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Il fallimento dell'avventura palestinese (Traduzione dall'ebraico di Sally Zahav, a cura di Yehudit Weisz) Abu Mazen Mordechai Kedar Recentemente ci sono state molte voci su progetti di smantellamento dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp), in particolare da parte di Abu Mazen, per ritornare all’epoca precedente gli Accordi di Oslo del 1993, quando Israele era responsabile di tutti i territori di Giudea e Samaria, comprese le città arabe. Ibrahim Hamami, direttore del Centro per gli Affari Palestinesi a Londra, che aveva partecipato alla conferenza, ha dichiarato: “L’Autorità Palestinese era stata istituita per ottenere, mediante continue negoziazioni, la fine dell’occupazione, tuttavia i palestinesi non ne hanno tratto alcun beneficio, Con queste affermazioni, Hamami sostiene che tutta la ragion d’essere dell’attività degli organismi palestinesi per la sicurezza si riduce a rafforzare quella di Israele, scalzando così la legittimazione dell’esistenza dell’ Anp. Hamami sostiene che sei anni fa, nel 2006, Abbas aveva già accennato alla possibilità di smantellare l’ Anp dopo che l’esercito israeliano aveva fatto irruzione nel carcere di Gerico e aveva arrestato Ahmed Sadat e i suoi complici. Da allora risorge l’ipotesi dello scioglimento dell’ Anp, ogni volta che Abbas è in crisi con Israele. Il risultato è che i portavoce palestinesi non hanno alternative, possono solo incolpare Israele per il loro fallimento. n realtà l’Autorità palestinese non ha mai avuto una sola possibilità di avere successo, a causa dei problemi innati che derivano dalla natura stessa della cultura politica mediorientale. 1. Il problema fondamentale di uno stato arabo moderno è quello della sua legittimità a esistere come Stato, soprattutto perché non riflette un’unità etnica ben definita, e quindi non è uno stato-nazione inteso in senso europeo, come ad esempio i paesi europei. Tradizionalmente, non esiste un “popolo siriano”, un “popolo giordano”, un “popolo libanese”, o un “popolo sudanese”. Esiste un “popolo arabo”, diviso in tribù, clan, gruppi religiosi, e sette. Gli stati arabi come Siria, Giordania, Libano e Sudan sono creazioni del colonialismo, che arbitrariamente aveva diviso la nazione araba, senza alcun riguardo all’aspetto demografico. 2. La maggior parte del “popolo palestinese”, la colletività virtuale su cui si ritiene sia stata costruita l’idea di uno Stato palestinese, discende da immigrati che giunsero nell’area tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano, tra la seconda metà del 19° e il 20°secolo. L’impero ottomano, il Mandato britannico e i villaggi ebraici che si erano stabiliti nel pre-stato di Israele erano un’attraente fonte di sostentamento per i lavoratori immigrati, provenienti dalle zone circostanti. Molti egiziani erano emigrati in Terra d'Israele negli anni intorno al 1860 per sfuggire ai lavori forzati necessari per gli scavi del canale di Suez. Pertanto ancora oggi, molti “palestinesi” hanno nomi come “Al-Masri” (l’egiziano), “Masarwa” (egiziani) e “Fayoumi”, nomi che indicano la loro provenienza dall’Egitto. Altri si chiamano “Al-Haurani”, sono quelli che i britannici avevano portato da Houran, in Siria, per lavorare principalmente nel porto di Haifa. La gente che vive nel villaggio di Jisr al-Zarqa era giunta dal Sudan, non partecipò nel 1948 alla Guerra d’indipendenza, ed è rimasta nel suo insediamento, tra Cesarea e Ma’agan Michael. I geografi europei che visitarono la Terra d’Israele nel 19° secolo, come il Comitato Internazionale d’inchiesta che ha operato nella prima metà del 20° secolo, avevano documentato la presenza di gruppi immigrati da Iran, Afganistan, Yemen, Iraq, Nord Africa e Balcani, che risiedevano in Israele. I residenti di Rehania e Kfar Kama, due villaggi della Galilea, sono dei circassi del Caucaso. Il clan dei Booshank che risiede a Kfar Manda, ha origini bosniache. Tutti i residenti del Negev, la maggior parte dei residenti nella Striscia di Gaza e alcuni che vivono sul Monte Hebron, sono beduini, che per secoli hanno errato tra i deserti del Sinai e del Negev, la Giordania e l’Arabia Saudita. Il loro dialetto saudita testimonia chiaramente il paese d’origine. Alcuni Armeni - che sono cristiani - fuggirono in Israele dalla Turchia negli anni 1915-1918, a causa del genocidio che i turchi perpetrarono contro di loro. Di conseguenza, la maggior parte dei “palestinesi” è un popolo misto, sono diversi gruppi la cui origine non è la Terra d’Israele. 3. Lo Stato arabo moderno, sin dal suo inizio, ha fallito e continua a fallire nel suo principale obiettivo: insinuarsi nel cuore dei cittadini e prendere il posto della loro tradizionale lealtà alla tribù, al gruppo etnico (come curdi, turcomanni, arabi), alle comunità religiose (come musulmani, cristiani, drusi, alawiti) o alle sette (sunniti, shiiti). Una persona si definisce “irachena” o “siriana” solo se sente di appartenere a un sistema di governo o ne gode dei vantaggi economici o politici. Nessuno diventerebbe cittadino di uno stato, non dedicherebbe tempo, benessere, e certamente non la vita, per un sistema di governo se sentisse che non lo rappresenta. 4. Uno dei risultati del fallimento dell’avventura palestinese è la rottura tra Gaza e Ramallah. Da un punto di vista storico il legame tra questi due centri della popolazione araba, è piuttosto debole, non più forte del legame tra altri due centri qualsiasi di popolazione in Medio Oriente. Tra il 1948 e il 1967, la Striscia di Gaza fu sotto occupazione egiziana, mentre la Città Vecchia di Gerusalemme, la Giudea e la Samaria, furono sotto l’occupazione giordana. Questi due stati reagirono con mano ferrea ad ogni tentativo fatto dai residenti di queste due aree per liberarsi dall’occupazione. L’idea di uno “Stato palestinese”che voglia riunire la Striscia di Gaza con la Giudea e la Samaria, è nuova, ed ebbe origine dopo il 1967, dall’incontro tra la sinistra israeliana e l’inganno arabo, che turlupinò alcuni illusi ebrei pronti a credere che gli arabi sarebbero venuti ad un accordo con lo Stato ebraico all'interno della linea del “cessate il fuoco” del 1967, nota come “Linea verde”. 5. L’Anp fu definita inizialmente come un’ entità politica, uno “stato in fieri”, per gli Arabi che vivono in Giudea, Samaria e Gaza. Ma questa definizione è una totale contraddizione rispetto alla moderna propaganda araba che pretende come “palestinesi”, oltre a coloro che vivono in Giudea, Samaria, e Gaza, anche tutti gli Arabi che risiedono all’interno di Israele come cittadini dello stato ebraico, e anche gli immigrati e i rifugiati che vivono nei campi profughi e al di fuori di essi, in Giordania, Siria,Libano e in molti altri stati. Non si instaurò mai alcun collegamento o legame tra OLP, l’organizzazione che diede origine all’ Anp, e i gruppi, definiti oggi come “palestinesi”, che vivono fuori della Giudea, Samaria e Gaza, dato che sin dalla sua formazione nel 1964 l’OLP ha dichiarato di essere “il solo e legittimo rappresentante per la Palestina”. 6. Dal momento che non fu mai data alcuna risposta a questa domanda, l’OLP ha inventato una risposta, sempre la stessa, ma non realizzabile: “il diritto al ritorno”, ossia una soluzione attraverso una parte terza: gli arabi “palestinesi” che sono nati in Stati arabi, vi hanno vissuto, si prefiggono Israele come obiettivo, nonostante il fatto che nella storia non sia mai avvenuto che la creazione di uno Stato comporti il trasferimento di milioni di persone verso uno Stato che non mai stato il loro. 7. L’OLP non ha mai definito in modo chiaro e deciso le proprie relazioni con Israele in quanto Stato del popolo ebraico. Nonostante la firma degli Accordi di Oslo, i media “palestinesi” non hanno mai smesso di riferirsi a Galilea, Haifa, Acri, Giaffa e Be’er Sheva – tutti in Israele – come parti della “Palestina”. 8. Lo Statuto Nazionale Palestinese stabilisce al punto 1 che “ la Palestina è la patria del popolo palestinese; essa è parte inseparabile della nazione araba”. Questa enunciazione è diventata la versione ufficiale della propaganda palestinese, che esprime le aspirazioni dei “palestinesi”. 9. Arafat, seguito dai vari capi dell’OLP, fece un errore strategico enorme, quando decise che Gerusalemme doveva essere la capitale dello Stato palestinese. Oltre a deludere molti ebrei che, nonostante il loro desiderio di giungere a una pace con gli arabi, non volevano rinunciare a Sion, la pietra fondante del popolo ebraico, per cui hanno pregato durante i 1900 anni di esilio. La richiesta di avere Gerusalemme è relativamente nuova perché lo Statuto palestinese – sia nella versione del 1964 così come in quella del 1968 – non fa alcuna menzione a Gerusalemme. E’ interessante notare che anche lo Statuto di Hamas del 1988 non parla di Gerusalemme come capitale della Palestina. Inoltre non c’è nessuna base storica per cui la Palestina rivendichi Gerusalemme come capitale, dato che questa città non è mai stata capitale di uno stato o di una provincia islamica. La capitale del “Distretto della Palestina”dopo la conquista Islamica del 637 E.V. fu la città di Ramla, 30 km a ovest di Gerusalemme. E, giusto per un confronto, Gerusalemme nella Bibbia ebraica è nominata centinaia di volte e nel Corano islamico nemmeno una volta sola. Il popolo di Israele è citato centinaia di volte nel Corano, mentre il popolo palestinese – come Gerusalemme – nemmeno una volta. 10. Il mondo ha prestato poca attenzione al terrorismo palestinese che infuriava in Israele dopo lo scoppio della Seconda Intifada, alla fine di settembre del 2000, fino all’11 settembre 2001. Con gli attacchi che si succedettero in quel giorno a NY e a Washington, il mondo cominciò a comprendere meglio il terrore con il quale Israele si stava confrontando, perché fino ad allora, non aveva avuto ancora la capacità di capire i problemi di Israele. Solo dopo l’11 settembre 2001, fu presa la decisione di dichiarare Hamas, così come Al-Qaeda, organizzazioni terroristiche, e di boicottare ogni banca o organismo qualsivoglia che li finanziasse. I palestinesi, con a capo Arafat, non capivano come la continuazione del terrorismo dopo l’11 settembre 2001, lavorasse contro di loro e rendesse più facile a Israele classifiacrli come terroristi, il che ha oscurato la loro immagine nel mondo fino a oggi, in modo particolare riguardo a Hamas. 11. Fin dal gennaio 2006, la separazione tra OLP e Hamas non è stata una semplice divisione tra due partiti che siedono insieme nello stesso organo governativo eletto dal popolo. Piuttosto, la separazione ha profonde caratteristiche culturali, perché Hamas, che rappresenta un concetto religioso islamico, vede la suddivisione della nazione islamica in stati, come una divisione colonialista, anti-islamica, con l’obiettivo di frantumare la nazione dell’Islam in tante schegge. L’OLP sta cercando di costruire una moderna, artificiale propaganda del popolo palestinese, sulle orme di quella che agisce in Siria, Iraq e Giordania. Hamas, un movimento religioso, derivante della scuola di pensiero dei Fratelli Musulmani, vede la diffusione delle ideologie nazionaliste come qualcosa contrario all’Islam, questo è il motivo della divisione tra i due movimenti. 12. Nell’arco del 2011, sin dall’inizio della “Primavera araba”, il mondo arabo ha dimenticato il problema palestinese, perché gli eventi in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen e Siria hanno prevalso su giornali, stazioni radio, canali televisivi e schermi dei computer. Il mondo arabo ha voltato le spalle ai palestinesi e ai loro problemi, e li ha rimossi dalle iniziative pubbliche. Questo è il motivo per cui i palestinesi, lo scorso settembre, hanno richiesto all'Onu il riconoscimento dello Stato. Il susseguirsi degli avvenimenti in Egitto e in Siria, ampiamenti illustrati nei media arabi, hanno spinto l'OLP a cercare di nuovo alleati a livelli internazionali, in regioni dove non esiste neppure la minima informazione sul medio oriente, e dei problemi che affliggono gli Stati arabi. Esiste nel mondo, e anche in Israele, una speranza, che se i palestinesi otterranno il loro Stato, questo sarà sufficiente perché accettino Israele come uno stato legittimo con il diritto di esistere in pace e sicurezza, Hamas siederà con l’OLP attorno al fuoco e canterà gli inni palestinesi in armonia e i figli di Hebron prenderanno per mogli le figlie di Nablus. Nessuno è disposto però si chiede come reagirà il mondo quando lo Stato palestinese, con contiguità territoriale in Giudea e Samaria, si trasformerà in uno Stato governato da Hamas? E’ interessante constatare come gli israeliani dai cuori sanguinanti, pieni di ingenua speranza nella pace nonostante le deludenti esperienze del passato, sembrino non averne avuto abbastanza, e non prendano questa domanda neppure in considerazione.
Lo sciogliemnto dell’Autorità Palestinese in otto città-stati arabe, basate sulle diverse tribù locali che vivono in queste città, è una condizione necessaria per la pace, affinchè Israele e i suoi vicini arabi possano prosperare. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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