La foto sulla spiaggia Roberto Riccardi
Giuntina Euro 15
Dal carro bestiame proveniente da Fossoli ed appena giunto sul marciapiede della stazione di Auschwitz scendono Simone Viterbo, la moglie Ester e la figlioletta Sara; nel momento in cui i militi delle SS li separano, gli uomini da una parte le donne dall’altra, le ultime parole di Simone alla moglie, che ha in braccio la piccola, saranno: “Non lasciarla mai”. Nei mesi successivi, fino alla liberazione ad opera dei sovietici, Simone cercherà disperatamente di avere notizie delle sue donne. Per tutto il romanzo questo piano narrativo drammatico si intreccia sapientemente con un altro, quello che vede sulla spiaggia di Polignano a Mare alcuni bambinetti crescere, estate dopo estate, lungo l'intero arco degli anni Cinquanta e diventare adulti: Nicola ed Alba, Carlo e Margherita. C’è nel romanzo di Roberto Riccardi, La foto sulla spiaggia (Giuntina), una costruzione narrativa a “montaggio alternato” che produce un gioco di rimandi fra gli orrori di Auschwitz e le dorate spiagge pugliesi nelle quali cominciano a risuonare le canzoni di San Remo in voga. Fin dall’inizio, i sogni notturni che Alba racconta alla madre con il cuore in gola spingono il lettore a connettere le due dimensioni narrative (“Sì. Eravamo alla stazione, c’era tanto rumore. Ti chiamavo, ma tu eri lontana, non sentivi. Poi sparivi, ed io rimanevo sola”). Poi i rimandi si infittiscono e vengono a costituire il centro tematico della vicenda. Il rapporto di confidenza e di fiducia fra Nicola, il nipote della serva Rosina, ed Alba, la figlia dei signori Manzari; le vicende delle buone famiglie borghesi di Bari, che si ritrovano d’estate nelle loro ville al mare; i dissesti economici di alcune e le beghe per maritare i figli di altre; gli amori e i disamori dei ragazzi: tutto comincia a ruotare attorno ad una foto che Nicola ha trovato nella villa dei Manzari, “la foto sulla spiaggia” di una famiglia di ebrei. E cominciano anche quelle che sembrano delle aporie testuali: più si va avanti nella lettura, più si ha l’impressione che qualcosa non torni nella relazione fra la vicenda del lager e la vicenda barese del dopoguerra. Invece che illuminarsi fra loro, le due vicende sembrano percorse da una contraddizione insanabile. Poi la contraddizione si scioglie nell’ultimo decisivo capitolo. Perché lo scrittore, come il mago Prospero nella Tempesta di Shakespeare, sa che gli spiriti evocati possono svanire, “sfatti come fantasmi nell’aria sottile”, e che la materia letteraria è della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni”.
Alessandro Castellari
La Repubblica Ed Bologna