Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Spett.le Redazione, condivido la sostanza dell'articolo di Volli, ma ho qualche dubbio sulle sue affermazioni circa l'atteggiamento di Ben Gurion. Nel capitolo conclusivo del suo bel libro "La prima guerra di Israele", Benny Morris lascia trapelare una posizione più amaramente realistica da parte del leader sionista. Due anni fa collaboravo con mia figlia (allora al primo anno del liceo scientifico) a stendere una ricerca scolastica sulla nascita dello stato di Israele, in gran parte basata sul libro di Morris; ricordo di aver inserito la considerazione che l'esodo dei palestinesi durante il conflitto non era premeditato da parte ebraica, ma che risultò ben presto evidente "... che non sarebbe stato possibile acconsentirne il ritorno prima della fine della guerra, poichè [gli arabi] potevano compromettere le operazioni militari; e ben presto l'Agenzia Ebraica, David Ben Gurion in testa, decise che il ritorno non sarebbe stato possibile neppure dopo, se si voleva che l'espressione 'stato ebraico' mantenesse un senso." Adesso non riesco a ritrovare le pagine esatte di Morris da cui ho tratto la mia riflessione, ma proprio non mi sembra di essermela inventata. Grazie per l'attenzione.
Sandro Zanchi - Siena
Caro lettore,
Benny Morris è stato il caposcuola dei "nuovi storici israeliani", cioè della storiografia revisionistica su Israele, e il brano che lei ricorda sembra far parte di questo progetto. Poi ha cambiato idea, almeno in parte, e ha polemizzato coi suoi ex compagni difendendo l'esistenza dello Stato di Israele. Non ha falsificato documenti come Pappé, per quel che ne so, ma le sue opinioni storiografiche, soprattutto quelle d'annata vanno prese con le pinze. Il punto è questo. La guerra del '48 fu durissima, combattuta non solo contro eserciti predominanti (Egitto, Siria, Iraq, Arabia Saudita, Libano, Giordania - quest'ultimo esercito guidato da ufficiali britannici) e decisi alla strage, ma anche contro agguati e attentati. Si lottò villaggio per villaggio, casa per casa, con un numero di vittime enorme in rapporto alla popolazione israeliana di allora: 6.300 caduti, circa il 10% delle forze armate e l'1% della popolazione. I generali arabi fecero appello agli abitanti dei villaggi perché si rifugiassero dietro ai loro eserciti e furono largamente ascoltati. Dai villaggi arabi conquistati in combattimento comunque gli abitanti dovettero fuggire. In guerra non è facile ritornare a luoghi evacuati attraversando di nuovo le linee di fuoco e dopo l'armistizio i confini furono chiusi. Un ritorno dei profughi era impensabile anche perchè vi si sarebbero potuti mescolare combattenti e terroristi. Purtroppo è una situazione che si verifica in tutte le guerre: l'hanno subita in Europa gli italiani di Istria e Dalmazia, i polacchi dell'Est, i tedeschi di Slesia ecc. Questo non vuol dire però che lo Stato di Israele volesse eliminare tutti gli arabi: quelli che non fuggirono non furono cacciati e anzi nii decenni fino a oggi hanno prosperato e raggiunto il 10% della popolazione.