Egregio Direttore A lettura ultimata del comunicato Ansa del 13 aprile 2012, scritto dalla giornalista Virginia Di Marco, titolato “MO: dieci anni fa il muro tra Israele e Cisgiordania”, vorrei sottoporLe alcune considerazioni nel merito del pezzo. Nel cappello introduttivo Di Marco racconta brevemente le ragioni del muro con accenti ovviamente personali. Scrive infatti " la funzione dichiarata del muro "( solo dichiarata?) "era di proteggere la popolazione dai terroristi kamikaze provenienti dalla Cisgiordania. Ma il tracciato fu progettato senza rispettare la Green Line ( il confine riconosciuto internazionalmente tra Israele e i territori occupati nella guerra dei sei giorni)”. A me risulta che la Green line sia solo una linea armistiziale e che internazionalmente sia riconosciuto solo l'armistizio, nonché il criterio di statuizione dei confini definitivi, attraverso una trattativa tra le parti. La Green line, quindi, non é un confine, men che meno tra due stati. Vorrei poi ricordare, per inciso, che la Cisgiordania é sempre stata occupata anche prima del 67, segnatamente dalla Giordania, senza alcuna legittimazione internazionale e-per quello che può contare- senza che emergesse in quel periodo una aspirazione nazionale dei Palestinesi. Ciò detto, quello che più mi ha colpito é la considerazione che Israele avrebbe dovuto rispettare, nel costruire un muro difensivo, una linea armistiziale ampiamente violata in precedenza dai terroristi kamikaze, per altro sempre onorati per i loro gesti dall'Autorità palestinese, cioè dalla controparte istituzionale. Viene da domandare se, qualora il muro fosse stato costruito entro la Green line, Di Marco avrebbe eccepito o meno. La cosa ovviamente non é dato sapere. A proposito poi del docufilm, oggetto dell'articolo, é ovvio che Di Marco intervisti il regista, ma ciò non significa che debba necessariamente accreditare acriticamente tutto ciò che l'intervistato afferma. Fa eccezione una brevissima precisazione. Questa : “ Eppure negli ultimi anni gli attentati sono diminuiti drasticamente”, che sembra più che altro un espediente retorico per tirare la volata alle dichiarazioni conclusive e sorprendenti del regista. Vale la pena comunque di citare tutte le brevi dichiarazioni rilasciate da quest'ultimo: “Lo scopo principale del muro é confiscare terre palestinesi...” “Dire che si tratti di una barriere difensiva é falso. Se qualcuno”- (qualcuno chi?)- “ sceglie la violenza, non basta un muro a fermarlo. Guardate cosa succede a Gaza: il confine é sigillato, ma questo non impedisce continui attacchi e lanci di ordigni”. Quindi, secondo il regista Davidi, se qualcuno ti attacca non vale la pena di difendersi, tanto cercherà di attaccarti lo stesso. Però che logica! Meno male che Di Marco ha ritenuto di non potere fare a meno di ricordare la diminuzione degli attentati e dei morti, dopo la costruzione del muro! Tuttavia Davidi, imperterrito e senza opposizione ulteriore della giornalista, ne ha elaborato una originale spiegazione, tratta forse da una esoterica versione della sociologia dei processi culturali: La diminuzione degli attentati “dipende solo da un cambiamento culturale degli abitanti della Cisgiordania....Ma certo il vento potrebbe cambiare”. Quindi la cultura cambia e gira come il vento, indipendentemente dalla situazione di campo, per delle ragioni perfino capricciose e senza una possibile spiegazione. Nemmeno parziale. Almeno la cultura dei Palestinesi. E il pensiero di Di Marco? Nessuna obiezione. Si vede che condivide. D'altro canto l'articolo va certamente nel senso "giusto": non é controvento. E, in conseguenza della suddetta dottrina dei processi culturali -a meno che il vento non cambi da solo- non si può certo pensare che soltanto un cambio del direttore dell'Ansa possa determinarne la direzione. Domando però : non é sperabile neppure una diversa relazione dell'Ansa con il vento stesso? Grazie per l'ascolto Andrea Cafarelli