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Corriere della Sera - Agenzia Radicale Rassegna Stampa
29.04.2012 Le reazioni dei cristiani alla nascita di Israele
Elena Lattes e Lorenzo Cremonesi recensiscono 'Aria di Crociata' di Paolo Zanini

Testata:Corriere della Sera - Agenzia Radicale
Autore: Lorenzo Cremonesi - Elena Lattes
Titolo: «Quando i cattolici accusavano Israele di 'nazismo' - Aria di crociata. I cattolici di fronte alla nascita dello Stato di Israele (1945 -1951)»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/04/2012, a pag. 35, l'ìarticolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Quando i cattolici accusavano Israele di «nazismo» ". Da AGENZIA RADICALE l'articolo di Elena Lattes dal titolo " Aria di crociata. I cattolici di fronte alla nascita dello Stato di Israele (1945 -1951) ".
Ecco i pezzi:

AGENZIA RADICALE - Elena Lattes : " Aria di crociata. I cattolici di fronte alla nascita dello Stato di Israele (1945 -1951) "


«Aria di crociata». I cattolici italiani di fronte alla nascita dello Stato d'Israele (1945-1951)
Paolo Zanini
Unicopli Edizioni Milano

Attraverso l'analisi di una vasta documentazione, tra cui numerosissimi articoli comparsi sui principali organi della stampa cattolica e alcuni autorevoli studi precedenti, il ricercatore Paolo Zanini descrive nel suo libro le reazioni della Chiesa di Roma e dei suoi fedeli italiani alla nascita dello Stato di Israele.

Da “Aria di crociata. I cattolici di fronte alla nascita dello Stato di Israele (1945 -1951)”  esce, quindi, un quadro variegato di un mondo dibattuto fra concezioni tradizionalistiche e osservazioni piuttosto obiettive della realtà, in cui sacerdoti, giornalisti e portavoce della Santa Sede espressero le loro opinioni così diverse e, talvolta, addirittura contrastanti.

Se da un lato, infatti, almeno inizialmente, alcuni tra i peggiori atavici pregiudizi nei confronti degli ebrei, come quello riguardante la condanna divina alla peregrinazione eterna del “popolo deicida” o quello sulla “perfidia giudaica” potevano portare gli opinionisti cattolici a dipingere come un evento del tutto negativo la decisione della creazione dello Stato di Israele, di fronte alla realtà positiva di una società aperta, rispettosa, laboriosa e al contempo moderna, alcuni opinionisti espressero il loro apprezzamento e, in un caso, la propria ammirazione.

Non erano, però, solo i feroci pregiudizi che nei secoli passati avevano portato a persecuzioni e distruzioni ad influenzare i numerosi autori. I cattolici italiani erano terrorizzati da possibili infiltrazioni sovietiche, alcuni guardavano con disprezzo i kibbutz (come espressioni del socialismo collettivista) e la laicità della maggioranza dei giovani israeliani, altri, al contrario, erano timorosi degli ebrei ortodossi visti come portatori di un oscurantismo intollerante nei confronti degli appartenenti ad altre religioni; altri ancora erano preoccupati per la libertà di accesso ai luoghi santi, della professione pubblica della fede e dell'incolumità della minoranza cristiana.

C'era anche un senso di rivalità nei confronti della Gran Bretagna sia dal punto di vista politico (come potenza mandataria e coloniale), sia da quello religioso (in qualità di rappresentante di una delle Chiese evangeliche), e degli altri grandi Stati che in qualche modo erano protagonisti della scena mediterranea e mediorientale in quegli anni (oltre all'Unione Sovietica anche gli Stati Uniti, altri Paesi europei, il mondo arabo e così via).

D'altra parte la ferita ancora aperta delle persecuzioni cristiane e della Shoà e la minaccia di un nuovo sterminio perpetrato dagli arabi influenzavano invece le opinioni favorevoli alla creazione prima e allo Stato poi.

Un'attenzione particolare e più approfondita è data al dibattito sullo status di Gerusalemme, al quale  la stampa cattolica dedicò una grande attenzione, mostrando una forte rigidità verso ogni compromesso, soprattutto verso le proposte israeliane.

Uno studio importante, questo libro, non solo per approfondire la storia di quegli anni, ma anche per capire meglio quanto avviene oggi.

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : " Quando i cattolici accusavano Israele di «nazismo» "


Lorenzo Cremonesi

Ci fu un lungo periodo in cui il cattolicesimo italiano, con l'intero apparato della Chiesa in testa, fece guerra a Israele. L'ostilità si manifestò profonda, totale, radicalmente ideologica, con antiche radici teologiche fondate sul tradizionale antigiudaismo cristiano contro il «popolo deicida», condannato a errare nei secoli come punizione per quella incancellabile colpa originaria.
Oggi, a mezzo secolo dal Concilio Vaticano II e dalla dichiarazione Nostra Aetate sulle religioni non cristiane e in particolare sugli ebrei approvata in quella sede, dopo le variegate riflessioni tra la cristianità sulle radici europee dell'Olocausto e a quasi un ventennio dall'avvio delle piene relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Stato israeliano, sembra quasi impossibile pensare che ancora nel 1950-51 (e forse anche più tardi) importanti dirigenti vaticani, oltre a popolari pubblicazioni cattoliche, si augurassero di tutto cuore la conversione in massa degli ebrei al cristianesimo.
Anzi, per molti di loro, l'unico fatto positivo della «catastrofe» costituita dalla nascita dello Stato di Israele era appunto l'eventualità che ciò preludesse a questo plateale gesto di ravvedimento collettivo, che confermasse con forza la verità unica della religione fondata sul Nuovo Testamento a superamento e completamento assoluto di quella precedente nata dai profeti del «popolo eletto» e dall'antico patto tra Mosè e Dio.
Paolo Zanini, giovane storico dell'Università degli Studi di Milano, nel suo recente Aria di Crociata. I cattolici italiani di fronte alla nascita dello Stato di Israele (1945-51) (Unicopli, Milano, pagine 263, 17), ricostruisce con accuratezza quell'atteggiamento, così come si manifestò sui giornali e le riviste sia più ufficiali come «L'Osservatore Romano» e «La Civiltà Cattolica», sia più popolari quali «L'Avvenire d'Italia» e «Il Quotidiano d'Italia», e anche provinciali come «L'Eco di Bergamo» sino al democristiano «Il Popolo».
Un imponente apparato di dettagliate note a pie' pagina arricchisce l'opera. Ne esce confermata la tesi della marcata ostilità della Chiesa di Pio XII nei confronti del sionismo. Un ostilità che si preannunciò già in una lunga serie di articoli apparsi sulla «Civiltà Cattolica» sin dai tempi del primo Congresso sionista alla fine dell'Ottocento e proseguì coerente sino a ben dopo la nascita di Israele. In questa lettura tradizionalista gli ebrei erano pericolosi «materialisti», se non diretti agenti comunisti agli ordini di Mosca, destinati a fomentare il caos tra le comunità cristiane in Terrasanta. L'esodo delle popolazioni palestinesi (tra cui molti cristiani), la divisione di Gerusalemme (nonostante l'appello vaticano per un «corpus separatum») e le difficoltà per i pellegrinaggi ai santuari di culto tradizionali furono percepiti come il tragico inveramento delle antiche paure. Tanto che ancora nel maggio 1949 l'agenzia stampa «Fides» definiva senza titubanze il sionismo «un novello nazismo».

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