Fratelli Musulmani ed economia, tante belle parole Ma si possono prendere sul serio gli islamisti ?
Testata: Il Foglio Data: 27 aprile 2012 Pagina: 1 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Perché nella Fratellanza musulmana crescono estremisti del capitalismo»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 27/04/2012, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Perché nella Fratellanza musulmana crescono estremisti del capitalismo".
Fratelli Musulmani
Stando a quanto scrive Raineri, i Fratelli Musulmani punterebbero su un'economia capitalista per risollevare l'economia egiziana: "sono per una crescita spinta dall’iniziativa privata, per l’economia di libero mercato, per la riduzione della mano dello stato e per dare più potere al settore privato. ". Buona cosa, ma non deve ingannare e distogliere l'attenzione dal pericolo che rappresenta un Egitto totalmente in mano ai Fratelli Musulmani. I Fratelli Musulmani mirano alla sharia. E, per quanto riguarda la loro visione dell'economia, è compatibile con la decisione di interrompere i rapporti con Israele, in special modo per quanto riguarda la vendita di gas? Ecco il pezzo:
Roma. Bloomberg Businessweek pubblica un articolo ben informato sulle idee che ha la Fratellanza musulmana per provare a rimediare al disastro economico egiziano. L’inviata Suzy Hansen racconta che i Fratelli sono sicuramente estremisti quando si tratta di applicare la teoria base del capitalismo: sono per una crescita spinta dall’iniziativa privata, per l’economia di libero mercato, per la riduzione della mano dello stato e per dare più potere al settore privato. “Il nocciolo della visione economica – dice Sameh Elbarqy, consigliere della leadership del partito, a Businessweek – se dobbiamo classificarlo secondo le categorie tradizionali è: capitalismo estremo”. I personaggi che dettano la linea sono due uomini d’affari milionari che hanno fatto anni di prigione assieme per la loro appartenenza alla Fratellanza: Hassan Malek e Kaiter el Shater, quest’ultimo finanziatore del movimento che si è pure candidato alla presidenza per brevissimo tempo prima di essere squalificato assieme ad altri nove pretendenti all’incarico lo scorso 17 aprile. “I due sono la faccia neoliberista del movimento”, dice Joshua Stacher, analista politico americano, e formeranno il centro della leadership dei Fratelli. Malek in particolare si ispira alle economie di successo dell’Asia come Singapore e la Malesia: dentro il movimento ricorre spesso l’idea che pure l’Egitto sia, grazie alla posizione geografica, uno scalo naturale per l’economia del mondo e che dovrebbe sfruttare il vantaggio. Malek s’ispira anche ai trattati di Gamal Amin, un economista egiziano critico delle politiche economiche attuali e dell’influenza dell’occidente sul paese. Il libro più famoso di Amin si intitola: “Che cosa è successo agli egiziani?”. Magda Kandil, economista e direttrice dell’Egyptian Center for Economic Studies, un think tank egiziano creato dal governo al tempo di Mubarak con la collaborazione degli americani, dice: “La Fratellanza musulmana capisce l’economia. Che vi piaccia o no, hanno la visione più a lungo termine”. Anche il regime di Mubarak, negli ultimi anni e per ottenere l’approvazione del Fondo monetario internazionale, aveva deciso di aprire il paese al mercato e di staccarlo dal vecchio modello statalista-socialista arabo, in cui lo stato – cioè il presidente rais – era tutto e tutto ruotava attorno a lui. Per questo aveva approvato una serie di riforme in senso liberista simili alla linea della Fratellanza: “La differenza tra il vecchio e il nuovo – dice Kandil – è che il regime favoriva l’iniziativa privata dei soliti noti, gente ben connessa appartenente al circolo dei mubarakiani. Nello scenario migliore, ora i Fratelli potrebbero dare un’opportunità a una classe imprenditoriale egiziana interamente nuova. Il modello attuale non è sostenibile”. Il partito islamista, uscito vincitore dalle elezioni parlamentari dello scorso inverno, è sotto una pressione fortissima: l’economia è un disastro, gli investitori stranieri si sono ritirati, i turisti – che sono la prima fonte d’incasso – non arrivano più, la riserva di valuta straniera sta calando, e gli egiziani, tutti, dalla strada alla business class, pretendono in fretta un cambio di rotta. Per questo si sente caricata della responsabilità sull’economia, prima di tutto. Dopo l’eliminazione di el Shater, però, il candidato del partito controllato dal movimento è diventato Mohamed Morsi, senza il carisma e senza la sua storia di successo. Come nota il New York Times, Morsi ha scelto il tipo di campagna elettorale più facile, in un paese dove più del sessanta per cento degli elettori vota islamista: “Il Corano è la nostra Costituzione e la sharia è la nostra guida”, canta nei comizi e calca sui toni ostili contro cristiani e Israele. Secondo un sondaggio pubblicato ieri dal quotidiano al Ahram, non sta funzionando: Morsi è all’1 per cento. Il suo rivale è un ex leader della Fratellanza, Abdel Fotouh, che l’anno scorso ha lasciato il movimento per potersi candidare (allora i Fratelli tenevano ancora alla propria promessa di non partecipare alle presidenziali), è invece al 25 per cento. I generali non mollano la presa Sopra, al 45 per cento nel sondaggio, c’è Amr Moussa, l’ex presidente della Lega araba, candidato laico e che di recente ha trovato un accordo con i generali della Giunta che sta provvisoriamente governando l’Egitto. Moussa potrebbe diventare il garante degli affari in mano ai militari, un settore misterioso che potrebbe valere fino al 45 per cento dell’economia egiziana. Sarà questo l’ostacolo più grosso alla linea turbocapitalista della Fratellanza.
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