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Il Manifesto Rassegna Stampa
24.03.2012 Israele non è nato come risarcimento dell'Europa agli ebrei per la Shoah
sul quotidiano comunista l'ennesimo tentativo di delegittimare lo Stato ebraico

Testata: Il Manifesto
Data: 24 marzo 2012
Pagina: 14
Autore: Sarantis Thanopoulos
Titolo: «L’ebreo in noi»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 24/03/2012, a pag. 14, l'articolo di Sarantis Thanopoulos dal titolo "L'ebreo in noi".


Theodor Herzl, padre del Sionismo

L'articolo ripercorre la persecuzione e lo sterminio degli ebrei durante il nazismo. Lo fa, però, con uno scopo preciso, sostenere che ". Incoraggiando gli ebrei ad emigrare in Palestina l’Europa ha trasferito in un fazzoletto di terra la soluzione del disastro più grande della sua civilità, facendo dello stato israeliano la copertura delle sue rimozioni, di cui gli chiede di farsi carico". La nascita di Israele non ha nulla a che vedere con i sensi di colpa dell'Europa nei confronti degli ebrei per la Shoah.
Il sionismo, movimento che ha ispirato e portato alla nascita di Israele, si è sviluppato prima dell'ascesa dei regimi nazifascisti in Europa. Le due cose non sono collegate. Lo Stato ebraico non è un risarcimento. Sostenere questa teoria è solo uno dei tentativi in corso per delegittimare lo Stato ebraico. Manca, stranamente, l'altro tormentone caro al quotidiano di Rocca Cannuccia, quello di Israele che, invece di imparare dalla Storia, ora infligge ai palestinesi le stesse sofferenze patite dagli ebrei durante la Shoah. Manca in forma esplicita, ma è tra le righe, nella frase : " 
la politica sbagliata dei governi israeliani, le giuste rivendicazioni del popolo palestinese e l’odio che il conflitto ha generato ".
Le giuste rivendicazioni del popolo palestinese? Facciamo notare che lo Stato palestinese sarebbe potuto nascere insieme a quello ebraico. Sono stati gli arabi a rifiutarlo e ad attaccare da subito Israele. E basta vedere come, nel corso dei decenni, sono andate le trattative. La controparte araba ha sempre rifiutato qualunque accordo. E' perciò evidente che ciò che rivendicano i palestinesi non è uno Stato, quanto la cancellazione di Israele. Questa sarebbe una 'giusta rivendicazione'? E i razzi di Hamas? Anche quelli sono 'giuste rivendicazioni'?
Ecco il pezzo:

«Ovunque io viaggi la Grecia mi ferisce ». Le parole di Seferis riaprono il significato delle parole di Kavafis: «Itaca ti ha dato il bel viaggio». Lo riaprono nella direzione della ferita: Itaca ferisce, la casa, la patria feriscono il viaggiatore. Quale è la casa degli ebrei, da dove vengono, dove vanno questi epigoni di Ulisse? L’ebreo della diaspora viaggia verso la casa che lascia alle spalle, più viaggia più la casa si allontana, più la sua residenza diventa il viaggio. Questo ebreo ci abita, è parte del nostro mondo interno. Ciò che lo muove è la ferita che il distacco dal familiare gli causa. Questo familiare non lo troverà più se non come oggetto trasformato, lo ritroverà sempre cambiato, sempre diverso. Non troverà più la cosa perduta che nell’incontro con la diversità. Non troverà mai nulla se non ritrovandolo, non lo ritroverà se non perdendolo. L’ebreo in noi cambia la prospettiva del rapporto col focolare: si abita un luogo radicati in esso e, al tempo stesso, esiliati. Cittadini del mondo, viviamo spostati verso l’altro, diventiamo perennemente dislocati rispetto al nostro centro di gravità. L’incontro con l’altro trasforma la ferita del distacco dal familiare in apertura verso il mondo, verso le cose sconosciute che ci attraggono. Il nazismo fu la catastrofica, psicotica reazione a questo progresso della civiltà che ha colpito, non a caso, gli ebrei. Niente di più falso, tuttavia, pensare agli ebrei come vittime riconoscibili in un’identità precisa di nemico da abbattere. Per quanto paradossale possa suonare il loro sterminio non ha il carattere di un attacco a un nemico vero o presunto tale. Le accuse naziste agli ebrei sono solo il farneticante diniego di un processo psicologico sottostante di devastante distruttività. Hanna Arendt ha descritto con lucidità la banalità del male agito attraverso il boia nazista. Banalità significa desogettivazione dell’odio, soppressione dell’altro nel modo asettico e efficiente con cui una casalinga ossessiva pulisce la propria casa. L’ebreo non è attaccato come persona concreta ma come concetto incarnato, in modo del tutto anonimo, nella sterminata massa di persone da uccidere. Ciò che viene distrutto è luogo psichico che nel carnefice ospita il cittadino del mondo che l’ebreo simboleggia. Quando tre bambine e un insegnante di religione ebraica sono uccisi nel modo più impersonale possibile è la psicosi che sottende il nazismo che riappare. Segnale allarmante dell’elaborazione mai realmente avvenuta dello sterminio, del suo permanere come aporia dentro di noi. Chiamare in causa Israele, la politica sbagliata dei governi israeliani, le giuste rivendicazioni del popolo palestinese e l’odio che il conflitto ha generato può diventare fuorviante. Israele stesso e il conflitto non sanato in cui è immerso fin dalla sua nascita sono il prodotto di una colossale rimozione da parte dell’Europa. Alla sconfitta e alla condanna dei nazisti non fece seguito nessuna assunzione di responsabilità. Le domande sui processi collettivi che hanno avuto come esito finale la disumanizzazione totale del rapporto con l’alterità sono state delegate al popolo tedesco. Incoraggiando gli ebrei ad emigrare in Palestina l’Europa ha trasferito in un fazzoletto di terra la soluzione del disastro più grande della sua civilità, facendo dello stato israeliano la copertura delle sue rimozioni, di cui gli chiede di farsi carico.

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