Egitto, anche Omar Suleiman fra i candidati alle elezioni presidenziali cronaca di Daniele Raineri
Testata: Il Foglio Data: 10 aprile 2012 Pagina: 1 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Vecchia spia al Cairo»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/04/2012, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Vecchia spia al Cairo".
Omar Suleiman
Roma. A pochi minuti dalla scadenza fissata dalla commissione elettorale, nel pomeriggio di domenica, Omar Suleiman si è infine registrato: correrà anche lui come candidato alle elezioni presidenziali egiziane del 23 e 24 maggio. La notizia arriva di sorpresa, come per un ripensamento finale, dopo che un altro paio di annunci erano stati lanciati a vuoto e poi ritirati. Si tratta di tentennamenti inusuali per Suleiman, baffetti e cranio abbronzato, capo dell’intelligence per 18 anni a fianco del presidente Hosni Mubarak e anche suo vicepresidente (ma soltanto per pochi giorni l’anno passato, prima delle dimissioni del capo). Durante gli anni del potere, gli egiziani gli avevano affibbiato il nomignolo di Sceicco Tortura, perche guidava le forze di sicurezza in campagne di repressione spietate contro gli islamisti e anche contro ogni iniziativa politica che non fosse più che gradita al governo. A chi ora sostiene che la sua sia una candidatura senza speranze perché troppo compromessa con il vecchio regime, risponde di avere raccolto in un lampo più di centomila firme, quasi quattro volte il numero legale richiesto dalla commissione (cosa che invece non è riuscita all’unica candidata donna, Bouthaina Kamel). Suleiman rappresenta i cosiddetti felool, i resti mai andati via del trentennio di Mubarak. I generali al governo stanno con lui, non vogliono rischiare di finire in galera per le violenze commesse contro gli egiziani in piazza durante la rivoluzione, non vogliono che l’enorme settore d’affari nelle loro mani, quasi un terzo dell’economia pubblica coperto per legge militare da un opportuno manto d’opacità, sia esaminato dai contabili pubblici o che peggio ancora sia tassato, come invece potrebbe accadere se i Fratelli musulmani vinceranno la presidenza – dopo avere conquistato il Parlamento e la neonata Assemblea costituente. Il feldmaresciallo Mohammed Hossein Tantawi e l’attuale capo dell’intelligence, Mufad Murawi, considerano Suleiman l’ultima carta da giocare contro lo strapotere dei Fratelli. Anche perché le file dell’esercito sono già state infiltrate dalla Fratellanza fino ai livelli superiori e la carica del generale Tantawi – anch’egli sospettato a lungo di volersi candidare alla presidenza – scade tra pochi mesi. Dopo di lui potrebbe essere il turno di una generazione di ufficiali più incline all’accordo con gli islamisti. Suleiman ha anche l’appoggio della macchina dei media di stato, giornali e tv, e gode della simpatia silenziosa degli ex alleati internazionali di Mubarak, Stati Uniti e Israele, ma il bilancio delle forze gli è sfavorevole: da qui le sue esitazioni. Ieri una Commissione parlamentare ha approvato un disegno di legge ad personam “contro i collaboratori di Mubarak” che se diverrà legge lo eliminerà seccamente dalla corsa. La Fratellanza musulmana ha il problema opposto, si sente così forte da voler già rassicurare sulle proprie buone intenzioni in caso di vittoria, dopo avere tradito platealmente la promessa di non schierare un proprio candidato alle presidenziali. Una delegazione di Fratelli è volata in America per incontrare funzionari di alto livello della Casa Bianca, il vicesegretario di stato William Burns e l’assistente segretario Jeff Feltman, e per un tour delle università. Completi eleganti, inglese fluente (molti si sono laureati in America), presentazioni con Power Point. “Siamo qui perché riconosciamo il ruolo davvero importante degli Stati Uniti nel mondo e vorremmo che le nostre relazioni con loro fossero migliori di quanto lo sono ora”, hanno detto agli studenti della Georgetown University. “I nostri princìpi sono universali: libertà, diritti umani, giustizia per tutti. Queste sono le priorità del Partito della libertà e giustizia”. La Casa Bianca teme che un governo dei Fratelli potrebbe abbandonare gli accordi di pace di Camp David firmati con Israele nel ’79. Dal Cairo rassicurano, “rispetteremo tutti gli accordi internazionali”, ma avevano anche giurato che non avrebbero presentato un candidato alla presidenza. Nella corsa tra vecchio regime e Fratellanza rischiano di sparire i salafiti. Il loro candidato, Abu Ismail, carismatico,violentemente antioccidentale, con una vaga piattaforma populista e di tendenza antiautoritaria – si è schierato con la piazza fin dall’inizio – è stato eliminato dalla corsa perché dalla California è arrivata la notizia che la madre negli ultimi anni aveva preso la cittadinanza americana e aveva pure votato. E la legge egiziana esclude dal voto chi ha parenti stranieri (tempismo perfido dall’America: ora è tardi per candidare un altro).
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