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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
12.04.2012 Odio antico: un esempio di odio viscerale per Israele e amore sfrenato per l'islam
Sergio Minerbi definisce così le parole di Padre Paolo Dall'Oglio e dà una risposta

Testata: Informazione Corretta
Data: 12 aprile 2012
Pagina: 1
Autore: Sergio Itzhak Minerbi
Titolo: «Risposta a Padre Dall'Oglio»

Riportiamo da DAIMON n°10 l'articolo di Sergio Itzhak Minerbi dal titolo "Risposta a Padre Dall'Oglio".


Sergio Minerbi      Padre Paolo Dall'Oglio

Possiamo riassumere in poche parole il lungo articolo di Padre Paolo Dall’Oglio, della Comunità Monastica di Deir Mar Musa, in Siria: esso è un esempio di odio viscerale nei riguardi di Israele e amore sfrenato verso gli Islamici. L’autore non fa alcuna distinzione fra fondamentalisti islamici e islamici moderati. Quando egli scrive che la cristianità orientale si sente bloccata fra la sconfitta del settimo secolo ad opera dell’Islam e «quella per mano di Israele e dell’occidente nel ventesimo secolo», dimostra un’ignoranza abissale della situazione all’interno di Israele. Da quando Israele esiste, cioè dal 1948 ad oggi, i cristiani ed in particolare i cattolici all’interno di Israele, si sono sviluppati numericamente, il loro livello economico è enormemente migliorato, alcuni di loro sono entrati volontari nell’esercito israeliano. Naturalmente tutto ciò è ignorato dalla Chiesa che invece mandò in Galilea un vescovo non gradito al governo israeliano. Inoltre Monsignor Capucci che fu scarcerato dalle autorità Israeliane prima di scontare la sua pena per l’intervento di Paolo VI, ha violato i patti e si è rimesso dalla parte dei terroristi islamici, contrariamente alle promesse scritte del Pontefice.
Qualche settimana dopo la sua elezione, il 1-2 settembre 2005, Benedetto XVI organizzò con l’aiuto di Padre Samir Khalil Samir, SJ, del Pontificio Istituto Orientale, un seminario a Castel Gandolfo sulle difficoltà dell’Islam di vivere in una società secolarizzata. Marco Politi scrisse sulla «Repubblica»:

Tema ricorrente nel seminario è stata la «difficoltà dell’Islam di vivere in una società secolarizzata» e la problematicità del dialogo fra la religione cristiana, che accetta la distinzione tra Cesare e Dio, e la religione islamica che – come ha sottolineato Ratzinger – «tende a integrare sotto la legge del Corano tutti gli elementi della vita sociale». Mentre il Vangelo è «ispirato» ai suoi autori e quindi permette un vero spazio di interpretazione nel modellare la vita sociale, il Corano per i musulmani è «dato da Dio», cioè «dettato» a Maometto e quindi molto più rigido nella sua interpretazione e di fatto totalizzante nell’organizzazione della società: al punto che per l’Islam integrale non esiste differenza tra legge civile e legge religiosa(1).

Il gesuita Samir Khalil Samir, uno dei relatori di Castelgandolfo, riassume così le conclusioni del dibattito: «L’idea essenziale è che il dialogo con l’Islam e con le altre religioni non può essere essenzialmente un dialogo teologico o religioso, se non in senso largo di valori morali. Esso deve invece essere un dialogo di culture e di civiltà».

Israele non blocca la cristianità orientale, mentre chi la blocca efficacemente è l’Islam fondamentalista. Basti vedere cosa accade oggi in Libano, un paese che era tradizionalmente a maggioranza cattolica Maronita, mentre nel 2011 chi domina il governo attuale con 19 portafogli ministeriali su 30, sono gli estremisti islamici dell’Hizbollah.
Il primo ministro incaricato Najib Mikati, lo scorso 13 giugno, ha presentato il suo governo che deve ricevere la fiducia in parlamento (2).
Padre Giovanni Sale ha scritto un articolo su «Civiltà Cattolica», nel quale dopo aver accennato alle due guerre israelo-libanesi (quella del 1982 e quella dell’estate 2006), esamina l’affermarsi, tra la popolazione sciita del sud del Libano, del movimento islamista Hezbollah (partito di Dio). Tale movimento, influenzato e finanziato dall’Iran, adottò per lunghi anni come strumento di lotta politica le cosiddette «azioni martirio», finalizzate a uccidere i nemici della causa islamica (sionisti e «neocrociati» in particolare). Secondo Sale, a partire da questi ultimi anni assistiamo da parte di Hezbollah a un cambiamento di strategia di lotta e anche di programma politico, nel quale l’elemento nazionalista sta prendendo poco alla volta il sopravvento su quello fondamentalista e religioso. Questa analisi è piuttosto strana, anche perchè accetta per buona la propaganda dell’Hizbollah il quale secondo padre Sale dovrebbe essere sostenuto dalla comunità internazionale (3). Ma Sale non adduce nessuna prova del supposto miglioramento dell’Hizbollah e il suo sostegno all’Hizbollah è preoccupante se si tiene conto del fatto che ogni articolo di Civiltà Cattolica deve essere approvato dalla Segreteria di Stato.
Se i cristiani orientali, come scrive Dall’Oglio, ritengono che «la vittoria abbia arriso a chi crocefisse Gesù (a loro modo di vedere gli ebrei)», ciò significa che la Chiesa è stata incapace di fare accettare dai propri fedeli, il messaggio del Concilio Vaticano II, del 1965. La distorsione anti-israeliana e pro-islamica, si ritrova a tutti i livelli ecclesiastici. Come per esempio nel 2002 quando più di 200 palestinesi armati penetrarono nella Chiesa della Natività a Betlemme, ma il Vaticano criticò le truppe israeliane che erano rimaste fuori dalla Chiesa (4).
Questa posizione non solo è ingiusta ma è anche dannosa agli interessi della Chiesa.
Quando il 3 giugno 2010 l’Arcivescovo di Iskanderun, monsignor Luigi Padovese, fu ucciso dal suo autista fanatico islamico, le autorità ecclesiastiche si affrettarono a discolpare l’Islam in quanto l’autista fu dichiarato pazzo. Ma l’Avvenire pubblicò anche la reazione dell’arcivescovo di Smirne, Mons. Ruggero Franceschini che disse:

La tesi del matto che uccide è un luogo comune che era già stato utilizzato per don Andrea Santoro. Anche la persona che ha gettato una bomba molotov sulla nostra cattedrale di San Policarpo, qui a Smirne, è stato definito «un malato mentale» (5).

Lo stesso Mons. Franceschini dichiarò in quei giorni:

Credo che anche in Vaticano abbiano capito che ho ragione io: l’omicidio di Padovese ha soltanto motivazioni religiose. L’assassinio mostra infatti elementi esplicitamente islamici. Non c’entra il governo turco. Non c’entra Ankara. Non c’entrano le motivazioni personali. C’entra soltanto l’islam. Lo so, il Papa ha detto prima di decollare per Cipro che «non si tratta di un assassinio politico o religioso’ ma ‘si tratta di una cosa personale». Credo sia stato mal consigliato. Il Vaticano certe cose non può insegnarle a noi (6).

Il messaggio finale del Sinodo dei Vescovi nel Medio Oriente, invoca nel paragrafo 11 la pace nel Medio Oriente con queste parole:

Abbiamo avuto coscienza dell’impatto del conflitto israelo-palestinese su tutta la regione, soprattutto sul popolo palestinese che soffre le conseguenze dell’occupazione israeliana: la mancanza di libertà di movimento, il muro di separazione e le barriere militari, i prigionieri politici, la demolizione delle case, la perturbazione della vita economica e sociale e le migliaia di rifugiati. Abbiamo riflettuto sulla sofferenza e l’insicurezza nelle quali vivono gli Israeliani. Abbiamo meditato sulla situazione di Gerusalemme, la Città Santa(7).

Avendo segnalato l’occupazione israeliana come problema principale del Medio Oriente, il Sinodo dette la luce verde per portare gli islamici a ritenersi al sicuro e liberi di uccidere pochi giorni dopo nella Cattedrale di Baghdad una cinquantina di cattolici.
Lo Stato d’Israele ha compiuto 63 anni, ma questo lasso di tempo non è stato sufficiente per la «revisione dei testi liturgici e dei catechismi orientali», che Dall’Oglio reclama. Per lui la Chiesa dovrebbe mostrare «un’efficace solidarietà politica e teologica verso gli abitanti sofferenti della Palestina». Io ritengo che sia vero il contrario poiché l’atteggiamento politico della Santa Sede, sempre diretto ad accontentare gli Islamici, non le ha dato nessun frutto.
Il seminario di Castel Gandolfo fu seguito dalla lezione magistrale del Pontefice a Regensburg, 12 settembre 2006, sull’Islam e la violenza. Il Pontefice citò l’imperatore bizantino Manuel II Paleologo, il quale circa nell’inverno 1391, disse:

Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava (8).

Ma pochi mesi dopo il Pontefice fu costretto, forse dalla Curia, ad andare in Turchia, facendosi umiliare dal Premier Erdogan all’aereoporto di Ankara, e visitò a Instanbul il 30 novembre 2006, il museo di Santa Sofia, che è una cattedrale trasformata in moschea (9).
Secondo Dall’Oglio «il Sinodo deve chiedere l’internazionalizzazione di Gerusalemme e l’impegno delle Nazioni Unite per la creazione di uno Stato Palestinese ragionevolamente vivibile, così come la restituzione delle alture del Golan alla Siria. La riconciliazione con il popolo ebraico non è possibile alle spese della giustizia».
Ma quale giustizia, quella dei terroristi islamici? L’autore in questione ha pieno diritto di sposare totalmente le tesi palestinesi e siriane, ma è evidente che questo potrà solo peggiorare la situazione dei cattolici in Medio Oriente. Per lui la divisione della Terra Santa in due parti «può essere accettata solo in via transitoria». In parole chiare nemmeno la creazione di uno Stato Palestinese su una parte della Palestina mandataria, sarebbe una soluzione definitiva per Dall’Oglio. Ci vorrebbe, secondo lui, «una migliore intesa tra vicini in un unico paese. Dunque il suo sogno è la distruzione di Israele a tappe successive e non si può capire perchè Israele dovrebbe accettare.

Anche la citazione di Dall’Oglio tratta da Dominus Jesus, è strana poichè mentre la Dichiarazione del 2000 «tiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento»(10), essa non parla affatto né di Mussulmani, né del Corano. Inoltre l’allora Cardinale Ratzinger aggiunse il 29 dicembre 2000 sull’«Osservatore Romano», una chiarificazione a favore degli Ebrei, ma omise i Mussulmani.
Sulla scia di Dall’Oglio, «dopo aver imparato a celebrare in arabo», saremmo forse tentati di credere che i primi cristiani parlassero in arabo. Debbo perciò deluderlo poichè è evidente che i primi cristiani parlassero invece l’ebraico o l’aramaico e non l’arabo, una lingua che nacque qualche secolo dopo. Ma queste sono questioni interne della Chiesa. L’idea che la Chiesa orientale «dovrà operare nella direzione di una vita partecipata con l’Islam», sarebbe comprensibile se lo scrivente vivesse in Europa. Lo è molto meno sapendo che egli vive invece in Siria, accanto a un Libano che fu cattolico ma è oggi in prevalenza islamico. Anche il sogno della Chiesa orientale che «deve sviluppare una teologia del valore dei Mussulmani nella storia della salvezza» è perlomeno singolare. Mentre nei riguardi degli ebrei, la Chiesa ha risolto il problema poichè essa ha ritenuto di sostituire l’ebraismo diventando essa stessa il Verus Israel, nulla di simile può avvenire nei confronti dell’Islam.
Negli ultimi anni siamo stati testimoni di uccisioni di cristiani da parte degli Islamici in Algeria, in Iraq, in Egitto, nel Libano. In tutti questi casi alcuni Cristiani sono stati uccisi dagli Islamici, ma Dall’Oglio propone di mostrare «un interesse per il Corano e la figura del Profeta dell’Islam». Egli aggiunge «Noi vogliamo uno Stato post moderno dove l’Islam sia in armonia con democrazia e cittadinanza». Bel sogno, peccato però che Dall’Oglio non sia capace di darci un solo esempio di Stato islamico veramente democratico.
Anzi si è innestato un processo contrario. In Egitto la deposizione di Mubarak potrebbe far venire al potere i Fratelli Mussulmani con risultati catastrofici per i Cristiani che hanno già subito il massacro nella Chiesa di Alessandria. Dall’Oglio scrive: «Noi vogliamo uno stato postmoderno dove l’Islam sia in armonia con democrazia e cittadinanza». Ancora una volta questo è un sogno che non ha riscontri nella realtà.
Quando commenta l’Instrumentum laboris del Sinodo, Dall’Oglio non si rende conto che l’unico stato del Medio Oriente che possa sventolare il concetto di «laicità positiva», è Israele. È vero che i cristiani orientali vogliono essere liberi cittadini, che godano della libertà di coscienza, ma è anche vero che non potendo ottenerla dai regimi islamici al potere, detti cristiani sono costretti all’emigrazione.
Mentre nella città israeliana di Nazaret il numero dei cristiani è in aumento, in Cisgiordania sotto il regime palestinese i cristiani fuggono da Betlemme e da Beit Jalla.

La «distinzione fra le sfere religiose e civile» prospettato da Dell’Oglio, è nei paesi arabi un sogno irreale. La democrazia «secolare che riconosce pienamente il ruolo della religione» è una chimera irrealizzabile almeno a medio termine. In quale paese arabo essa viene attuata al giorno d’oggi?
Anche quando l’Instrumentum laboris del Sinodo afferma (n. 41) che le correnti estremiste «costituiscono una minaccia per tutti», ed ebrei, cristiani e mussulmani devono affrontarle insieme, l’Autore continua imperterrito sulla sua strada antisemita. Se si parla di correnti estremiste nel Medio Oriente vengono subito allo spirito i Fratelli Mussulmani in Egitto, il Hamas nella striscia di Gaza e l’Hizbollah nel Libano. Ma non per Dall’Oglio secondo il quale bisogna prima «ristabilire la giustizia in Terra Santa» ossia eliminare gli Ebrei.
Dall’Oglio rileva come nell’Instrumentum Laboris sia detto che l’anti-sionismo deve essere considerato «estraneo ad ogni discorso ecclesiale». Egli teme che «importanti ambienti ecclesiastici siano pronti ad accettare l’occupazione sionista di tutta Gerusalemme» ma ciò secondo lui andrebbe «a spese della giustizia». La giustizia per Dall’Oglio è sempre la stessa, ossia sposare in pieno le tesi dei Palestinesi.
Egli critica il nome assegnato al «Vicariato Patriarcale Latino per i cristiani di lingua ebraica». A noi non interessa come la Chiesa definisca i suoi fedeli, ma è chiaro che quando Dall’Oglio sostiene che «non avrebbero bisogno di appartenere al Patriarcato Latino», lo fa perché vuole mantenere il Patriarcato su basi etniche, conservarne la purezza araba ed evitare che vi siano inclusi degli ebrei anche se diventati cattolici. Insomma il suo odio viscerale contro i Sionisti e contro gli Ebrei riappare spesso nel suo articolo.
Dall’Oglio si lamenta anche che lo stesso Instrumentum Laboris eviti «di trattare il tema di Gerusalemme, che è invece, in effetti, centrale sia politicamente che religiosamente». Trattare Gerusalemme significa in parole chiare lottare contro la presenza israeliana nella città, facendo entrare la Chiesa in una questione squisitamente politica affinchè prenda posizione contro Israele.
Quando il documento Vaticano sottolinea che «la coesistenza tra cristiani e mussulmani dipende dal riconoscere la libertà religiosa e i diritti dell’uomo», afferma una verità lapalissiana. Ma Dall’Oglio perde le staffe e ricorda che «è stata proprio la teocrazia mussulmana a garantire il pluralismo religioso in Medio Oriente». Questo riferimento all’epoca dell’Impero Ottomano, non ha più nessun valore poiché oggi la teocrazia islamica è estremista ed esclusivistica e non ammette nel suo seno nessuna manisfestazione religiosa diversa da quella islamica. Inoltre anche nell’epoca Ottomana, la libertà religiosa era concessa a condizione che Ebrei e Cristiani accettassero l’umiliante condizione di dhimmi. L’Autore scrive che l’«Islam può maturarli e svilupparli a suo modo» ma fino ad ora laddove l’Islam arriva al potere come nella Striscia di Gaza col Hamas, non c’è più traccia di pluralismo religioso. C’è una differenza sostanziale fra il periodo Ottomano quando lo Stato ammetteva la presenza di ebrei e cristiani, pur limitandone i diritti civici e definendoli dhimmi, ossia cittadini di seconda categoria, e la situazione che si sta verificando laddove l’Islam estremista arrivi al potere. È divertente la definizione data da Dall’Oglio alla democrazia che «non matura contro la maggioranza mussulmana» ma nell’evoluzione di questa maggioranza aperta al mondo. Ci sembra di sognare: è l’Iran islamico aperto al mondo? Lo sono il Hamas e l’ Hizbollah? Solo coloro che non vogliono vedere la situazione medio orientale come è, possono sognare queste assurdità. È anti-storico comparare la «teocrazia islamica» dell’Impero Ottomano con le teocrazie odierne dei fondamentalisti islamici. Quanto poi a sperare come fa Dall’Oglio che la democrazia maturi nei paesi islamici nell’evoluzione della maggioranza «stimolata dalle minoranze» questo è un pio desiderio che non ha nessun riscontro con la realtà.
Egli lancia una domanda retorica: «perché non dovremmo essere capaci d’operare, partendo proprio da Gerusalemme, da al-Quds, nella direzione d’una visiona plurale e condivisa?». Secondo lui per arrivare alla realizzazione di questo sogno, i mussulmani dovrebbero istituire nuovamente «la Città della Pace» a Gerusalemme. In altre parole egli propone che Israele consegni Gerusalemme agli islamici e tutto andrà a posto, realizzando i sogni messianici. È Dall’Oglio un ingenuo, o un cattolico accecato dalla politica pro-islamica?
Secondo l’Autore i cristiani orientali soffrono «d’un profondo contenzioso con lo Stato d’Israele». Secondo me non esiste nessun contenzioso di questo genere.
Nel suo discorso al Sinodo, l’israeliano David Rosen, insignito della medaglia dell’Ordine di San Gregorio Magno, avrebbe incoraggiato il dialogo «trilaterale», ebraico-cristiano-islamico che a mia modesta opinione non ha nessuna probabilità di riuscita (11). L’unico esempio finora fu l’incontro del Cairo che terminò senza risultati tangibili.
Rosen si era posto la domanda se «i fratelli mussulmani saranno capaci di considerare la presenza dei cristiani e degli ebrei come parte integrante «e legittima della regione. L’Autore scrive: «Questa domanda può esssere retorica e implicare la risposta ovvia che no, quei terroristi palestinesi arabi e mussulmani non saranno mai in grado di considerare legittima la presenza di cristiani ed ebrei, vanno quindi segregati dietro il muro di Sharon».
Mi sembra che l’Autore mescoli elementi eterogenei. Su una base regionale è evidente che l’Islam fondamentalista non riconosce nessuna presenza legittima di cristiani ed ebrei nel Dar el Islam. Ciò forse ispira i terroristi islamici che negli anni dell’intifada hanno ripetutamente colpito la popolazione civile israeliana, ed il muro di separazione costituisce un metodo non violento ed efficace per evitare gli attentati. Salvare vite umane è certo più importante che salvaguardare la comodità di accesso della popolazione palestinese.
Secondo Rosen «coloro che rivendicano l’occupazione come causa originaria del conflitto non sono sinceri» poiché «la causa originaria è la questione se il mondo arabo possa o meno tollerare un sistema di governo sovrano non arabo al suo interno». Di nuovo Dall’Oglio ricorre al contesto mussulmano di un tempo lontano, che fu «un rifugio per gli ebrei» a differenza del contesto cristiano occidentale. Questo è vero ma ancora una volta egli amalgama l’Impero Ottomano dell’epoca della cacciata degli ebrei dalla Spagna, ai paesi islamici odierni.
Dall’Oglio afferma che le popolazioni mussulmane vedono nell’«occupazione» sionista la radice del conflitto arabo-israeliano. Egli accetta il punto di vista arabo secondo il quale il «ritorno ebraico in Palestina è una forma di colonialismo». Per lui il popolo ebraico non avrebbe nessun diritto a tornare sulla sua terra e né i legami religiosi, né quelli affettivi perpetuatisi per secoli, né quelli storici, avrebbero ai suoi occhi nessun valore. Certo fa comodo sgomberare il terreno politico dei diritti altrui senza tener conto che la stragrande maggioranza degli arabi palestinesi che si trovavano nell’allora Palestina alla nascita di Israele, erano arrivati nei trent’anni precedenti, dai paesi arabi limitrofi e sopratutto dalla regione del Hauran in Transgiordania.
Secondo l’Autore «il progetto dello Stato Sionista è ovviamente conflittuale, come l’invasione italiana dell’Etiopia e quella francese dell’Algeria». Come si può comparare l’invasione di grandi potenze come l’Italia e la Francia, di territori che non appartenevano a loro, al ritorno degli Ebrei in Palestina che era all’epoca semideserta? Fin dalla prima Alyà gli Ebrei sono venuti in Palestina per lavorare la terra con le proprie mani, e tornare alla terra dei loro avi che non avevano mai dimenticato. Il paragone è privo di qualsiasi base e corrisponde all’intenzione dichiarata dei paesi islamici di vedere Israele come un paese avulso dalla realtà medio orientale. A nulla servono i resti archeologici ebraici, e l’appartenenza di una metà della popolazione israeliana a paesi del Medio Oriente. La nostalgia ebraica per Gerusalemme non ha nessun parallelo nel testo coranico che non cita nemmeno una volta la città di Gerusalemme.
Secondo l’Autore, «Rosen sa bene che i suoi compatrioti sionisti al Governo in Israele non vogliono cedere nulla e intendono profittare della situazione magmatica regionale per proseguire la colonizzazione e promuovere illegalmente la rinuncia alla terra del più gran numero possibile di palestinesi». Come si vede l’Autore usa l’aggettivo sionista come se fosse una bestemmia ed accusa i governanti israeliani di profittare della situazione magmatica regionale. Tutto ciò è falso poiché il governo d’Israele non solo non profitta della situazione regionale, ma si astiene accuratamente da qualsiasi dichiarazione in merito, proprio per evitare accuse d’interferenza. Ma è «normale» accusare Israele di una cosa e del suo contrario, ossia di fomentare i disordini o invece di contrastarli.
Sempre secondo Dall’Oglio sarebbe «sacrilego spartire la Terra Santa e la Città di Gerusalemme e solo in via transitoria possono accettare la separazione delle amministrazioni tra israeliana e palestinese». Se egli è contrario alla spartizione, dovrebbe sostenere l’amministrazione israeliana attuale che non spartisce la Città di Gerusalemme. Ma per lui evidentemente solo un regime arabo-islamico può essere accettabile.
Egli sostiene il tentativo «cristiano orientale di deligittimare Israele riproponendo la teologia tradizionale della sostituzione del popolo ebraico da parte della Chiesa». Per secoli la Chiesa cattolica ha affermato che essa è il novus Israel, la nuova Israele che sostituisce l’antica.
Un sito cattolico recente offre questa definizione:
La teologia della sostituzione o supersessionismo é un errore teologico che non ha nessun fondamento nel Nuovo Testamento o negli insegnamenti della Chiesa. Questo errore, pur essendo presente e insegnato in molti importanti scritti dei primi Padri della Chiesa non ha mai costituito una dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica (12).
La tesi della sostituzione sembra dunque accantonata ma Dall’Oglio vorrebbe risuscitarla. Inoltre egli accusa «i teologismi aggressivi, ed a volte addirittura razzisti, di tanta parte del movimento sionista». Naturalmente secondo lui è colpa dei sionisti se i cristiani arabi sono lenti nell’assumere la teologia conciliare «favorevole al popolo ebraico ed in definitiva anche al suo ritorno in Terra Santa».
Un’altra assurdità proclamata ad alta voce da Dall’Oglio è la sua idea che «la relazione privilegiata sul piano teologico tra Chiesa e Popolo ebraico» consente alla Chiesa di aprirsi alla Umma muhammadica. Secondo la mia opinione la Chiesa è libera di aprirsi alla Umma ma sarebbe impossibile ricostruire verso la Umma islamica la stessa teologia alla quale è arrivato il Concilio Vaticano II. È comprensibile il desiderio di Dall’Oglio di trovare una componente teologica in favore degli islamici. Egli si sforza di mettere sullo stesso piano il dialogo con l’ebraismo, che accetta la presenza dei cristiani e il dialogo con l’Islam che li uccide appena può.
La simpatia spontanea e reciproca che Dall’Oglio prova per Mohammad al-Sammak è una bella prova di ecumenismo. È anche meritevole che Sammak ritenga che «l’emigrazione dei cristiani andrebbe scoraggiata». La cooperazione islamico-cristiana fino ad oggi è stata incapace di proteggere i cristiani, certo non i cattolici uccisi nella Cattedrale di Baghdad nè i copti uccisi nella loro Chiesa di Alessandria d’Egitto. Bisognerebbe quindi distinguere i sogni dalla realtà. Dall’Oglio spera nel trialogo che fino ad ora non ha dato nessun frutto. Se manca la riflessione teologica mussulmana sulla realtà politica di Israele, «ciò è dovuto all’occupazione militare e all’ingiustizia proposta dal movimento sionista». Insomma da qualsiasi parte si vogliano esaminare i problemi contemporanei del Medio Oriente, per lui la colpa è sempre dei sionisti.
Secondo Dall’Oglio è demenziale scegliere tra Islam sunnita o sciita, «dobbiamo invece puntare sull’unità e l’armonia almeno parziali. Desiderio di unità, la sintassi ecumenica, la diaconia dell’intesa intercomunitaria non possono essere deputati dalla Chiesa proprio a causa del suo essere cattolica». Insomma poiché la Chiesa è cattolica essa dovrebbe secondo l’Autore agire in favore dell’unità islamica. Questa idea mi sembra del tutto peregrina, sia perché la Chiesa non ha nessun potere effettivo per promuovere l’unità islamica, sia perché non potrebbe trarne nessun vantaggio.
L’Autore passa ad esaminare il messaggio finale del Sinodo e cita il paragrafo 11 che abbiamo già ricordato sopra, a pag. 3. Il Sinodo addossa a Israele tutti i mali della regione dimenticando le sofferenze degli israeliani dovute per esempio agli incessanti tiri di missili Kassam e di bombe di mortaio dalla striscia di Gaza. Quello che colpisce la Chiesa, come i Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno affermato, è il muro di separazione, senza tenere in alcun conto gli atti terroristici contro la popolazione civile israeliana, che tale muro ha evitato.
Le migliaia di rifugiati sono il risultato di una precisa politica dei paesi arabi che hanno imposto fin dal 1950 alle Nazioni Unite di non occuparsi del reinsediamento dei rifugiati nei paesi che li hanno accolti. Qualsiasi altra soluzione è aleatoria, e nessun problema di rifugiati al mondo, dal 1945 a oggi, è stato mai risolto col rimpatrio nel paese di origine. A tal punto giunse la pazzia palestinese che nella striscia di Gaza alcuni anni fa, un sacerdote cattolico fu ucciso dai terroristi islamici solo perchè aveva fatto arrivare l’acqua corrente in un campo profughi.
Nello stesso Messaggio finale si rivendica per il popolo palestinese «una patria indipendente e sovrana [...] nella dignità e nella stabilità». Si concede con chiarezza che lo Stato d’Israele «potrà godere della pace della sicurezza all’interno delle frontiere internazionalmente riconosciute». Quindi, in modo preciso si rivendica «un giusto statuto» per la Città Santa di Gerusalemme», perché sia salvaguardato il «suo carattere particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni ebraica, cristiana e mussulmana».
Secondo Dall’Oglio «molti Palestinesi pensano che bisogna rinunciare all’“autonomia” visto che l’attività di colonizzazione sionista l’ha svuotata di ogni pertinenza». L’Autore non precisa chi siano questi Palestinesi nè si pone la domanda come procedere nel processo di pace fra Israele e i Palestinesi se si vuole rinunciare agli accordi di Oslo. Egli ricorda anche il paragrafo 11: «Noi condanniamo la violenza e il terrorismo, di qualunque origine e qualsiasi estremismo religioso». Belle dichiarazioni del Sinodo che si astiene dal precisare da dove venga il terrorismo.
Esaminando il Messaggio finale, l’Autore cita alcune parole sull’eguaglianza tra i cittadini e sul piano di Dio che cristiani e mussulmani vivano insieme. Non è chiaro però cosa faranno i cattolici per evitare il ripetersi degli assasinii da parte degli islamici. Temo che le frasi come quella citata «diciamo ai nostri concittadini mussulmani: siamo fratelli e Dio ci vuole insieme» non basteranno per convincere gli oltranzisti islamici a smettere di uccidere i cristiani.
Dall’Oglio ricorda i «martiri d’Algeria, monaci trappisti, latini in ambiente nord-africano agostiniano», «e ritiene che se fossero stati in Siria» si sarebbero fatti adottare da una Comunità orientale». Insomma nello stillicidio continuo di cristiani uccisi da terroristi islamici, la colpa alla fine è dei cristiani. Egli si erge contro quei monaci che si preoccupano di «tradurre in Arabo la liturgia benedettina, invece che esplorare le ricchezze dell’Oriente monastico». Si potrebbe dedurre da queste parole che se si fossero dedicati a scoprire l’Oriente monastico, gli islamici riconoscendoli come cittadini, li avrebbero rispettati. Se non fosse tragico sarebbe comico verificare fin dove arriva l’ingenuo filo-islamismo di questo autore.
In un capitoletto intitolato Novembre 2010. I martiri di Bagdad, l’autore ricorda l’eccidio di oltre 50 civili inermi nella Chiesa di Bagdad. La distorsione continua della sua mente lo porta a scrivere: «il sangue cristiano si mescola con quello dei troppi iracheni assassinati e torturati in questo osceno conflitto nel quale l’Occidente resta implicato». Senza dirlo espressamente egli lascia presumere l’implicazione dell’Occidente, come già avvenne secondo lui per gli iracheni assassinati. Insomma il terrorismo islamico può fare quello che vuole, ma non sarà mai messo sotto accusa da Dall’Oglio e dai suoi compagni.
Si potrebbe immaginare che tale cecità derivi da un calcolo politico, ossia accarezzando i terroristi islamici costoro diventerebbero più mansueti o si asterranno dall’uccidere gli amici cristiani e si dirigeranno altrove. Ma la realtà dimostra che questi pii desideri non hanno nessun fondamento e i terroristi islamici continuano ad uccidere i cristiani senza tenere in nessun conto le parole di Dall’Oglio. La rete delle amicizie inter-religiose non salverà nessuno.
L’autore passa ad esaminare rapidamente i moti rivoluzionari in Egitto e in Tunisia e dall’Egitto non poteva fare a meno di passare a Israele. Egli scrive «trema lo Stato sionista e con ragione. La carta dell’estremismo islamico non si potrà più giocare come prima. È il momento di decidersi per la pace nell’equità o di prepararsi al tramonto. La storia ormai corre». Bisogna deludere l’Autore, Israele non trema per i moti rivoluzionari arabi ma giustamente si interessa a qualsiasi cambiamento repentino. Nei moti arabi della Tunisa, dell’Egitto, dello Yemen e della Siria, Israele spiccava per la sua assenza. Evidentemente i problemi sono di natura interna araba e Israele non c’entra ma Dall’Oglio se la prende sempre e solo con Israele. Dalla sua frase dovremmo capire che Israele gioca la carta dell’estremismo islamico. Secondo il Centro Studi Al Ahram del Cairo, un terzo circa dei manifestanti in piazza Tahrir al Cairo, appartenevano ai Fratelli Mussulmani. Definire in blocco i giovani egiziani come «profondamente anti-israeliani e gelosi della loro identità mussulmana» non ha nessuna base se non l’odio viscerale di Dall’Oglio contro Israele.
Quando si osserva che cosa sta avvenendo in Siria oggi (luglio 2011), è leggermente ironico leggere le sue parole: «in Siria non prevediamo sconvolgimenti». È vero: nemo propheta in patria. Certo non a tutti è data la profezia ma chi ne manca farebbe meglio a non azzardare previsioni che vengono smentite dalla realtà nel giro di poche settimane. Come è noto Israele si è astenuto dal pubblicare qualsiasi commento ai disordini siriani astenendosi dall’intervenire sia pure solo verbalmente nel conflitto interno siriano. Ma per Dall’Oglio non è possibile lasciare Israele fuori dalle sue considerazioni. Egli scrive a proposito della Siria: «senza contare Israele, che ha mostrato in tutti questi anni di non saper fondare la sua sicurezza sul benessere e la libertà dei suoi vicini». Cosa c’entra Israele con le sommosse di Hama?
Se venisse da un altro pulpito, la predica di Dall’Oglio sembrerebbe ironica quando scrive: «è possibile costruire gradualmente una società democratica e pluralista, capace di garantire i diritti delle minoranze religiose ed etniche e la dignità di tutti». Gli Stati arabi fino ad oggi non sono stati capaci di costruire la democrazia nè di garantire la dignità di tutti i loro cittadini. I suoi sogni non hanno nemmeno un appiglio nella realtà del Medio Oriente. Diecine di cadaveri di cittadini siriani che anelavano alla libertà, sono sparsi nelle strade delle città siriane e stanno a dimostrare come il regime attuale protegga i diritti delle minoranze che in questo caso potrebbero essere la maggioranza della popolazione.
L’autore cita l’analisi del Patriarca egiziano Copto cattolico Antonios Naguib che ha detto: «I Fratelli Mussulmani sono partiti da un’ideologia che promuoveva il rinnovamento dell’Islam per tornare alla purezza delle origini. [...] Ma poi le cose si sono evolute. Anche all’interno dei Fratelli Mussulmani si sono create diverse ramificazioni, i diversi gruppi spesso prendono strade diverse e si scontrano. Non posso essere messi tutti nello stesso sacco». Su questo siamo d’accordo.
L’autore scrive che il prossimo Sinodo è previsto per l’Ottobre del 2012 e conclude con questa frase sibillina: «se la questione della relazione costruttiva con i fedeli di altre religioni non sarà dinamicamente armonizzata con l’esigenza della trasmissione della fede, allora i cristiani orientali si troveranno nel loro contesto ancor più in condizione di precarietà teologica e di estraneità socio-culturale».
Come queste parole potranno aiutare i cristiani del Medio Oriente a salvare la propria vita e la propria fede di fronte al fondamentalismo islamico? Ai posteri l’ardua sentenza.

Note:

1 Marco Politi, Ratzinger, svolta sull’Islam Prima i diritti Umani, in «La Repubblica», 29 aprile 2006.
2 Il neonato governo libanese e la pietra d’inciampo del Tribunale internazionale, in «Medarabnews», 6 luglio 2011.
3 Giovanni Sale SJ, Le Guerre israelo-libanesi e lo sviluppo di Hezbollah, in «La Civiltà Cattolica», Quaderno n. 3856, 19 febbraio 2011.
4 Sergio Minerbi, Il Vaticano e i quaranta giorni della Basilica della Natività, in «Nuova Storia Contemporanea», VII, n.1, gennaio-febbraio 2003, pp.131-144.
5 «Avvenire», 4 giugno 2010
6 Paolo Rodari, Per il vescovo di Smirne è un omicidio religioso. Il Papa malconsigliato, in «Il Foglio», 11 giugno 2010.
7 Vaticano.va, Synodus episcoporum, assemblea speciale per il medio oriente del Sinodo dei vescovi, 10-24 ottobre 2010, Paragrafo: I. La Chiesa nel Medio Oriente: comunione e testimonianza attraverso la storia.
8 Vaticano.va, Viaggio apostolico di sua santità Benedetto Xvi a München, Altötting e Regensburg (9-14 settembre 2006), incontro con i rappresentanti della scienza discorso del santo padre, Aula Magna dell’Università di Regensburg, martedì, 12 settembre 2006.
9 Vaticano.va, Viaggio apostolico di sua santità Benedetto Xvi in Turchia, 28 novembre – 1 dicembre 2006.
10 Paragrafo n.8, Dominus Jesus.
11 Sergio Minerbi, È preferibie un dialogo ebraico-islamico piuttosto che un trialogo ebraico-cristiano-islamico (in ebraico), in «Kiwunim Hadashim», n.14, giugno 2006, pp. 46-56.
12 Cattolici per Israele, www.israelcatholic.com.


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