Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 27/04/2012, a pag. 42, l'articolo di Giovanni Belardelli dal titolo "Mein Kampf nelle scuole tedesche, ma è inutile commentare la Follia".
Belardelli scrive : "lascia perplessi non certo l'intenzione di far precedere il testo dall'introduzione di uno storico, bensì la volontà di inserire anche il commento e la contestazione di ogni affermazione che meriti d'essere commentata e contestata. Col rischio di esiti paradossali, come osservava già nel 2009 uno scrittore ebreo tedesco, Rafael Seligmann, che intervistato su questo punto aveva risposto: «Quando Hitler afferma che gli ebrei sono inferiori e che bisogna eliminarli, che commento bisognerà aggiungere? Che è falso?»". Certo, il fatto di commentare ogni affermazione da contestare rischia di ricadere nella banalità e nel paradosso.
Belardelli, però, non offre alternative, proposte diverse. Per il momento, perciò, quella di pubblicare l'edizione commentandola e criticandola resta l'unica opzione accettabile.
Ecco il pezzo:

Il governo regionale della Baviera ha deciso di ripubblicare nel 2015 Mein Kampf di Adolf Hitler, anche per evitare che lo scadere dei diritti (che dal 1945 sono detenuti dal Land tedesco) possa favorire il moltiplicarsi di edizioni prive di un commento critico. La decisione, in realtà, accoglie una richiesta inizialmente avanzata anche dalla comunità ebraica tedesca. L'aspetto più significativo sta nel fatto che viene così a cadere quel divieto alla ripubblicazione in Germania del testo hitleriano che, in vigore dalla fine della guerra, ha spesso suscitato perplessità. Si tratta infatti di un divieto non solo poco efficace, potendosi scaricare il libro da Internet, ma anche potenzialmente controproducente poiché rischia di attribuire alla lettura del Mein Kampf il carattere (e per qualcuno il valore) di un atto trasgressivo.
Del resto in Francia, durante la Seconda guerra mondiale, furono le autorità tedesche di occupazione a vietare la pubblicazione del libro (infarcito di espressioni d'odio antifrancese), mentre il Comitato di liberazione nazionale, riparato ad Algeri, ne pubblicò un'edizione integrale. È stato calcolato che in Germania, alla caduta del Terzo Reich, erano state diffuse 12 milioni e mezzo di copie del libro: una cifra enorme, anche se certamente molti dei possessori si erano limitati a sfogliarlo. Nel Mein Kampf si ritrovano i contenuti di fondo dell'ideologia hitleriana, a cominciare dall'onnipresente tema antisemita (nel libro la parola più citata, perfino più di «Germania», è «ebrei»). Dunque, farlo leggere come documento della follia ideologica (e poi pratica) di Hitler appare senz'altro una decisione opportuna.
Semmai, lascia perplessi non certo l'intenzione di far precedere il testo dall'introduzione di uno storico, bensì la volontà di inserire anche il commento e la contestazione di ogni affermazione che meriti d'essere commentata e contestata. Col rischio di esiti paradossali, come osservava già nel 2009 uno scrittore ebreo tedesco, Rafael Seligmann, che intervistato su questo punto (A. Vitkine, Mein Kampf. Histoire d'un livre, Flammarion, p. 230) aveva risposto: «Quando Hitler afferma che gli ebrei sono inferiori e che bisogna eliminarli, che commento bisognerà aggiungere? Che è falso?».
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