martedi` 22 ottobre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
13.03.2012 Mentire è il mio mestiere
analisi di Federico Steinhaus

Testata: Informazione Corretta
Data: 13 marzo 2012
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «Mentire è il mio mestiere»

Mentire è il mio mestiere
di Federico Steinhaus


Federico Steinhaus

E’ risaputo che le guerre si combattono anche con la disinformazione, o, detto con parole più semplici, con le bugie. Ma queste bugie devono essere credibili, ben costruite, ed avere lo scopo di trarre in inganno l’avversario. Attorno alla questione palestinese invece troviamo una giungla di bugie che hanno lo scopo di trarre in inganno la gente, il pubblico dei lettori di giornale e di ascoltatori dei telegiornali, dunque non il nemnico ma l’opinione pubblica. Per questo motivo queste bugie hanno bisogno, per essere efficaci, di due essenziali complici: i media ed i partiti, che “a priori” godono di una certa affidabilità e di un vasto pubblico di fruitori.

Chi ha occhi per vedere e cervello per capire sa che la bugia è una delle armi predilette della fazione palestinese, che include i media ed i partiti che la sostengono, appunto, “a priori”. Facciamo solo qualche esempio tra quelli dei giorni scorsi.

1) Khulood Badawi, un impiegato delle Nazioni Unite, ha postato su Twitter lo scorso 10 marzo ( #Gaza pic.twitter.com/XoIVH1yb) la foto (in alto a destra) di un padre che ha in braccio una bambina coperta di sangue, affermando che era una vittima dei recenti attacchi israeliani su Gaza. La stessa foto è stata poi ripresa il giorno dopo da Diana Alzeer (#Gaza#Gaza Under Attack twitpic.com/8 uvelji) con una didascalia analoga. Purtroppo per loro si è scoperto che questa foto risale al 2006 e che la bambina, come aveva a quel tempo testimoniato un infermiere palestinese che l’aveva soccorsa, in realtà era caduta dall’altalena. Diana Alzeer ha onestamente chiesto scusa ai suoi lettori affermando di essere stata tratta in inganno. Ma nel frattempo la foto aveva fatto il giro del mondo.

2) La foto di una violentissima esplosione e di feriti in fuga è stata postata lo stesso 11 marzo da Maissam Nablussi (@Nablussi), con la didascalia che la indicava come scattata nei giorni scorsi; ma si è poi scoperto che la stessa fotografia era stata utilizzata dall’agenzia Reuters durante l’operazione Piombo Fuso del 2009.

3) Un’altra foto di questi giorni, pubblicata dal Times di Londra, mostra una batteria della difesa israeliana “Iron Dome” che ha lo scopo di distruggere in volo i razzi che provengono da Gaza, ma è stata accompagnata da una didascalia che accusa gli israeliani di sparare razzi su Gaza. La foto originale dell’EPA (European Press Agency) diramata l’11 marzo reca invece la corretta ed esplicita didascalia, ignorata e stravolta dal Times.

4) Uno Shekel della Giudea dell’anno 135 EV, primo anno della rivolta di Bar Kochba contro i Romani, è stato venduto per 1,1 milioni di dollari un un’asta a New York. L’iscrizione reca “Shekel di Israele (anno) 1” e sul verso “Gerusalemme la Santa”. Il Secondo Tempio, del quale rimane solo il Muro Occidentale, era ancora in piedi. Ma il quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese Al-Hayat Al-Jadida del 4 marzo riporta la notizia affermando che si tratta di una preziosa testimonianza dell’antica civiltà palestinese...sfruttata da Israele per fini politici, allo scopo di dimostrare che già a quell’epoca in Palestina c’erano gli ebrei. Peccato che i Romani abbiano cambiato nome alla Giudea, mutandolo in Palestina, solo nel 135 EV proprio allo scopo di sradicarne l’identità ebraica.

5) Lasciamo per ultima la madre di tutte le bugie (se pure, fra tante incredibili bugie, ve n’è una che possa essere definita tale) – l’accusa di apartheid rivolta ad Israele. Un giudice della Corte Suprema d’Israele, un arabo (!) , durante la cerimonia di insediamento, pochi giorni fa, si è rifiutato di intonare con i suoi colleghi l’inno nazionale d’Israele. In Italia cosa sarebbe successo se si fosse verificato nella Corte Costituzionale un episodio analogo? Bene, in Israele il primo ministro Netanyahu ha personalmente espresso a questo giudice la sua solidarietà ed ha approvato il suo gesto.

Non ci sembra che vi sia bisogno di commenti. Ai lettori il giudizio!


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT