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Il Foglio Rassegna Stampa
10.04.2012 Siria, nessuna tregua tra Assad e i ribelli
il regime continua con la repressione

Testata: Il Foglio
Data: 10 aprile 2012
Pagina: 3
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Davvero credete alla pace in Siria?»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/04/2012, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Davvero credete alla pace in Siria?".


Bashar al Assad

Mancano meno di quarantott’ore all’illusione di un cessate il fuoco tra esercito siriano e ribelli. Non funzionerà. Sono state fissate le date, le condizioni, le concessioni reciproche, sono stati convocati come sponsor i padrini internazionali, dalla Russia che sta con il regime di Damasco alla Turchia che appoggia l’opposizione, sono state date garanzie e promessi incontri. Ma il segno in Siria è stato passato. Non è il calendario il problema: è lo spessore dell’odio, e non si recupera. A contare non sono le manovre militari future, che potrebbero rompere l’accordo; sono piuttosto quelle appena finite a Homs e nel nord del paese, con accanimento contro i civili, che rendono in anticipo impossibile il cessate il fuoco. Il paese è stato a mollo nella violenza estrema per più di un anno: davvero c’è chi pensa che da ora in poi i sunniti bombardati dai carri armati nelle loro case, torturati, ammazzati per strada, trattati come animali, si accontenteranno di un compromesso politico che salvi la Siria dallo sprofondare un passo in più verso la guerra civile? Davvero c’è chi pensa che il potere alawita che si è retto malamente in bilico sulla repressione sarà capace di riconciliarsi con le sue vittime, e magari aprirsi a elezioni politiche e a nuovi partiti di maggioranza non più baathista, senza temerne la vendetta atroce ogni momento? Domenica è arrivato via Internet uno spezzone horror: i soldati gettano a pancia a terra un prigioniero, versano benzina sulla sua schiena, gli danno fuoco, gli tengono ferma la testa e lo sgozzano. Sarà difficile convincere quella famiglia araba ad accettare che il presidente Bashar el Assad continui a guadagnare altro tempo, promettendo riforme, giocando a fare il ritroso con le Nazioni Unite, concedendo interviste scollegate con la realtà. In testa ha il modello del padre Hafez, sterminatore di Hama trent’anni fa. I ribelli hanno in mente il modello Gheddafi, catturato e sbattuto come un pupazzo di stracci tra mani ostili, prima di essere finito con un colpo di pistola. Il cessate il fuoco, da entrambe le parti, è considerato un tirare il fiato. Ieri le guardie di confine siriane, esasperate dal viavai degli insorti, hanno sparato in territorio libanese – uccidendo un cameraman – e contro un campo profughi in Turchia, ferendo cinque siriani. Questo, e non la tregua immaginaria e la guarigione nazionale, verso orizzonti politici condivisi che non arriveranno mai, è lo scenario più probabile: la violenza della Siria si allargherà oltre i confini, coinvolgerà i vicini. Kofi Annan, inviato speciale delle Nazioni Unite, è stato volenteroso, ma otterrà soltanto una tregua. Scambiarla per una pace è impossibile. Crederla una soluzione a lungo termine – se mai comincerà, perché anche questo è in dubbio – è la ricetta per disastri maggiori.

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