Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Non tutti i critici di Israele sono antisemiti, ma tutti gli antisemiti sono critici di Israele 24/04/2012
Non tutti i critici di Israele sono antisemiti, ma tutti gli antisemiti sono critici di Israele
Mi scrive una signora, che, gentilmente, mi dice quel che mi sono sentito ripetere tante volte: ma scusi, secondo lei non si può proprio criticare Israele. Dato che è una domanda che ritorna continuamente (qualche volta nella versione più edulcorata: “ma non si possono criticare le politiche del governo israeliano? Così come si criticano le politiche di tutti i paesi del mondo) rispondo alla signora, ma senza replicare al resto che mi dice, in maniera generale.
Dunque, cara signora, come spesso capita la risposta è sì e no. Sì, certo, lei può criticare Israele quanto le pare. Lo si può fare qui e anche in Israele: vi si organizzano manifestazioni, proteste, cortei con bandiere palestinesi, c'è tanta gente che ci va apposta e se non lo fa in modi da mettere a rischio la sicurezza propria e altrui, per esempio provando a occupare in massa l'aeroporto o aggredendo le forze dell'ordine, nessuno impedisce loro di criticare e manifestare liberamente. Dico questo perché se prova ad andare in Iran, o in Egitto, ma anche a Ramallah, per non parlare di Gaza, i risultati sarebbero assai diversi. Ho raccontato ieri la storia di giornalisti e blogger arrestati dall'Autorità Palestinese, tutti conosciamo la sorte di quel fanatico filopalestinese, ma forse troppo critico, forse troppo “occidentale di costumi” che si chiamava Vittorio Arrigoni.
Dunque sì, lei è libera di criticare, cara signora. E naturalmente come capita per ogni cosa al mondo, non le mancheranno le ragioni per criticare. Io per esempio trovo insufficiente l'attenzione ecologica di Israele, trovo che in certi casi l'archeologia è troppo spettacolarizzata ecc. Ma naturalmente lei non allude a questo. Vorrebbe criticare Israele come si critica la Cina o la Russia o il Sudan, per quel che fa o non fa ai suoi vicini o alle sue minoranze. E anche in questo caso, le rispondo che sì, certo, lei è liberissima di criticare Israele come si fa con gli altri paesi. A proposito, ha mai partecipato a un boicottaggio contro la Russia? No? Eppure non si comporta tanto bene con i ceceni. E ha mai sentito che se ne organizzasse uno, da quando Ronald Reagan ritirò la delegazione americana dalle Olimpiadi di Mosca? No, certo. E la Cina, che opprime con mano di ferro il Tibet, reprime i dissidenti e tutte le religioni, censura il web eccetera, qualcuno ha mai cercato di portarla al tribunale dell'Aia? Lei ha visto per caso bruciare molte sue bandiere negli ultimi anni? Nel Sudan c'è stato un genocidio acclarato dal tribunale dell'Onu, il suo presidente è stato incriminato (ma è ricevuto con tutti gli onori alla lega araba e in Turchia, e visitato ufficialmente, se non ricordo male, da quel monumento del politically correct che è Romano Prodi). Cara signora, ha visto mai qualcuno manifestare contro il Sudan? O il Marocco, che opprime i sarawi, o la Turchia che ammazza i curdi, o il Pakistan, dove essere cristiano significa rischiare la vita?
Non c'entra, mi dice lei. Israele va criticato per via dell'”occupazione”. Ma giuridicamente la nozione di occupazione non tiene, l'ultimo governo legale fondato internazionalmente che ha governato la “Palestina occupata” è stato il mandato britannico, che era stato istituito dalla società delle nazioni esattamente per dare una patria (“national home”) al popolo ebraico, molto prima della Shoà, nel 1922. Se i britannici non avessero giocato col fuoco del nazionalismo arabo e avessero fatto ciò per cui la comunità internazionale li aveva incaricati di fare (“favorire l'immigrazione e l'insediamento ebraico”, cito testualmente), la Shoà non avrebbe avuto quella dimensione. Non c'entra, lei mi ripete, l'occupazione è ora. Guardi alle colonie, guardi al fatto che proprio la settimana scorsa ci sono stati dei coloni che si sono insediati in una casa di Hebron... Eh già, sono andati ad abitare in una casa regolarmente comprata. Che c'è di male? Che c'è di male se degli indiani comprano casa e vivono a Bergamo, o dei cinesi a New York? O lei pensa davvero che Hebron, la città dove la presenza ebraica è testimoniata senza interruzione da 3500 anni, dai tempi in cui Abramo vi comprò la tomba per sé e per sua moglie, come è scritto nella Bibbia, non debbano poter vivere ebrei? Non trova questa storia un tantino antisemita?
Eccoci, mi risponde lei: non si può criticare Israele senza che subito qualcuno ci dia dell'antisemita. Be', signora, non tutti quelli che criticano Israele sono antisemiti, posso concederlo, ma tutti gli antisemiti criticano Israele, questo è un fatto. Per secoli e millenni gli euroipe e gli arabi hanno - ehm, diciamo - “criticato” il popolo ebraico (che spesso si definisce proprio Israele). Hanno spiegato che erano il “popolo deicida”, che ammazzavano i bambini per impastare il loro pane di Pasqua col loro sangue, che affamavano i popoli, che praticavano l'usura, che avvelenavano i pozzi e quant'altro. Ogni tanto veniva su qualcuno - un domenicano spagnolo, un caporale austriaco, un capo cosacco, un crociato, uno sceicco di Granada, mille altri personaggi meno noti- a mettere in pratica quello che i “critici” predicavano. Perfino fini intellettuali e artisti come Voltaire e Wagner e tanti altri impegnarono le loro migliori energie a “criticare” l'Israele d'allora, che non era uno stato ma già un popolo. “E allora?” Be', signora, io le dico solo che bisogna prendere atto che vi è una certa continuità fra queste critiche: quella dell'”occupazione” e quella del “deicidio”; quella dei poveri bambini palestinesi ammazzati dai cattivi israeliani a Gaza e quelli dei poveri bambini cristiani ammazzati dagli ebrei a Trento e ad Aleppo e in mille altri luoghi, quelli del progetto di dominio sul mondo dei “Savi di Sion” e quelli sulla “lobby ebraica che domina l'America. Come vi è continuità fra le vignette che illustrano deputate ebree con il nasone e il fascio littorio e le caricature che i nazisti pubblicavano su “Der Sturmer”.
“Insomma non posso criticare Israele senza passare per antisemita, è questo che vuol dire lei”. Cara signora, le ripeto, lei è libera giuridicamente e fattualmente di criticare quel che vuole. Ma se tiene alla mia opinione, ebbene sì. L'onere della prova secondo me tocca a lei. E' lei che deve dimostrare che le sue critiche sono pertinenti, equilibrate, non prevenute, non antisemite. Un po' come tocca all'automobilista preso ubriaco al volente dimostrare nel seguito che non è un bevitore abituale, che non lo rifarà. Naturalmente non dò a lei dell'alcolizzata, non mi permetterei mai. Ma all'Europa e all'Islam sì, il paragone si attaglia. Hanno bevuto tanto negli ultimi quindici o venti secoli... fuor di metafora, hanno ammazzato tanto, discriminato tanto, umiliato e torturato tanto, che prima di ergersi a critici di un paese che dall'inizio lotta per la sua vita e per garantire la vita di tutti gli ebrei, devono dimostrare loro di non essere antisemiti.