Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 05/04/2012, a pag. 18, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Stati Uniti, la mente dell’11 settembre verso il patibolo".
Maurizio Molinari
L’amministrazione Obama dà luce verde al processo militare nella base di Guantanamo per cinque terroristi di Al Qaeda accusati di aver orchestrato gli attacchi dell’11 settembre 2001, schiudendo le porte alla loro possibile condanna a morte.
La decisione, annunciata ieri dal Pentagono, porta alle estreme conseguenze il capovolgimento delle posizioni della Casa Bianca su Guantanamo. Se durante la campagna elettorale del 2008 Barack Obama si era impegnato a chiudere Guantanamo, una volta eletto aveva ammesso l’impossibilità di farlo a causa dell’opposizione del Congresso al trasferimento degli ultimi detenuti in carceri sul territorio americano. Il tentativo seguente, nel 2010, è stato di far svolgere i processi ai responsabili dell’11 settembre davanti a tribunali civili negli Stati Uniti ma anche in questo caso le resistenze del Congresso, dei militari e della comunità dell’intelligence hanno obbligato la Casa Bianca a mutare direzione. In particolare il ministro della Giustizia Eric Holder imputa l’impossibilità di celebrare il processo civile all’opposizione del Congresso a «finanziare il dibattimento nel tribunale di New York», dove in realtà anche il sindaco Michael Bloomberg si era opposto invocando motivi di sicurezza.
Fallita ogni altra strada, alla Casa Bianca non è restata altra alternativa che tornare sul binario già stato scelto dall’amministrazione Bush ovvero far processare da un tribunale militare a Guantanamo i cinque detenuti di Al Qaeda coinvolti nella progettazione e realizzazione degli attacchi che costarono la vita a 2976 persone a New York, Washington e sul prato di Shanksville in Pennsylvania. Si tratta di Khalid Sheik Mohammed, ideatore degli attentati con gli aerei dirottati, del nipote pachistano Ali Abdul Aziz Ali, degli yemeniti Ramzi Binalshibh e Walid bin attash e del saudita Mustafa al-Hawsawi. Entro 30 giorni inizierà il processo nella base militare Usa sull’isola di Cuba e, come il Pentagono conferma, gli imputati rischiano la pena capitale. Tutti e cinque sono stati detenuti fino al 2006 in prigioni segrete dell’intelligence e i codici militari impediscono di considerare prove le dichiarazioni fatte durante interrogatori svolti con la tecnica del «waterboarding», l’affogamento simulato equiparato alla tortura dall’amministrazione Obama. Ma ciò non toglie che gli avvocati difensori si preparano a dare battaglia proprio sulla detenzione segreta, considerandola illegittima al punto tale da viziare la legalità dell’intero procedimento. Ciò significa che la procura militare del Pentagono di Leon Panetta si troverà a dover difendere in aula le pratiche adottate dall’amministrazione Bush, per poter arrivare alla condanna degli imputati. L’Unione delle libertà civili sale sulle barricate: «Qualsiasi verdetto verrà emesso dalle commissioni militari di Guantanamo sarà macchiato da un procedimento ingiusto».
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