Elie Wiesel: i leader del mondo non hanno imparato nulla dalla Shoah
di Piera Prister
Elie Wiesel, Barack Obama, Piera Prister
La data delle elezioni di Novembre si avvicina a gran passi e il
presidente Obama non tralascia nessuna opportunita’per chiedere voti
per la sua riconferma alla Casa Bianca, questa volta ad un uditorio
per lo piu’ ebraico, com’ e’ accaduto lunedi’ 23 aprile, che e’ il
giorno della Rimembranza della Shoah, quando s’e’ recato, per la prima
volta in visita ufficiale, al Museo dell’Olocausto -Holocaust
Museum- di Washington, proprio a pochi mesi dalle elezioni. La
finalita’ del Museo con la sua ricca documentazione e’ quella
d’aiutare i governanti e i cittadini nel mondo a combattere l’odio, a
prevenire il genocidio, a promuovere la dignita’ umana e a rafforzare
la democrazia. E’ chiaro che in questo modo il presidente ha
politicizzato maldestramente la sua visita ad un luogo che merita
rispetto, una visita che non doveva essere finalizzata a scopi
elettorali.
Erano presenti anche Elie Wiesel e personalita’ della politica, del
mondo economico, accademico e religioso nonche’ un gran numero di
persone. Sulla parete centrale della Sala della Rimembranza del museo
si legge: "Only guard yourself and guard your soul carefully, lest you
forget the things your eyes saw, and lest these things depart your
heart all the days of your life and you shall make them know to your
children and your children’s children”. (Deuteronomio 4:9). Sono
parole che ammoniscono il visitatore a non dimenticare quello che
gli occhi hanno visto, a scolpirlo nel cuore per tutti i giorni
dell’ esistenza e a ricordarlo ai figli, e ai figli dei propri figli.
Guardati, guardati bene dal dimenticare e che non ti sfuggano dal
cuore!
Sono parole che hanno trovato una sublime formulazione nella
prefazione di “Se questo e’ un uomo” di Primo Levi, che fu testimone
degli orrori della Shoah: “Voi che vivete sicuri nelle vostre tepide
case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo e’ un uomo che lavora nel fango, che non conosce
pace, che lotta per mezzo pane che muore per un si’ o per un no.
Considerate se questa e’ una donna senza capelli e senza nome, senza
piu’ forza di ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo come una
rana d’inverno. Meditate che questo e’ stato, vi comando queste
parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa e andando per via,
coricandovi alzandovi. Ripetetele ai vostri figli o vi si sfaccia la
casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi”.
Nel suo discorso Obama ha invocato per ben sette volte “Never Again”
-mai piu’- passando poi in rassegna i suoi “adempimenti” come
presidente degli Stati Uniti a difesa di Israele e dell’ebraismo:
-Abbiamo respinto ogni tentativo di eguagliare il Sionismo al Razzismo.
-Abbiamo votato contro ingiuste risoluzioni internazionali ai danni
di Israele e ogni tentativo di delegittimarlo.
-Faremo qualsiasi cosa in nostro potere per prevenire che l’Iran
metta a punto la bomba nucleare.
Poi il presidente Obama ha elogiato Elie Wiesel che non ha sorriso,
ne’ricambiato gli elogi nel suo discorso che non e’ stato certo di
circostanza, si e’ chiesto perche’ gli uomini al potere nel mondo
(compreso Obama?) non abbiano imparato nulla dall’Olocausto,
perche’Assad di Siria sia ancora al potere con tutte quelle atrocita’
commesse, e perche’ il negazionista numero uno della Shoah -il
signore di Teheran- che minaccia di distruzione nucleare Israele sia
ancora presidente. Infine Elie Wiesel, rivolgendosi direttamente ad
Obama, con autorevolezza lo ha ammonito per non aver fatto
abbastanza : “ MR. PRESIDENT, WE ARE HERE IN THIS PLACE OF MEMORY.
ISRAEL CANNOT NOT REMEMBER. AND BECAUSE IT REMEMBERS, IT MUST BE STRONG, JUST TO DEFEND ITS OWN SURVIVAL AND ITS OWN DESTINY”. (Sig. Presidente, siamo qui nel luogo della Memoria. Israele non puo’ non
ricordare. E perche’ ricorda, deve essere forte, proprio per difendere
la sua sopravvivenza e il suo proprio destino.)
Due premi Nobel a confronto e due uomini che si fronteggiano, Elie
Wiesel e Barack Obama, il primo, instancabile messaggero di pace che
ha meritato il premio, l’altro che ancora lo deve meritare. Che se lo
meriti dunque!