesa addosso.

Ma non preoccupatevi, una ragione c'è. Abu Daqua, dicono gli esperti, fa parte della corte di Muhammed Dahlen, che era l'”uomo forte” - si fa per dire - di Fatah a Gaza al tempo del colpo di stato di Hamas, e poi si è rifugiato nel territorio dell'Anp, e sembra abbia provato a organizzarne uno lui, l'anno scorso (voglio dire un colpo di stato), per far fuori il suo padrino, ormai vecchio, triste e a quantro pare meno svelto di lui nel maneggio del mitra. Non gli è riuscito, ma Mahmoud Abbas non ha potuto neanche eliminarlo del tutto, e quindi sono ancora lì che si punzecchiano per interposti ministri. Ogni tanto c'è qualche sparatoria misteriosa, qualche arresto immotivato, si scopre qualche cadavere nei fossi. Insomma, il perfetto stile Al Capone che onora la grande democrazia palestinese. Volete mettere con quel noioso parlamento dove si vota e non si spara, che sta nella Gerusalemme occupata dall'entità sionista? Quello palestinese si che è uno stato democratico, adatto all'Onu, e anche coltissimo, perfetto per l'Unesco. E per la società dello spettacolo, reparto film splatter.

Ugo Volli


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