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Il Foglio Rassegna Stampa
16.03.2012 L'Iran va fermato prima che si doti dell'atomica
Naor Gilon, nuovo ambasciatore israeliano in Italia, intervistato da Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 16 marzo 2012
Pagina: 4
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «L’Iran va fermato. Parla Gilon, ambasciatore d’Israele a Roma»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 16/03/2012, a pag. 4, l'intervista di Giulio Meotti a Naor Gilon dal titolo "L’Iran va fermato. Parla Gilon, ambasciatore d’Israele a Roma".


Naor Gilon                                       Giulio Meotti

Roma. “L’Iran non è un problema di Israele, ma della comunità internazionale, Teheran non dovrà dotarsi dell’atomica, costi quel che costi”. A colloquio con il Foglio nella prima intervista concessa a un giornale italiano, il nuovo ambasciatore d’Israele a Roma, Naor Gilon, lascia intendere che l’uranio di Teheran scandirà l’agenda internazionale del 2012. Già diplomatico di stanza a Washington, Gilon è appena arrivato a Roma come nuovo rappresentante dello stato ebraico in Italia. I mandati dei suoi predecessori sono stati scanditi dalle varie crisi mediorientali: Avi Pazner durante la stagione di Oslo, Yehuda Millo durante il collasso dei negoziati e lo scoppio dell’Intifada, Ehud Gol negli anni più duri del terrorismo e Gideon Meir nella guerra del Libano e nell’operazione “Piombo Fuso” a Gaza. Se si deve individuare una “issue” che segnerà il mandato di Gilon, questa sarà molto probabilmente l’Iran. Cresciuto in una famiglia “molto sionista” spazzata via nell’Olocausto, Gilon è stato direttore per gli Affari europei al ministero degli Esteri di Gerusalemme. “Ho sempre desiderato di ricoprire un incarico a Roma, l’Italia è un paese molto ospitale, ricco di storia e di cultura. L’Italia è un grande alleato d’Israele in Europa, lo era sotto il governo di Silvio Berlusconi e lo sarà con il governo di Mario Monti. Israele non può essere letto soltanto attraverso la lente del conflitto con i palestinesi, è esso stesso un miracolo, un’oasi nel deserto fatta di high tech, cultura e progresso scientifico. Israele ha relazioni militari, scientifiche, politiche ed economiche molto importanti con l’Italia”. A gennaio l’aviazione israeliana ha tenuto un’esercitazione sui cieli della Sardegna (in vista dello strike all’Iran?) e il gruppo Finmeccanica ha siglato un contratto ingente per la vendita di jet a Gerusalemme. “Di questo rapporto non sono espressione soltanto le esercitazioni congiunte e i contratti come quello di Alenia Aermacchi (il volume d’affari tra i due paesi è di circa quattro miliardi di euro), ma anche la quantità di turisti, con il quattro per cento della popolazione israeliana che visita l’Italia ogni anno. L’Italia ha capito che Israele è nel medio oriente, ma che è anche il simbolo di valori occidentali come liberalismo e democrazia, valori che mi auguro anche il mondo arabo, che sta attraversando una fase di grande cambiamento, possa perseguire con successo”. Nell’ultima settimana le città israeliane del sud sono state investite da duecentocinquanta missili lanciati dalla Striscia di Gaza. “Gaza è diventata un avamposto delle Guardie della rivoluzione dell’Iran, un’enclave terroristica come il Libano sotto Hezbollah. Ci sono Hamas, il Jihad islamico, i Comitati popolari, e altri gruppi legati a Teheran. Prima di quest’ondata di missili c’erano una media di due razzi al giorno, di cui scarsamente però si è avuta notizia in occidente. L’Iran vuole terrorizzare gli israeliani nella vita ordinaria. Dovevamo prevenire un altro attentato come quello che lo scorso agosto ha ucciso otto israeliani. Il leader terrorista ucciso, al Qaisi, ne stava pianificando un altro. Queste escalation potrebbero mettere a rischio i nostri rapporti con l’Egitto, che devono rimanere saldi. Intanto un milione di israeliani sono finiti sotto il lancio di missili e i terroristi hanno colpito una scuola a Beer Sheva, che per fortuna era vuota. Il sistema antimissile ‘Iron Dome’ (cupola di ferro) sta facendo un lavoro migliore del previsto, che ci consente di evitare un’operazione in profondità dentro il territorio di Gaza. Siamo preoccupati che oltre che dall’Iran, ai terroristi stiano arrivando armi sofisticate dalla Libia. L’Iran sta cercando di infliggere dolore agli israeliani per scatenare una guerra frontale, ma vista la distanza fra i due paesi usa le organizzazioni terroristiche. E’ come contro gli americani in Iraq e Afghanistan. L’Iran ha appena colpito in India, così come vent’anni fa bombardò l’ambasciata israeliana e il centro della comunità ebraica a Buenos Aires”. Veniamo allo stallo dei negoziati fra israeliani e palestinesi. “In Israele e in occidente prevale l’idea che si debba andare verso due stati per due popoli. Leader israeliani come Ehud Barak con Yasser Arafat ed Ehud Olmert con Abu Mazen hanno fatto offerte generose ai palestinesi. Ma sono state tutte rigettate. Quando è stato eletto Benjamin Netanyahu, Abu Mazen ha capito che non avrebbe più avuto un’offerta diversa, così ha rifiutato di tornare al negoziato. Netanyahu ha imposto per dieci mesi un congelamento delle colonie, un fatto senza precedenti. Ma i palestinesi hanno rifiutato. Abu Mazen allora sta adesso cercando tramite l’Onu di creare fatti politici fuori dal tavolo dei negoziati. C’è stata una crescita economica nel West Bank, ma non è sufficiente, serve una soluzione politica del conflitto con i palestinesi. Si deve tornare al negoziato diretto. Intanto c’è il rischio di una nuova ondata di violenze. Per una parte dei palestinesi accettare la soluzione di due stati significa rinunciare al sogno di ritornare a Jaffa e Haifa, fatto che sancirebbe la fine d’Israele”. Da più parti si parla del timore israeliano per un cambio di regime in senso islamico a Damasco. “Sulla Siria Israele persegue una politica di non interferenza negli affari interni, ogni nostra scelta sarebbe strumentalizzata in un senso o nell’altro. Ma in Siria ci sono adesso delle ragioni umanitarie importanti, e il popolo ebraico che ha sofferto a lungo nella storia non può essere indifferente”. Chiudiamo sulla sfida iraniana. “Sul nucleare, l’Iran prende in giro la comunità internazionale. Non è accettabile che si doti della bomba atomica. Parliamo di un regime che reprime le minoranze, sostiene la repressione in Siria, destabilizza i paesi arabi del Golfo, finanzia Hamas, Jihad islamico e Hezbollah e minaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz per danneggiare l’economia mondiale. Con il nucleare e i missili a lunga gittata (che già possiede) l’Iran adesso persegue la realizzazione di una grande deterrenza militare. I terroristi avrebbero un ombrello atomico a loro protezione. Inoltre ci sarebbe una corsa alla proliferazione nucleare in medio oriente. E’ dal 2002 che sappiamo del programma segreto iraniano, ma la comunità internazionale non ha fatto nulla per fermarli”.

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