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La Stampa Rassegna Stampa
27.03.2012 Cirincione, un cognome che fa rima con 'pasticcione'
il consigliere di Hillary Clinton sottovaluta la minaccia iraniana

Testata: La Stampa
Data: 27 marzo 2012
Pagina: 13
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Pyongyang e Teheran sono ormai isolate. Alla fine cederanno»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 27/03/2012, a pag. 13, l'intervista di Paolo Mastrolilli a Joseph Cirincione dal titolo "Pyongyang e Teheran sono ormai isolate. Alla fine cederanno".


Joseph Cirincione

Joseph Cirincione, consigliere di Hillary Clinton, è convinto che l'Iran non si stia dotando di un'atomica e che, in ogni caso, siano sufficienti negoziati e sanzioni per bloccare gli ayatollah.
Se questo è il consigliere del segretario di Stato Usa, si spiegano molte cose sulle cantonate dell'amministrazione Obama in politica estera.
Ecco l'intervista:

Corea del Nord e Iran finiranno per cedere, accettando di fermare i loro programmi nucleari per uscire dall’isolamento. E se gli Usa giocheranno bene le loro carte con la Russia, entro il 2020 potremmo vedere una riduzione delle armi atomiche sotto la soglia di mille testate ciascuno per Washington e Mosca». Joseph Cirincione non si fa trascinare dalla retorica delle dichiarazioni politiche.Presidente del Plough shares Fund, una fondazione dedicata alla sicurezza internazionale, è anche membrodell’International Security Advisory Boarddelsegretario di Stato Hillary Clinton.

Pyongyang vuole lanciare in orbita un satellite a metà aprile: le aperture di Kim Jong Un sono già finite?

«Sta cercando di avere tanto gli aiuti internazionali, di cui ha disperato bisogno, quanto le armi nucleari. Il lancio del satellite è un test missilistico camuffato. Però esiste la possibilità di fermarlo e convincerlo a trattare».

Qual è la chiave per riuscirci?

«Come prima cosa, l’unità dei paesi coinvolti nella trattativa, a partire dalla Cina. Poi, come ha fatto Obama, bisogna chiarire chenonabbiamointenzioniostili verso Pyongyang: non si può negoziare con un regime e minacciare allo stesso tempo di distruggerlo. Se queste condizioni verranno rispettate, la Corea del Nord finirà per cedere, perché ormai è troppo isolata».

E l’Iran?

«Discorso simile. Se avesse l’atomica sarebbe una minaccia per tutti,ma non l’ha ancora costruita e le sanzioni stanno davvero mordendo. Teheran è molto più isolata di quanto creda, e penso chel’ultimaofferta di dialog osia seria. Anche qui, serve la compattezza dei sei paesi negoziatori, e bisogna resistere a chi chiede azioni militari. La chiave è un accordo che limiti la possibilità di arricchire uranio,e apra le porte dei siti iraniani alle ispezioni internazionali senza alcuna preclusione».

Obama ha parlato di difesa missilistica con Medvedev: le incomprensioni sono superabili?

«Si è legato a questo progetto solo per ragioni politiche, per coprirsi il fianco destro, ma non lo condivide. La difesa missilistica è un sistema che non funziona, puntato contro unaminacciache non esiste, e finanziato con soldi che non abbiamo. Obama è stato onesto a dire che gli serve spazio, perché dopo le elezioni sarà più libero di risolvere la questione. E’ un problema speculare a quello di Putin, perché anche lui in campagna elettorale ha sfruttato il tema a fini di politica interna, ma ora non ne ha più bisogno».

Il leader Usa ha fatto del disarmo uno degli obiettivi più ambiziosi del suo mandato: quali sono i risultati raggiungibili?

«Seul ha tre scopi: impedire che le armi finiscano nelle mani dei terroristi,evitare che altri paesi le costruiscano,eridurre quelle esistenti. Sul terzo punto, entro il 2020 in America e Russia potremmo scendere sotto le 1.000 testate ciascuno. Una cifra che i militari Usa reputano sufficiente per garantire la sicurezza. Anche la Russia sta riducendo, perché elimina le vecchie testate e non ne costruisce altrettante nuove. Se troveremo un accordo sulla difesa missilistica, potremo convincere Mosca e scendere sotto le 1.000 testate».

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