Si moltiplicano le dimissioni nella sezione libanese di al Jazeera i giornalisti migrano ad al Mayadeen tv stanchi della censura del Qatar. Cronaca di Susan Dabbous
Testata: Il Foglio Data: 28 marzo 2012 Pagina: 1 Autore: Susan Dabbous Titolo: «Litigi in al Jazeera»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 28/03/2012, a pag. 1-I, l'articolo di Susan Dabbous dal titolo " Litigi in al Jazeera ".
Al Jazeera, al Mayadeen tv
Beirut. Per essere uno che non rilascia interviste, Hassan Shaaban parla molto. E’ l’ultimo dimissionario eccellente ad aver lasciato l’ufficio di al Jazeera a Beirut: fino a pochi giorni fa ricopriva la carica di amministratore delegato. Prima di lui se n’era andato Ali Hashem, giovane giornalista che si sarebbe visto censurare un suo servizio con immagini forti “sull’uccisione di soldati dell’esercito regolare siriano da parte dall’opposizione armata”. Ma ad aprire le polemiche, in principio, fu Ghassan Bin Jeddo, lo storico anchorman tunisino che lasciò il 23 aprile 2011 criticando la linea editoriale troppo ideologica su Siria e Bahrein. “Ho dato le dimissioni il 12 marzo scorso – spiega al telefono Shaaban – e sono state accettate soltanto pochi giorni fa”. La ragione ufficiale “non intendo dirla, ma faccio notare una cosa: nel giro di due mesi ce ne siamo andati in cinque. Oltre a me anche due ingegneri e uno dei responsabili della produzione. Poi c’è Ali Hashem che da giornalista ha spiegato meglio di noi quali sono i contrasti con la testata”. Alla domanda se andrà a lavorare per il nuovo network tv al Mayadeen, fondato dal potente Bin Jeddo, Shaaban dopo una iniziale ritrosia confessa: “Dovrei avere un posto da executive manager”. Fa parte dell’ennesima tv privata libanese anche Ali Hashem, molto duro verso l’emittente di Doha: “Dentro al Jazeera avevo l’impressione di non essere più un cronista ma un funzionario del ministero dell’Informazione del Qatar”. Hashem, che ha un passato ad al Manar, il canale di Hezbollah, si è dimesso il 6 marzo accusando i suoi capi di “mancanza di professionalità e atteggiamento ideologico”. A suo dire aveva tra le mani il servizio dell’anno: “Centinaia di siriani anti Assad, armati di kalashnikov, che attraversano il confine libanese nella zona di Wadi Khaled. Arrivati nel villaggio siriano di Talkalakh sparano e uccidono soldati dell’esercito regolare”. Hashem definisce gli oppositori “militian”, miliziani, e non “fighter”, combattenti, e non è una semplice distinzione linguistica. Nonostante la delusione, però, il reporter sciita non ha ancora dato il video ai concorrenti: “Aspetto il momento giusto”, spiega. Sul Web si sono moltiplicate le critiche contro di lui, accusato addirittura di essere uno “shabbiha”, un violento delle squadre speciali di Assad. “Quando si è dimesso, era in Iran”, dicono in molti con malizia. “Stavo lavorando a Teheran a un servizio”, replica Hashem, che in curriculum ha anche due anni alla Bbc arabic, quello che a detta di tutti è l’unico canale neutro per sapere le notizie in arabo. Il piccolo esodo verso il nuovo polo informativo al Mayadeen, che sarà lanciato il mese prossimo e avrà sedi anche al Cairo e a Tunisi, ha avuto un’accelerazione in vista del suo lancio. Tra i neoassunti c’è anche il giornalista libanese Sami Kleib, marito di Luna al Shibl, la seducente mezzobusto che si dimise da al Jazeera nel 2010, dopo aver denunciato “l’invito” della direzione a indossare abiti più dignitosi e tradizionali. In piena crisi dell’editoria mondiale, in Libano i media si moltiplicano, assieme alle polemiche: i legami tra Bin Jeddo e l’Iran (la moglie è originaria del sud del Libano) non passano inosservati. Ora più che mai, torna utile ai suoi nemici rivangare quell’intervista esclusiva a Hassan Nasrallah durante il conflitto tra Libano e Israele nel 2006. Se fino a qualche anno fa appariva come un grande successo mediatico, oggi sembra un segno evidente delle buone relazioni personali tra i due. Va da sé che in questa fase della confessione religiosa di Bin Jeddo non importa più a nessuno. Il giornalista tunisino sunnita, di madre libanese cristiana, da professionista apprezzato in tutto il mondo arabo, gode attualmente soltanto dell’appoggio dei sostenitori della troika Assad-Iran-Hezbollah. Ma Bin Jeddo insiste sull’obiettività: “La mia televisione sarà professionale e bilanciata – disse nell’estate alla conferenza stampa di presentazione – Farò in modo soprattutto che rispecchi la realtà”. A dare il giudizio finale sarà il poco ideologico indice degli ascolti.
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