Photography breaking news, un modo spesso utilizzato per taroccare la realtà
Cari amici,
dato che qui ci occupiamo di giornalismo, vorrei commentare con voi
uno dei premi Pulitzer, che sono un po' gli Oscar del giornalismo e
sono stati assegnati l'altro giorno. Il premio è diviso in varie
categorie, e quello che mi interessa è dedicato alla "photography
breaking news" (notizia fotografica) che è stato assegnato al
fotografo Massud Hossaini che lavora per France Press. Trovate qui
l'immagine: http://www.tmnews.it/web/sezioni/esteri/PN_20120417_00015.shtml.
Come vedrete si tratta di una bambina urlante in mezzo ai corpi
insanguinati delle persone uccisi in un attentato a Kabul. “Hossaini
che lavora nell'ufficio di Kabul dell'agenzia di stampa stava coprendo
una processione sciita il 6 dicembre quando un kamikaze si è fatto
esplodere in mezzo a centinaia di persone. L'attentato uccise quasi 70
persone, il più sanguinoso in Afghanistan dopo un attacco
all'ambasciata dell'India nel luglio 2008. “
Vale la pena di fare alcune considerazioni su questa immagine. La
prima è che si tratta dell'attacco di un attentatore suicida islamico
a una processione islamica. La ragione è che l'attentatore è sunnita e
gli uccisi sono sciiti: dimostrazione che la violenza islamica è in
buona parte diretta ad altri islamici (come in Siria, per esempio, in
Kurdistan e in generale in Iraq), senza che c'entri nulla né Israele
né l'Occidente. Il fatto è però che questa violenza intraislamica è
sistematicamente ignorata dai media e dai politici, che sono in grande
maggioranza convertiti all'ideologia terzomondista per cui tutto quel
che succede in quegli sfortunati paesi è colpa nostra. Una prova è che
questa fotografia, premiata sì, era stata molto poco diffusa al
momento dei fatti e che dell'attentato, per quel che mi ricordo e ho
potuto controllare, quasi non si era parlato sulla stampa allora.
Tutt'altro sarebbe accaduto se questa foto avesse ritrratto un
bombardamento americano sbagliato, o ancor di più fosse riferibile a
Israele. Vi è una vera e propria industria di false immagini contro
Israele, documentata con cura dal sito spoecializzato
www.malainformazione.it . E proprio il curatore del sito, Marco Reis,
mi ha fatto arrivare ieri un'ulteriore prova di questa induistria,
anzi, del suo riciclaggio. La stessa foto con una bambina ferita,
chissà dove e chissà da chi, attribuita a Israele, ma in due diversi
luoghi e in due diversi tempi. Ecco i due indirizzi di questa
moltiplicazione elettronica del dolore e della colpa:
http://www.usmessageboard.com/israel-and-palestine/191592-palestinian-baby-girl-paralyzed-in-israeli-shooting.html
e http://news.xinhuanet.com/english/2006-05/21/content_4577626.htm .
Ho scritto chissà da dove e chissà da chi, perché davvero in questo
ambito il falso non conosce limiti, e per esempio sono state
attribuite ad Israele vittime di terremoti in Turchia.
Spesso poi accade che si creino dei fatti apposta per filmarli o
fotografarli e attribuirne la colpa a israele. Sembra sia anche il
caso dell'incidente in cui l'altro giorno è stato “vittima” (forse) un
“pacifista” (forse) dell'Ism e che ha avuto una grande eco sulla
stampa israeliana. Leggete questa ricostruzione dei fatti e del
filmato per vedere quali sono i punti di dubbio:
http://danilette.over-blog.com/article-ralenti-de-la-sequence-du-coup-porte-par-l-officier-israelien-103544932.html.
Insomma le "photography breaking news", soprattutto quelle che
ottengono attenzione, sono spesso taroccamenti più o meno sofisticati.
La guerra contemporanea si fa anche sul fronte della comunicazione e
le fotografie in questo fronte di guerra sono l'arma pesante per
eccellenza. E' una guerra difficile da vincere, perché c'è una
complicità ideologica e commerciale fra agenzie di stampa, giornali (i
cosiddetti doorkeepers, i portinai dell'informazione) gli “informatori
locali” (unici giornalisti ormai ad andare davvero sul terreno, ma
parenti e amici dei terroristi o comunque ricattabili loro e le loro
famiglie) e gli islamisti. Tutto questo è ben noto agli addetti ai
lavori, che però evitano di dirlo per mantenere l'illusione di
credibilità del giornalismo di guerra. Di fronte a questa fondamentale
scorrettezza dell'informazione da Israele, dall'Afghanistan, dalla
Siria e da altri luoghi di guerra, la sola cosa che si può fare è
vigilare, come facciamo noi di Informazione Corretta e come dovrebbero
fare innanzitutto i lettori.
Ugo Volli