Memoriale italiano ad Auschwitz, un padiglione del quale vergognarsi Per fortuna è sotto rifacimento
Testata: Il Venerdì di Repubblica Data: 06 aprile 2012 Pagina: 37 Autore: Paolo Fantauzzi Titolo: «Ad Auschwitz un'Italia senza memoria»
Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 06/04/2012, a pag. 37, l'articolo di Paolo Fantauzzi dal titolo "Ad Auschwitz un'Italia senza memoria".
Il Memoriale italiano ad Auschwitz era un padiglione di cui vergognarsi, tutto un inno all'ex Unione Sovietica, di ebrei italiani deportati quasi nulla. Il fatto che sia sotto rifacimentoè un qualcosa di cui rallegrarsi. Per maggiori informazioni, cliccare sul link sottostante http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=110&id=39323
Ecco il pezzo di Festorazzi:
Alla realizzazione del Memoriale che ricorda gli italiani morti ad Auschwitz, voluto dall'associazione degli ex deportati, parteciparono negli anni Settanta grandi nomi della cultura. Due di loro, Primo Levi e l'architetto Lodovico di Belgiojoso, nei lager nazisti erano stati prigionieri. Eppure l'installazione, già chiusa dall'estate scorsa, ora rischia anche lo smantellamento. Il direttore del museo sorto nel campo, Piotr Cywinski, è stato chiaro: "Non esistono ragioni per mantenere un memoriale la cui essenza è una pura espressione artistica priva di qualsivoglia valore educativo". Il motivo? La mancanza di pannelli didattici che spieghino la deportazione. E certo, come qualcuno ha fatto notare, le ricorrenti falci e martello, in un Paese che ha subito mezzo secolo di socialismo reale (lo stesso Cywinski è figlio di un esiliato politico), non aiutano. In effetti il Memoriale è pensato per parlare al cuore più che alla testa: il visitatore cammina nella claustrofobica spirale di Belgiojoso, legge il testo di Primo Levi, ascolta Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz di Luigi Nono e guarda le tele simboliste di Pupino Samonà che ripercorrono la storia d'Italia, dal nero del fascismo al rosso bianco-giallo della Liberazione, a rappresentare il movimento socialcomunista, quello cattolico e l'ebraismo. L'Accademia di Brera ha proposto un restauro "integrativo" che però ha trovato fredda la direzione del museo. Poteva essere un punto di partenza per giungere a un compromesso, ma il governo Berlusconi, allora in carica, non si spese più di tanto, limitandosi a cercare un sito alternativo: il campo di concentramento di Fossoli. All'Istituto centrale del restauro è stata anche chiesta una relazione sul costo delle operazioni. Con meno di centomila euro e un paio di camion, nel giro di tre settimane l'opera sarebbe in Italia. Resta il punto: si può smontare e assemblare altrove un'istallazione così legata al luogo in cui è stata concepita? Ora il Consiglio superiore dei Beni culturali ha chiesto al ministro Lorenzo Ornaghi di prendere in mano la situazione, ma forse è troppo tardi. Nell'ultima riunione tecnica, il consigliere diplomatico lo ha detto esplicitamente: ormai non c'è possibilità di ricomporre la questione col governo polacco né alternativa alla rimozione della struttura. Negli ultimi anni altre nazioni, come la Francia, hanno aggiornato i loro padiglioni, il Belgio l'ha integrato con le foto di oltre 18 mila deportati, la Russia ha avuto col museo una disputa durata anni. In quello italiano, finché era aperto, mancava la musica, l'impianto luci era danneggiato, le finestre (pensate per interloquire con l'opera) erano chiuse e il testo di Levi non veniva nemmeno più distribuito. I Paesi "esclusi" da anni scalpitano per avere uno spazio ad Auschwitz, il nostro ha abdicato all'idea di coltivare la memoria del passato.
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