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Informazione Corretta Rassegna Stampa
12.04.2012 Gerusalemme, la convivenza con gli arabi e l'aumento della loro violenza
analisi di Mordechai Nisan, Michael Freund

Testata: Informazione Corretta
Data: 12 aprile 2012
Pagina: 1
Autore: Mordechai Nisan - Michael Freund
Titolo: «I problemi di Gerusalemme - E' ora di ostacolare la violenza araba a Gerusalemme»

Su THE JERUSALEM POST, due articoli, apparentemente di contenuto diverso l'uno dall'altro, entrambi però mettono al centro la capitale, Gerusalemme, con i suoi problemi. La convivenza con gli arabi, quello di Mordechai Nisan, in una prospettiva storica, e l'aumento della violenza araba contro gli ebrei in quello di Michael Freund, il quale è molto meno ottimista di Nisan sulle strategie di sicurezza messe in atto dalla amministrazione israeliana.


Gerusalemme, il Kotel

Ecco le due analisi: 

 I problemi di Gerusalemme
di Mordechai Nisan
da: The Jerusalem Post, conferenza tenuta al Begin Heritage Center il 14 Marzo 2012
(Traduzione di Yehudit Weisz)


Mordechai Nisan

A diplomatici e uomini di governo è sfuggita una soluzione soddisfacente e consensuale, dal punto di vista politico, dei problemi di Gerusalemme. La Commissione britannica Peel del 1937 aveva raccomandato la soluzione dei "due stati" in una terra che comprendesse uno stato ebraico e uno arabo, con l'intera Gerusalemme sotto l’amministrazione della autorità britannica. Nel 1947 la "Risoluzione delle Nazioni Unite per la Spartizione" propose  che Gerusalemme fosse un’entità separata sotto un’amministrazione fiduciaria internazionale, escludendo così sovranità degli Stati ebraico e arabo. Quando la guerra tra Israele e la Giordania si concluse a Gerusalemme alla fine del 1948, la città venne effettivamente divisa tra Gerusalemme Ovest, ebraica e Gerusalemme Est, araba. Ma questo fu il risultato di una guerra e non una proposta per la pace.

La separazione della città in due parti non impedì al governo israeliano di dichiararla capitale dello Stato, né fu di ostacolo alla crescita demografica degli ebrei, che da 100.000 raggiunsero il doppio nel 1967. Nel frattempo la Giordania diede prova di violare sistematicamente gli obblighi definiti dagli accordi di pace, distruggendo sinagoghe e profanando il cimitero del Monte degli Ulivi, impedendo agli ebrei l’accesso al Muro Occidentale, mentre i cecchini sparavano ai residenti ebrei e sulle abitazioni di Gerusalemme, adiacenti alla Città Vecchia.

La liberazione di Gerusalemme est nella Guerra dei Sei Giorni portò all’unificazione della città sotto la sovranità ebraica e al rispetto delle leggi israeliane. Per rafforzare il controllo ebraico e la sua presenza da una parte all’altra delle linee del precedente armistizio che dividevano la città, si possono individuare due periodi nei progetti di costruzione e nell’espansione demografica ebraica.

Il sindaco Teddy Kollek, volendo realizzare il progetto del Primo ministro Levi Eshkol, programmò la ricostruzione del Quartiere Ebraico nella Città vecchia e lo sviluppo di nuovi vasti quartieri ebraici, come Gilo e Armon HaNatziv alla periferia Sud della città, Ramat Eshkol e la Collina French adiacenti all’ex linea di confine, Neve Ya’akov e Pisgat Ze’ev al Nord. Questo progetto urbano realizzava l’incorporazione l'espansione delle zone limitrofe della Gerusalemme unita, ma senza alterare il carattere delle zone residenziali separate tra ebrei e arabi.

Sotto i sindaci che si succedettero - Olmert, Lupolianski e Barkat - una concezione supplementare e alternativa guidò l’espansione ebraica nella città, attraverso l’affermazione di una  presenza ebraica nelle aree abitate dagli arabi: agevolare l’acquisto di proprietà ebraiche o talvolta il riacquisto di case in precedenza ebraiche, nei quartieri arabo e cristiano della Città Vecchia, sviluppare la Città di David a Silvan/Hashiloach, come a Sheikh Jarrah/Shimon Hazaddik, con piccoli gruppi di ebrei a A-Tur/Monte degli Ulivi, a AbuTor, a Beit Orot/Monte Scopus, a Ras al-Amud/Ma’ale Zeitim, e a Beit Nissan Beck/Giorgia, quartiere di fronte alla Porta di Damasco/Shechem della Città Vecchia.

Questi e altri siti, che furono progettati per avere una presenza ebraica in Gerusalemme est, dal punto di vista politico rendono impossibile un futuro ritiro di Israele dalle zone a est della città.

Nel 2012 la popolazione di Gerusalemme è di circa 750.000 persone, di cui due terzi ebrei e un terzo arabo. La superiorità demografica ebraica a Gerusalemme andò di pari passo e fu resa possibile dalla debole politica palestinese. Gli arabi della città, mentre godevano della condizione di residenti, della gamma di diritti e garanzie sociali e delle opportunità per un benessere diffuso, non hanno mai organizzato un’effettiva campagna contro quel che loro, in modo denigratorio, definiscono “occupazione israeliana”. Per l’Autorità palestinese, gli accordi di Oslo non avevano riconosciuto alcun ruolo politico a Gerusalemme est, mentre il muro di separazione aveva effettivamente tagliato fuori la popolazione araba di Gerusalemme dal suo hinterland della West Bank.

La politica aperta di Israele verso Gerusalemme e i processi geo-demografici degli ultimi decenni hanno dimostrato che la città è unita, dal punto di vista sia politico che amministrativo. Ma la popolazione araba sceglie di non andare a votare alle elezioni municipali per il timore di fornire legittimità al governo di Israele, e questo, a maggior ragione, delega Israele a imprimere realmente il suo monopolio politico sull’ intera città. Questo sviluppo dialettico rivela profonde intuizioni sulla sottile dinamica degli eventi. Israele esercita di fatto una sovranità sulla città, non diversa dalla Gerusalemme del 1980: la Legge Fondamentale (Basic Law) tuttora concede ai musulmani l'autorità sul Monte del Tempio. I palestinesi da parte loro godono della più ampia libertà di movimento e di espressione, malgrado abbiano scelto una situazione paralizzante di depoliticizzazione collettiva.

Le infrastrutture e i servizi municipali, incluse le strade di accesso e il sistema idrico, operano in modo unificato e centralizzato. La popolazione è mista, la vicinanza dei quartieri arabi a quelli ebraici e la frequentazione araba dei centri commerciali e dello Zoo biblico, attestano che c’è un contatto umano quotidiano tra le due popolazioni, e che un’aria di normalità caratterizza la città.

La prospettiva è quindi il controllo di Israele per il prossimo futuro. Per Israele rinunciare a una qualsiasi parte di Gerusalemme e permettere ai palestinesi di eleggere la propria capitale nella città, significherebbe l’annullamento dell’anima del popolo ebraico. La sovranità palestinese su Gerusalemme est, non meno di un riconoscimento ufficiale di controllo islamico sul Monte del Tempio,  scatenerebbe proteste e azioni terroriste musulmane in tutto il paese.

Per Israele rinunciare a qualsiasi parte di Gerusalemme esporrebbe gli ebrei della città a gravi minacce alla loro sicurezza e al terrorismo. La tutela fisica dei residenti ebrei, che verrebbe messa a rischio, dipende dalla forte presenza della polizia israeliana da un capo all’altro di Gerusalemme, e in entrambe le zone, a est e a ovest. Altrimenti, le sparatorie arabe da Shuafat a Pisgat Ze’ev, o il lancio di pietre degli arabi di Issawiya contro le auto di ebrei sulla strada verso Ma’ale Adumim, non potrebbero essere impedite o contenute.

Un attacco palestinese  su Rehov Yafo, in pieno centro, non verrebbe fermato se le forze di sicurezza israeliane non operassero nella parte orientale della città, dove il terrorista andrebbe a nascondersi. L’assassino che nel 2008 uccise gli otto studenti della Merkaz HaRav Yeshiva nella parte ovest di Gerusalemme, fu arrestato più tardi a Yebl Mukaber, quartiere che confina con Armon HaNatziv nella Gerusalemme est. La conclusione obbligatoria è che al fine di garantire la sicurezza di Gerusalemme ovest, centro pulsante di vita ebraica, Israele deve mantenere  alla stessa stregua il suo controllo su Gerusalemme est.

Esiste ancora un altro aspetto che riguarda la vulnerabilità degli interessi ebraici, e che concerne gli antichi siti religiosi, come il cimitero del Monte degli Ulivi. Il vandalismo palestinese, già oggi insopportabile, si trasformerebbe in una furia distruttiva in assenza di un controllo israeliano.

Il popolo ebraico è tornato a vivere nella sua capitale storica e spirituale, mentre Israele sta soddisfacendo in pieno il  mandato nazionale nel governare e sviluppare la Grande Gerusalemme. Questa è una benedizione che molti maledicono, ma è una benedizione il cui splendore diffonde la sua luce su tutti i popoli e su tutte le fedi, di modo che abitanti, turisti e pellegrini, possano assaporare libertà e sicurezza, prosperità e cultura nella Città Santa.

E' ora di ostacolare la violenza araba a Gerusalemme
di Michael Freund
(da The Jerusalem Post, traduzione di Yehudit Weisz)


Michael Freund

Nelle ultime settimane il cuore della capitale Israeliana è diventato un luogo sempre più pericoloso per gli ebrei. Sia i residenti che i turisti sono stati oggetto da parte degli arabi locali di una serie di inquietanti attacchi, atti vandalici,  lancio di pietre, l’incendio di veicoli e di altre proprietà. Ancora più preoccupante è il fatto che molti di questi reati sono avvenuti alla luce del sole, un segnale che gli esecutori non sono per nulla preoccupati di possibili reazioni delle locali forze dell’ordine.

L’intensificazione di questi assalti sempre più audaci minaccia direttamente la sovranità di Israele e il principio di legalità, occorre prendere urgenti decisioni per dare un giro di vite alla violenza araba a Gerusalemme prima che sia troppo tardi.

Il 13 febbraio scorso è avvenuto uno degli incidenti più gravi, quando due impiegati civili del Ministero della Difesa furono quasi linciati da una banda di giovani arabi vicino al Monte Scopus a Gerusalemme. Da quanto è stato riferito, gli israeliani si trovavano bloccati nel traffico, quando la loro auto fu improvvisamente attorniata da arabi e colpita ripetutamente da pietre. Il guidatore fu gravemente ferito alla testa da un pesante sasso che penetrò attraverso il parabrezza. I due riuscirono a malapena a salvarsi. Questo episodio non è avvenuto a Gaza o a Tulkarm, ma a Gerusalemme. Gli assalitori non furono mai presi, e sembra che sia stato fatto poco per acciuffarli.

Ma era solo una questione di tempo, perchè un altro grave incidente è accaduto lunedì scorso. Ecco cosa è successo.  Un israeliano stava guidando nel quartiere di Wadi Joz a Gerusalemme, quando improvvisamente decine e decine di arabi tempestarono la sua auto con pietre e blocchi di cemento.  Anche lui, quando il parabrezza andò in frantumi, fu colpito e un’ambulanza lo ha traspostato all’Ospedale Hadassah Ein Kerem.

Più tardi, il portavoce della polizia, Mickey Rosenfeld, suggerì alcuni sorprendenti consigli agli automobilisti israeliani. Parlando con Arutz Sheva, ha detto che gli automobilisti dovrebbero fare attenzione alla propria sicurezza  prima di entrare nei “quartieri sensibili”, e verificare se sono sufficientemente protetti. In altri termini, non possiamo più pensare che tutta Gerusalemme, la nostra capitale, sia in realtà sufficientemente sicura per gli automobilisti ebrei.

Questa è una stupefacente ammissione di incapacità da parte della polizia. Significa che ha quasi perso il controllo delle strade in vari quartieri di Gerusalemme e che non potrà più garantire la sicurezza dei cittadini che hanno bisogno del suo aiuto. Un altro segno dell’inefficenza della polizia l'abbiamo vista  sotto forma di un’inserzione pubblicitaria, pubblicata la settimana scorsa dall’attivista Arieh King dell’Israel Land Fund, nella quale cercava dei volontari che lo aiutassero a sgombrare, su ordine del tribunale,  una casa a Gerusalemme occuopata illegalmente da degli squatters palestinesi. Un magistrato del tribunale di Gerusalemme recentemente aveva scoperto che dei palestinesi avevano vissuto illegalmente in una casa per un decennio, anche se questa era di proprietà di un ebreo britannico. Il giudice aveva dato loro l’ordine di andarsene il 1° marzo e di pagare 125.000 shekel per i danni. Incredibilmente, la polizia scelse di disubbidire all’ordinanza del tribunale annullando lo sgombero,  con la scusa che il giorno prima era stato programmato a Washington un incontro  tra il Primo Ministro Binyamin Netanyahu e il Presidente degli USA Barack Obama. King, dopo aver ricevuto la nuova data del 30 marzo per lo sgombero dei palestinesi, aveva fatto ripetute richieste alla polizia per assicurarsi che cessasse l'occupazione. Dato che non ebbe alcuna risposta dalla polizia, King decise allora di pubblicare l’inserzione, in cui comunicava che se i poliziotti non erano in grado di svolgere le loro funzioni, non rimaneva altro che sostituirsi ad essi. E’ difficile biasimare King per la sua frustrazione. Dopotutto, il lavoro della polizia è quello di far rispettare la legge, non di ostacolarla.

Ancora peggio, i poliziotti hanno talmente fallito nel contenere la violenza mirata contro gli ebrei, che la notizia, divenuta così frequente,non merita quasi più spazio sui giornali. Domenica scorsa, per esempio, degli arabi avevano lanciato una bomba incendiaria su una casa israeliana nel quartiere gerosolimitano di Ma’ale Zeitim: l’incidente venne riportato solo da qualche media.

Questa situazione sta diventando intollerabile.  A  Gerusalemme è scoppiata la guerra nelle strade , con gli arabi  che cercano di impaurire gli ebrei in molti quartieri. Israele non può e non deve permettere che l’illegalità e l’impunità abbiano il sopravvento. Occorre prendere delle misure al fine di garantire che tutta Gerusalemme sia sicura per gli ebrei.

Tanto per incominciare, la polizia deve aumentare in modo significativo la sua presenza da un capo all’altro della parte est della città, aumentando le pattuglie e rispondendo con prontezza a qualsiasi esplosione di violenza. I giovani che lanciano pietre dovrebbero essere puniti con il massimo della pena consentito dalla legge. Le pietre sono un’arma pericolosa. Possono menomare, ferire o uccidere, e coloro che le lanciano dovrebbero essere trattati come meritano.

Due mesi fa, il Ministro per la Pubblica Sicurezza, Yitzak Aharonovitch, ha annunciato che verrà attivata una nuova stazione di polizia sul Monte degli Ulivi per ostacolare il vandalismo arabo sulle tombe del cimitero ebraico, e proteggere nel contempo i visitatori ebrei. La stazione avrebbe dovuto essere inaugurata il mese scorso, ma, ad oggi, non è ancora pronta. Inaugurarla subito significherebbe inviare un messaggio forte, che dimostrerebbe che la polizia è seriamente impegnata nell’imporre l’ordine.

La violenza araba contro gli ebrei di Gerusalemme est è pericolosamente vicina ad essere fuori controllo. Bisogna bloccarla adesso, prima che essa diventi letale.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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