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Quando la Chiesa attacca gli ebrei 22/03/2012

Gentilissima Redazione, ho letto l'articolo di Giulio Meotti "Le priorità contorte del Vaticano" e temo contenga, fra varie notizie interessanti (non tutte nuove), una grave inesattezza. Nel Documento finale del Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente non ho trovato traccia delle frasi 'virgolettate' attribuite al "documento del Sinodo": le affermazioni, per intenderci, sul fatto che "non c'è più un popolo eletto" e che i cristiani non possono giustificare con il concetto di terra promessa il ritorno degli Ebrei in Israele. Né di queste frasi, né di altre di contenuto equivalente. Ricordo, invece, di avere, nei giorni del Sinodo, udito o letto frasi simili in una dichiarazione (non so se sinodale o alla stampa) di un Vescovo che credo si chiamasse Cyril Salim Bustros. Naturalmente, converrete che c'è una certa differenza fra l'opinione di un singolo, per quanto Vescovo, ed il documento ufficiale di un Sinodo dei Vescovi, volto a dare direttive per l'attività pastorale in tutte le Diocesi interessate per gli anni a venire. Quanto all'intervista del Patriarca Twal al Tagespost, ho trovato la sua traduzione in italiano sul sito del Patriarcato Latino di Gerusalemme (lpj.org). In essa, rispondendo alla richiesta di un giudizio sulla teologia dei cristiani sionisti, egli risponde che "lo Stato di Israele è uno dei tanti che appartengono alla comunità internazionale e in quanto tale esso è vincolato dal diritto internazionale. La sua esistenza non ha nulla che vedere con la Bibbia. Se iniziamo con la Bibbia, allora i musulmani inizieranno con il Corano" ed insiste sulla necessità di "tenere rigorosamente separate religione e politica". Naturalmente, ciascuno può valutare queste parole come meglio crede. Personalmente, il paragrafo del citato Documento finale sul rapporto con i "concittadini ebrei" mi è parso (oggi come due anni e mezzo fa) un po' scarno e formale-freddino. E, purtroppo, la scarna frase (ineccepibile come principio) sull'illiceità di usare Bibbia e Teologia per avallare ingiustizie è stata da alcuni piegata a vergognose interpretazioni anti-israeliane. Tuttavia, né il Sinodo, né il Patriarca hanno negato il permanere dell'elezione di Israele (affermata da S. Paolo nella Lettera ai Romani e ribadita molte volte negli ultimi decenni) e né l'uno, né l'altro si sono pronunciati sul tema della Terra Promessa. Quanto, infine, al paragone tra condizione dei cristiani e sofferenza di Gesù, letto nel contesto mi è parso molto meno inquietante che nell'articolo di Meotti: ma sul punto rinvio chi sia interessato alla lettura dell'intervista, per non dilungarmi troppo. Vi sarò molto grata se potrete segnalare a Meotti la svista ovvero indicarmi in quale diverso documento Patriarca e Sinodo avrebbero fatto quelle affermazioni. Con i più cordiali saluti,

A.Ferramosca

risponde Giulio Meotti: 

"La frase di Bustros non è 'personale'. Non soltanto quel vescovo aveva un incarico direttivo nel sinodo, ovvero stilare le conclusioni finali, ma il suo attacco antiebraico su base biblica è stato ribadito nel documento ufficiale del sinodo: "Recourse to theological and biblical positions which use the Word of God to wrongly justify injustices is not acceptable." Significa che Israele non può evocare alcuna memoria storica, religiosa o biblica per giustificare la propria presenza in medio oriente. Qui si trova un link al documento vaticano ufficiale: http://www.vatican.va/news_services/press/sinodo/documents/bollettino_24_speciale-medio-oriente-2010/02_inglese/b23_02.html
Il sinodo ha portato il più devastante attacco all'ebraismo e a Israele dai tempi della dichiarazione Nostra Aetate"

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