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Panorama Rassegna Stampa
19.03.2012 Siria: Sergio Romano dr. Jekyll e Mr Hyde
un'analisi accurata, peccato che si tratti solo di un episodio

Testata: Panorama
Data: 19 marzo 2012
Pagina: 54
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Nella crisi siriana non c'è solo un problema di diritti umani»

Riportiamo da PANORAMA del 22/03/2012, a pag. 54, l'articolo di Sergio Romano dal titolo " Nella crisi siriana non c'è solo un problema di diritti umani ".


Sergio Romano

L'analisi di Sergio Romano sulla situazione in Siria è del tutto condivisibile. Peccato che non si possa scrivere altrettato degli articoli che pubblica di solito...
Ecco il pezzo:

Un giornale australiano, qualche tempo fa, ha dato notizia di un incontro a Istanbul fra i rappresentanti della resistenza siriana e alcuni esponenti del governo libico. I siriani avrebbero chiesto armi, i libici avrebbero assicurato la loro collaborazione. Che un paese non ancora governabile cerchi di promuovere il cambiamento del regime in uno stato con cui non è neppure confinante dimostra quale importanza la Siria abbia assunto per gli equilibri dell'intera regione Proviamo a comprenderne le ragioni. In Iran si è votato, in Siria si combatte. I due eventi possono sembrare distinti e autonomi, ma sono collegati dai rapporti di amicizia e complicità che uniscono Damasco a Teheran. Sei ribelli siriani riuscissero a rovesciare il regime di Bashar al-Assad, l'Iran degli ayatollah perderebbe il suo pnndpale alleato mediorientale. Se le elezioni iraniane accentuassero le divisioni del regime e le sanzioni occidentali aggravassero la crisi economica del paese, Assad perderebbe il suo maggiore amico. Le due crisi avrebbero un effetto a cascata in altri paesi della regione Colpirebbero anzitutto gli hezbollah libanesi, che dispongono di una importante organizzazione militare grazie agli aiuti di Teheran e Damasco. E colpirebbero l'Iraq, dove il regime prevalentemente sciita del premier Nouri al-Maliki ha stretto con Teheran, in questi ultimi anni, un rapporto basato sulla prossimità religiosa e sulle convenienze reciproche. Qualche anno fa il re di Giordania denunciò il pericolo di una mezzaluna sciita, da Teheran a Baghdad, passando per Damasco, che avrebbe sfidato il predominio dei sunniti nell'intera regione. In questa mezzaluna la Siria laica della famiglia Assad può sembrare a prima vista un corpo estraneo. Ma la minoranza alauita, a cui gli Assad appartengono, è una costola della famiglia sciita. Oggi, quindi, quella mezzaluna sembra a sua volta minacciata dalla crisi a Teheran e a Damasco. Se la partita è almeno in parte religiosa, e se il regime laico-alauita di Assad ne uscisse sconfitto, i vincitori sarebbero i regimi sunniti della regione. Abbiamo già avuto qualche conferma. Al-Jazeera è un brillante canale televisivo nel grigiore del panorama mediatico mediorientale Ma è anche la creatura di Hamad bin Khalifa al-Thani, emiro del Qatar, l'uomo che ha maggiormente sostenuto, nel campo arabo, la causa dei libici sunniti di Benghasi contro il «laico» Muammar Gheddafi. Le armi con cui i ribelli siriani combattono contro l'esercito del regime provengono in buona parte dai regimi sunniti del Golfo, e, sembra, persino dalla Libia. I volontari arabi che attraversano la frontiera irachena per combattere sono sunniti. Le voci musulmane che si alzano alle manifestazioni arabe contro Assad sono sunnite. Questa non è una guerra di religione fra sciiti e sunniti.
Vi sono altri motivi politici e strategici fra cui il desiderio dei Paesi del Golfo di impedire che l'Iran divenga la maggiore potenza militare della regione.
Ma vi è una componente religiosa che non possiamo trascurare. Non è stata trascurata dalla Fratellanza musulmana e da Al Qaeda. La Fratellanza vuole vendicare il massacro di Hama, nel 1982, quando Hafez al-Assad, padre di Bashar, stroncò una rivolta sunnita con un'azione militare che lasciò sul campo parecchie migliaia di morti. Al Qaeda obbedisce a una regola già sperimentata. È presente con le sue cellule là dove una crisi permette di redutare nuovi fedeli. Gli Stati Uniti lo sanno e temono che le armi fornite ai ribelli cadano nelle mani di Al Qaeda. Beninteso, questo non significa che le democrazie occidentali debbano assistere passivamente alle repressioni siriane Significa che la violazione dei diritti umani è soltanto un aspetto della vicenda e che è meglio non ignorare gli altri.

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