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Il Foglio Rassegna Stampa
11.04.2012 Afghanistan e Pakistan, talebani sempre più potenti grazie ai governi ?
Ci si può fidare di Hamid Karzai e Imran Khan ?

Testata: Il Foglio
Data: 11 aprile 2012
Pagina: 3
Autore: Daniele Raineri - Redazione del Foglio
Titolo: «In Afghanistan e Pakistan si prepara un brutto doporitiro - E’ il momento giusto per il playboy Khan (e i servizi segreti)»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 11/04/2012, a pag. 3, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " In Afghanistan e Pakistan si prepara un brutto doporitiro ", l'articolo dal titolo "E’ il momento giusto per il playboy Khan (e i servizi segreti)  ".
Ecco i pezzi:

Daniele Raineri - " In Afghanistan e Pakistan si prepara un brutto doporitiro"


Hamid Karzai

Roma. Domenica la guerra americana in Afghanistan ha raggiunto un punto di svolta fondamentale. Dopo due anni di trattative, Washington ha raggiunto un accordo con Kabul sui temutissimi raid notturni delle forze speciali: da ora in poi dovranno essere autorizzati con tre giorni d’anticipo da uno speciale panel formato da giudici afghani. Il comando, durante le operazioni, è affidato a ufficiali afghani. In casi speciali, per esempio quando si rischia di perdere le tracce di ricercati importanti, i giudici possono concedere il mandato dopo il raid, ma se non lo concedono chiunque sia stato catturato durante l’operazione deve essere liberato. Gli americani si sono riservati una scappatoia nell’accordo: squadre speciali addestrate e comandate dalla Cia possono ancora agire fuori da questa giurisdizione, in modo che una nuova ipotetica operazione Neptune Spear contro un Osama bin Laden nascosto in Afghanistan non debba passare per forza attraverso la concessione di un mandato da parte di magistrati di Kabul con 72 ore di anticipo. L’accordo arriva, come sperato da entrambe le parti, prima dell’importante conferenza di pace di Chicago del 20 maggio. Più che i bombardamenti con vittime civili, sono le incursioni notturne ad avere provocato negli anni le reazioni più sdegnate e le proteste più violente da parte degli afghani e del governo contro l’America. Non si tratta di raid occasionali: ogni notte squadre speciali a bordo di elicotteri atterrano a poche decine di metri dalle case di sospetti leader di medio livello della guerriglia e fanno irruzione, per portare via uno o due prigionieri verso i centri di detenzione. E’ un pressing fortissimo sui talebani, certe notti le missioni si contano a decine, nel solo 2011 sono state 2.200, e ci sono state vittime civili soltanto nell’1,5 per cento dei casi. La maggior parte dei raid sono compiuti assieme alle forze speciali afghane (che sono l’unica parte affidabile dell’esercito di Kabul). Ma i soldati sfondano porte ed entrano in case dove sono presenti anche donne e bambini e violano in un colpo solo le regole dell’islam e della tradizione afghana, almeno così il governo di Kabul sostiene le sue proteste. O forse è uno strumento di pressione troppo forte sui talebani, perché i raid seguono un modello elaborato nel 2006-2007 a Baghdad, fatto di intercettazioni, soffiate da fonti locali e interventi immediati che degradò il network di al Qaida in Iraq. Il passaggio sotto il comando afghano (con rischio di fughe di notizie) fa parte di una lunga serie di concessioni da parte dell’America che fino a un anno fa sarebbero sembrate impossibili. L’atmosfera è cambiata, l’orizzonte del ritiro s’avvicina, gli alleati europei si sono defilati sul campo e pensano soltanto al rimpatrio delle truppe, i disastri – come il rogo colposo di copie del Corano, il video dei marine che dissacrano i cadaveri, la strage di adulti e bambini del sergente impazzito – hanno reso l’Amministrazione Obama docile davanti a un presidente afghano, Hamid Karzai, intenzionato a riposizionarsi per il futuro e ad accettare che i talebani facciano parte della scena politica. Karzai ha già ottenuto il passaggio sotto le sue forze delle prigioni e dei detenuti ancora nelle mani degli americani, la cancellazione di ex talebani di spicco dalla lista delle sanzioni delle Nazioni Unite, l’annuncio di leggi sulle donne filotalebane. Ha chiesto la liberazione di leader della guerriglia dalla prigione di Guantanamo, ha detto che non ci sarà spazio per basi americane dopo il 2014 e ora ha ottenuto l’intesa sui raid notturni. Sta modellando la sua politica in modo da farsi trovare dalla fine della guerra in piena riconciliazione con il Mullah Omar. Senza rinunciare agli 1,4 miliardi di dollari che l’America e gli alleati si sono impegnati a versare per i prossimi dieci anni.

Redazione del Foglio - " E’ il momento giusto per il playboy Khan (e i servizi segreti)  "


 Imran Khan

Roma. Se a nord della Linea Durand che separa Afghanistan e Pakistan il presidente Hamid Karzai è sempre più cedevole con i talebani, che reclamano una spartizione del potere politico, a sud l’astro nascente della politica pachistana, Imran Khan, promette la stessa formula di governo: una bella faccia apprezzata a occidente – com’era anche Karzai il maestoso pashtun nel 2001 – che però è prontissima all’accordo con l’estremismo antioccidentale. Quest’inverno un comizio pubblico di Khan si è trasformato nell’adunata politica più grande della storia recente del Pakistan. La sua popolarità come uomo politico nel paese non è mai stata così alta. Alle elezioni per il posto di primo ministro, che sono previste per l’inizio del prossimo anno, c’è una ragionevole possibilità che prevalga sugli altri candidati, da tempo logorati da una scena politica che appare irrilevante accanto all’establishment militare e che è ridicolizzata per la sua corruzione. Khan guida un partito di centro, il Movimento pachistano per la Giustizia, che promette di risolvere i problemi del paese in soli novanta giorni. Ma è accusato di essere a libro paga dei servizi segreti militari, l’Isi, padrini dei talebani, e di essere troppo morbido e consenziente con gli estremisti. Il suo ingresso in politica è avvenuto sotto la tutela di Hamid Gul, il generale dei servizi che sponsorizzano i gruppi di combattimento arabi in Afghanistan dicendo che “se l’Europa ha la Nato, anche l’islam ha diritto a una sua brigata internazionale”. Da quando ha iniziato la sua nuova carriera, il leggendario capitano della nazionale di cricket ha cominciato ad attaccare i costumi corrotti dell’occidente, “che è in fallimento perché drogato da sesso e oscenità”, e “dalle ragazze grasse in minigonna” – cosa che non gli ha impedito di apprezzare da playboy le magre in minigonna, sulla favolosa scena mondana di Londra. Sposato con Jemima Goldsmith, da cui ha avuto due figli, l’ha poi lasciata, forse anche perché era un ostacolo troppo grande sulla via della sua ascesa politica: era mezza ebrea. Per anni ha tentato il colpo, ma è stato lasciato in disparte come outsider improbabile. Foreign Policy lo definì “il Ron Paul pachistano”, come il candidato americano che esce sempre sconfitto dalle primarie repubblicane: capace di attrarre attenzione con le sue posizioni eccentriche, ma non di creare elettori. Ora però il clima è cambiato: il ritiro americano dall’Afghanistan aprirà nuovi scenari e una faccia che non spaventi gli occidentali – che donano tanti aiuti a fondo perduto – ma che sia disponibile a trattare sottobanco con militari e islamisti è al posto giusto al momento giusto. “Khan ha più che un debole per i talebani afghani – raccontò anni fa un leader del suo stesso partito – pensa che la milizia religiosa abbia reso grandi servigi all’Afghanistan prima di diventare un bersaglio per gli americani”. Fu lui nel 2005 a scatenare in Pakistan il caso del Corano dissacrato a Guantanamo, con una conferenza stampa furente. Oggi non ha cambiato idea, e vuole il ritiro dei soldati dalla lotta contro i talebani pachistani, con i quali vorrebbe aprire “un dialogo”. A Newsweek dice di considerare la guerra al terrore nelle aree al confine con l’Afghanistan “come la definzione di pazzia data da Einstein: continuare a fare la stessa cosa più e più volte, aspettandosi risultati diversi. L’esercito pachistano sta uccidendo la sua gente, è il periodo più vergognoso della nostra storia. Abbiamo creato la guerriglia con le bombe e ne creiamo altra continuando a bombardare. La classe dirigente s’è venduta l’anima per denaro”.

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