La strage fascista di piazza della loggia e il modello Klement
di Vitaliano Bacchi
Vitaliano Bacchi
La sentenza di appello del 13 aprile scorso ha quindi confermato la prima sentenza del 16 novembre 2010, che aveva assolto tutti i presunti “mandanti” 'neofascisti della strage.
E' stato un processo contro mandanti non contro esecutori dell'attentato ed il pubblico ministero ha esercitato correttamente l'azione penale nei confronti dei neofascisti di Ordine Nuovo: è stata probabilmente sbagliata la regressione dalla piazza di Brescia alla città sede di organizzazione dell'attentato, individuata in Padova anziché in Parma, ma è stata esattamente individuata la matrice fascista di Ordine Nuovo della strage.
Eppure il primo processo sulla strage aveva individuato subito in Parma e all'interno delle organizzazioni studentesche neofasciste che spadroneggiavano nella sua università, la città in cui venne preparato l'attentato; aveva individuato i tre studenti universitari parmigiani che avevano trasportato da Parma a Brescia l'esplosivo una settimana prima della strage e la morte di uno di essi che ne aveva maldestramente manipolato l'innesco.
La centralità di Parma in questo affare, oltre che dal primo processo degli anni settanta, risulta anche nella istruttoria dibattimentale di quest'ultimo processo conclusosi con l'assoluzione degli imputati presunti “mandanti”: alla udienza del 4 febbraio 2010 il teste Fabrizio Zani palesa di aver appreso dal sistema informativo carcerario neofascista “Quex” ed in particolare da un detenuto neofascista a Rebibbia condannato per terrorismo con esplosivo di cava, che a posare la bomba nel cestino fu uno dei tre studenti parmigiani condannati per il trasporto nel primo processo.
Un processo plurimo che ormai ha circa novecentomila pagine di atti giudiziari; se si sommano questi atti con quelli di altri due processi connessi, in quanto di identica matrice neofascista e di Ordine Nuovo, relativi alle stragi della stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, le pagine di testo degli atti ammontano a qualche milione: un testo complessivo di impossibile cognizione completa.
Se tuttavia ha un senso razionale la teoria della informazione di Rodney Brooks, l'implementazione integrativa anche entropica di un testo computazionale, da un certo punto in avanti palesa strutture intelligenti (informazioni in forma razionale) non richieste e nemmeno previste nella interfaccia computazionale originaria: Brooks le chiama “architetture di sussunzione”, mentre l'autore di questo articolo, che ha diversa dimestichezza col testo giudiziario rispetto quella di Brooks, le chiama “strutture matematiche remote”: quello che conta è che sono memi dell'informazione che determinano impressionanti economie di intelligenza del testo giudiziario.
E' lo stesso fenomeno e che ci sia del vero lo prova la individuazione per via puramente computazionale del nascondiglio di Bin Laden, implementata con un sistema computazionale “Nautilus” del prof. Kalev Leetaru e che ha approssimato con un sistema puramente geografico tipo “Google mappy” la tana del terrorista con un raggio di meno di cento kilometri con la sola elaborazione assiomatizzata di testi del telegiornale islamico “AL Jaazera”; ciò significa che i testi del cinegiornale, elaborati, presentavano “architetture di sussunzione” (secondo Brooks) o “strutture matematiche remote” (secondo l'autore) sufficienti a inferire per via puramente logica l'informazione decisiva, il “crib” nel gergo della intelligence, che porta alla risoluzione dell'incognita: dove era nascosto Bin Laden, oppure chi ha organizzato l'attentato di piazza della Loggia.
Strutture matematiche remote erano già individuabili diciannove giorni dopo la strage di Brescia, in relazione al duplice omicidio di due avversari politici nei locali di una sede neofascista di Padova, il delitto di via Zabarella, in cui un commando brigatista “giustiziò” secondo la legge della lotta armata proletaria due camerati presenti nella sede al momento dell'irruzione finalizzata ad acquisire una lista di nomi che i brigatisti ritenevano custodita nei locali di quella sede, la lista dei nomi dei fascisti di Ordine Nuovo che avevano compiuto la strage di Brescia venti giorni prima.
La lista non si è trovata e non sappiamo se fossero di Parma o di Padova.
I brigatisti responsabili sono stati invece giudicati e condannati dall'autorità giudiziaria che ha esattamente individuato il movente del duplice delitto di via Zabarella nell'intento di acquisire la lista. O “la dichiarazione” come la chiamò il primo giudice istruttore del processo della strage: qualcuno aveva parlato e aveva anche scritto un testo.
La lista, il “crib” che implementa il nesso fra piazza della Loggia e via Zabarella l'organizzazione neofascista di Ordine Nuovo esiste ed è l'enigma che resta irrisolto dopo trentotto anni di processo, perchè di questo testo non è mai stata trovata traccia: il neofascista della fase finale dell'attentato o del suo progetto organizzativo a Parma ha parlato, ma il testo è ancora una incognita e, nel tempo, per “coprire” questo testo, i morti ammazzati si sono moltiplicati.
E' un testo scritto da un terrorista neofascista, cioè da una mentalità paranoide in dissoluzione; un testo quindi non decrittabile con crittografie di Singh o algebre di Turing, i codici di accesso classici ai testi metaforici del terrorismo.
E' un testo, però, che può avere un sistema di lettura solo nel codice gnostico della psicoanalisi, il sistema intelligente più potente di tutti come lo descrisse Godel, il legislatore della matematica moderna, perchè l'apologetica del terrorismo neofascista è leggibile solo coi codici di lettura delle logiche paranoidi e dei sistemi psicoanalitici che le hanno descritte (il primo: “Soul murder” di Morton Schatzman e' del 1973 e poi sono venuti i contributi di George Palermo, Siegel, ed oggi Luigi Zoja col suo recente “Paranoia”).
L'idea che il testo giudiziario possa costituire la base sufficiente di cognizione inferibile secondo codici propri delle logiche paranoidi, per la costruzione degli algoritmi di risoluzione delle incognite proprie di un evento di terrorismo non marxista, è un idea difficile da accettare e da valutare, ma l'inconfutabilità razionale delle conclusioni cui perviene il metodo nel punto di conversione dall'algoritmo paranoide della psicoanalisi alle algebre finali della struttura matematica remota sempre e invariabilmente presente in un evento di terrorismo (strutture frattali a Bologna per la strage della stazione, strutture insiemistiche per piazza della Loggia) presenta una evidenza istruttoria, prima ancora che euristica, che non potrà essere contestata in alcun modo.
Per le stragi di Ordine Nuovo il criterio di interpretazione della psicoanalisi delle dichiarazioni dei suoi leaders, o degli atti giudiziari che li registrano, è il solo codice di accesso alla logica logorroica paranoide ricorrente nella mentalità fascista: “fallo parlare, perchè si presenta col cognome Klement ma è il figlio di Eichmann e se continua a parlare in apologia fascista lo troveremo” come ho descritto il 1 agosto 2010 nella rubrica “Dite la vostra” di questo sito (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=90&id=35818).
“Sentito il botto?” come ho descritto il 23 agosto 2010, ipso situ, circa la strage della stazione di Bologna e la conversazione paranoide apologetica Sparti-Fioravanti dopo la strage (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=90&id=36151).
Sono due frammenti decisivi agli effetti di una analisi del testo giudiziario con logiche di inferenza psicoanalitiche della costante paranoica della mentalità fascista, le sole in grado di dare un contenuto alle incognite delle stragi, sia quelle risolte (Bologna) che quelle irrisolte nella sola ultima residua variabile risolubile con il “crib” psicoanalitico delle logiche paranoidi sottostanti qualsiasi vicenda del terrorismo neofascista (Brescia).
L'idea che l'ultima incognita di un evento terroristico accaduto quarant'anni fa possa essere risolta sul fondamento di dichiarazioni dibattimentali attuali o remote, rese da propalatori della ideologia fascista sulla base di codici di inferenza desumibili dalla psicoanalisi e formalizzabili in logiche computazionali fondate sul suo sistema euristico, questa idea costituirà la vera beffa finale per quella classe dirigente neofascista che è riuscita restare nell'ombra e che ha sempre considerato, sbavando di invidia, la psicoanalisi l'essenza stessa del razionalismo ebraico. Il vero nemico invincibile.