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Il Giornale Rassegna Stampa
23.03.2012 Il NYT in prima linea nel politicamente corretto, censura vignetta sull'islam
Per la serie: rifocilliamo il coccodrillo nella speranza che ci divori per ultimi

Testata: Il Giornale
Data: 23 marzo 2012
Pagina: 17
Autore: Andrea Mancia - Cristina Missiroli
Titolo: «Stessa pagina, identica crociata: sulla Chiesa puoi, sull’Islam no»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 23/03/2012, a pag. 17, l'articolo di Andrea Mancia e Cristina Missiroli dal titolo "Stessa pagina, identica crociata: sulla Chiesa puoi, sull’Islam no ".

E' tempo di abbandonare l'islam
è tempo di abbandonare la Chiesa cattolica

Le due pubblicità. La prima, sull'islam, è stata respinta


Pamela Geller, autrice della pubblicità sull'islam

Alcuni giorni fa una bizzarra pagina pubblicitaria appare sul New York Times . Una lettera aperta indirizzata ai cattolici mo­derati o non praticanti dal titolo che non lascia nulla all'immagina­zione: «È tempo di abbandonare la Chiesa Cattolica».Un invito a di­re basta all'oscurantismo cattoli­co e abbandonare la Chiesa, incor­niciato tra la vignetta di un vesco­vo furioso che strilla guardando una pillola anticoncezionale e il disegno di una donna accigliata che reclama la propria libertà ses­suale. La lunga lettera rappresen­ta una sorta di manifes­to semplifi­cato del laicismo liberal della sini­stra americana, in gran parte cen­trato sui temi dell'aborto e della politica cattolica sulla contracce­zione. Partendo dai diritti delle donne, l'invettiva passa in rasse­gna tutti i mali del mondo, dalla miseria alla sovrappopolazione, e finisce per attribuirli tutti alle sa­cre scritture. Ovvia la conclusio­ne: la modernità non è compatibi­le con la religione. Cari cattolici, è arrivato il tempo delle scelte: ab­bandonate la Chiesa. A firmare la pubblicità, la fondazione atea F re­edom From Religion Foundation .
Fin qui nulla di particolarmen­te strano. I giornali, anche quelli stranieri, sono pieni di buffi an­nunci. E pochi li prendono real­mente in considerazione. Se non fosse che, questa volta, la bislacca pagina pubblicitaria ha la sventu­ra di catturare l'attenzione di Pa­mela Geller.
Blogger, giornalista, scrittrice e punta di diamante del movimen­to anti-Jihad cresciuto online do­po l'11 settembre 2001, Pamela Geller è stata definita come un
mix tra una Ann Coulter simpati­ca e una Sarah Palin brillante. For­se è un'esagerazione, ma resta il fatto che la Geller è una delle figu­re più in vista e più influenti della cyberdestra a stelle e strisce, oltre che una delle più odiate dalla sini­stra. Insieme a Robert Spencer ( FrontPage Magazine e Human Events ), ha fondato due organiz­zazioni,
Freedom Defense Initiati­ve e Stop Islamization of America ,

che si propongono di combattere qualsiasi tendenza alla sharia ne­gli States. E ha dato alle stampe, sempre insieme a Spencer, il be­stseller
The Post-American Presi­dency: The Obama Administra­tion's War on America . Il nome del blog che l'ha resa famosa, At­las Shrugs è un chiaro omaggio all'
opera di Ayn Rand (il cui romanzo più celebre,
La rivolta di Atlante ,
in inglese è intitolato
Atlas Shrug­ged ),
che la Geller definisce «il più grande filosofo della storia dell' umanità».
Descritto il tipo, il resto viene da sé. La Geller ha un'idea e senza perder tempo la mette in pratica.
Prepara un'inserzione pubblicita­ria identica: stessa grafica, stesso tratto nelle vignette. Al posto del vescovo, un imam. Al posto della pillola, un corano incendiato. Si­mile anche la donna che con sguardo fiero dice «no» alla barba­rie. Diverso, ovviamente, il desti­natario della missiva. Quella del­la Geller e della fondazione SIA ( Stop Islamization of America ), è ovviamente rivolta ai musulmani moderati. «È tempo di abbando­nare l'Islam », titola la nuova lette­ra aperta. Un bel pacchetto con ri­chiesta di pubblicazione finisce sulla scrivania dell'amministra­zione del New York Times . Undi­s­creto rischio per una provocazio­ne: la tariffa è di 38mila dollari. Se l'accettano, tocca pagare.
E invece, come previsto dalla perfida Geller, puntuale arriva la telefonata imbarazzata di Bob Christie, niente meno che Senior Vice President of Corporate Com­munications per il
New York Ti­mes .
Per farla breve ecco il messag­gio: bella la pubblicità, ma per il momento il quotidiano non ritie­ne opportuno pubblicarla. Trop­po pericoloso, perché rischia di al­z­are la tensione con i fondamenta­listi e ci sono ancora le truppe americane in Afghanistan che ri­schiano ritorsioni. Per la Geller è la prova del nove: l'imbarazzo del New York Times era scontato. Chiamatelo politica­mente corretto o, come lei preferi­sce, «vigliacco genuflettersi alla barbarie islamica». E la domanda diventa scontata: «Se avessero te­muto un attacco cattolico al grat­tacielo del New York Times , avreb­bero mai pubblicato quella prima pubblicità?». La morale? Sconta­ta anche quella: se vuoi essere trat­tato con rispetto dal New York Ti­mes e dal resto dell'establishment politicamente corretto, il modo migliore è mettere ben in chiaro la tua volontà di ucciderli.

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