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La Stampa Rassegna Stampa
08.03.2012 8 marzo: quando la festa diventa un inferno
La condizione terrificante delle donne nei Paesi islamici

Testata: La Stampa
Data: 08 marzo 2012
Pagina: 18
Autore: Shirin Ebadi
Titolo: «Ebadi: il carcere non piegherà le attiviste iraniane - Anche noi arabe vogliamo sentire il vento di libertà»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 08/03/2012, a pag. 18, l'articolo di Shirin Ebadi dal titolo " Ebadi: il carcere non piegherà le attiviste iraniane ", a pag. 19, l'appello dal titolo " Anche noi arabe vogliamo sentire il vento di libertà ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i due pezzi:

Shirin Ebadi - " Ebadi: il carcere non piegherà le attiviste iraniane "


Shirin Ebadi

Saluto le mie amiche e i miei amici italiani, ai quali voglio esprimere la nostra gratitudine per le dimostrazioni di sostegno e solidarietà nei confronti delle donne iraniane. Quest’anno l’8 marzo viene celebrato nel momento in cui in Iran molte attiviste si trovano in carcere. Vorrei ricordare Nasrin Setoudeh, mia coraggiosa collega avvocata, in prigione da due anni con l'accusa di sovversione per aver difeso detenuti politici. Nasrin e Narghes Mohammadi, anche lei attivista dei diritti umani, hanno ricevuto dal vostro Paese dei riconoscimenti per il loro impegno.

Vorrei ricordare anche che a Genova è stata dedicata una piazzetta a Neda Soltani, la giovane donne uccisa dal regime nel corso delle manifestazioni di protesta avvenute a Teheran nel 2009. La solidarietà nei confronti di Sakineh Ashtiani, condannata alla lapidazione, ha contribuito alla momentanea sospensione dell’esecuzione. Queste manifestazioni di solidarietà nei nostri confronti sono di grande supporto morale.

Come dicevo, oggi le donne iraniane soffrono ancora per l’ingiustizia e la discriminazione che subiscono di fronte alla legge. Per legge, la vita di una donna è considerata la metà di quella di un uomo: se una donna e un uomo subiscono gli stessi danni, la donna avrà un risarcimento dimezzato rispetto a quello riconosciuto all’uomo. Sempre secondo la legge, la testimonianza in tribunale di due donne è equivalente a quella di un solo uomo. Un uomo può sposarsi quattro volte e può divorziare quando lo desidera, senza giustificazioni. Per le donne, chiedere il divorzio è molto difficile, in alcuni casi impossibile.

Questi sono solo dei piccoli esempi della grande discriminazione di genere introdotta legalmente a partire dalla rivoluzione del 1979. Le donne iraniane contrastano questa discriminazione e si battono unite per conquistare i loro diritti, nonostante i numerosi ostacoli, a cominciare dall’arresto delle attiviste. La Procura le accusa di essere sovversive e di agire contro la sicurezza nazionale. In realtà, rivendicano solo i loro diritti.

In questo periodo, molte donne soffrono o per l’arresto diretto o per l’attesa, fuori dalle carceri, di notizie dei loro cari in prigione. A ogni voce di dissenso politico si risponde con il carcere e questa politica repressiva ha anche una conseguenza economica, perché spesso gli arrestati sono portatori di unico reddito, la cui mancanza è subita dal nucleo familiare, in primis dalle donne. Il governo risponde con condanne a lungo termine e fa subire ristrettezze economiche alle famiglie.

Vorrei inoltre segnalare la difficoltà in cui si trovano le detenute madri alle quali il governo, come ricatto, impedisce di vedere i propri figli. Una di queste detenute è Nasrin Setoudeh, che ha due figli, una di 12 anni e uno di 5. In questi ultimi mesi, hanno avuto il permesso di incontrarsi poche volte con la mamma, senza poter avere alcun contatto fisico. Questa violenza psicologica viene usata per mettere in ginocchio le attiviste. Sebbene non sia facile sopportare queste pressioni, in particolare per una madre, le donne iraniane non si arrendono e, unite e solidali, non smetteranno di lottare fino alla conquista di pari diritti. Io so che un giorno non lontano le donne iraniane raggiungeranno i loro obiettivi e ringrazio voi, popolo italiano, per aver sempre sostenuto e ricordato la lotte delle mie concittadine.

" Anche noi arabe vogliamo sentire il vento di libertà "

Un appello certamente da diffondere, ma con una precisazione.
Non è arrivata nessuna democrazia nei Paesi della 'primavera araba'. Ciò che è arrivato è la sharia. Per questo l'appello non porterà a nulla. La sharia non è compatibile nè con la democrazia nè con i diritti delle donne. In una parola, con la LIBERTA'.
Ecco il pezzo:

Noi, donne arabe impegnate nella lotta per la democrazia, la dignità e l’uguaglianza, noi che siamo state in prima linea negli straordinari cambiamenti che avvengono nel mondo arabo, vogliamo ricordare alla comunità internazionale che le donne hanno gli stessi diritti degli uomini a beneficiare del vento della libertà e della dignità che sta soffiando nella regione.

Le donne hanno sempre fatto parte della lotta per i diritti, diversa per importanza da un Paese all’altro. Questi diritti però restano sotto il livello delle nostre aspirazioni, in una regione dove lo donne soffrono una delle peggiori condizioni del mondo intero. La violenza, quella pubblica o quella privata, resta diffusa e troppo poco è stato fatto per fermarla. La legge sulla famiglia, nella maggior parte dei Paesi arabi, è una legislazione che non fa che istituzionalizzare l’esclusione e la discriminazione. Altre legislazioni, come quella sulla cittadinanza, o i codici civili e penali, non fanno che rinforzare la discriminazione. Le leggi attuali violano i diritti e le libertà fondamentali di ragazze e donne con l’istituzione di pratiche come la poligamia e il matrimonio di minori, creando diseguaglianze nei diritti in campi come il matrimonio, il divorzio, la custodia dei figli e l’accesso alla proprietà e all’eredità. Ci sono leggi che coprono i delitti d’onore, che permettono a un maschio della famiglia che uccide una parente di invocare le attenuanti.

Nonostante la maggior parte dei Paesi arabi, con l’eccezione del Sudan e della Somalia, abbiano ratificato - con vari gradi di entusiasmo - la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, approvata dall’Onu nel 1979, essa non ha avuto un impatto reale sulla condizione femminile.

Oggi il mondo arabo sta costruendo la democrazia, puntando a consolidare il ruolo della legge e dei diritti umani. Crediamo che l’eguaglianza non possa venire raggiunta senza democrazia, e che la piena fruizione della democrazia è possibile solo laddove esiste una completa uguaglianza tra donne e uomini.

Per queste ragioni ricordiamo agli Stati, ai partiti politici e alla società civile nei Paesi arabi che devono fare il possibile perché la dignità delle donne e la loro eguaglianza con gli uomini non vengano di nuovo sacrificate in nome di presunte altre priorità.

Nessuna democrazia può venire costruita a scapito di metà della società. Abbiamo costruito il nostro presente insieme, e insieme costruiremo un futuro migliore. Chiediamo: - la tutela dei diritti esistenti, l’eguaglianza completa ed effettiva, e l’inserimento dei diritti delle donne nelle Costituzioni;

- l’adozione di misure legislative e amministrative per sradicare la violenza contro le donne;

- la ratifica e l’applicazione della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, senza riserve, e l’adesione al suo spirito e a tutte le consequenze concrete che comporta;

- l’adozione di leggi che proteggano le donne dalle diseguaglianze sociali ed economiche e dalla discriminazione, soprattutto in famiglia;

- l’adozione di misure di azione affermativa per garantire alle donne l’accesso a posizioni decisionali e la loro partecipazione alla politica e alle associazioni della società civile;

- la denuncia di chi alza la voce per discriminare le donne sulla base di interpretazioni retrograde di precetti religiosi, e di chi cerca di impedire alle donne una piena ed effettiva partecipazione a una vita di dignità e di rispetto per i diritti umani.

Souhayr Belhassen (presidente Fidh, tunisina), Bochra Belhadj Hmida (avvocato, cofondatrice ed ex presidente dell’Associazione tunisina delle donne democratiche, tunisina), Shahinaz Abdel Salam (blogger e attivista, egiziana), Nawal El Saadawi (psichiatra, scrittrice e femminista storica, egiziana), Tahani Rached (regista, egiziana), Samar Yazbek (romanziera, siriana), Azza Kamel Maghur (avvocato e membro del Consiglio libico per i diritti umani, libica), Wassyla Tamzali (femminista e saggista, algerina).

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