Riprendiamo dal sito internet dell'Associazione di amicizia italo-palestinese Onlus l'articolo di Mya Guarnieri dal titolo " Israele aumenta le demolizioni in un’area critica per il futuro dello Stato di Palestina".
L'articolo lamenta la decisione del governo israeliano di demolire le baracche di un villaggio beduino.
La questione beduina può essere riassunta in questi termini: da un lato, essendo cittadini israeliani, i beduini godono degli stessi diritti e doveri di tutti i cittadini, dall'altro ciò è impossibile perchè spesso vivono in zone desertiche dove è praticamente impossibile usufruire dei servizi (acqua, luce, fognature,...).
Per questo i governi israeliani si sono da sempre sforzati di urbanizzare le comunità beduine che vivono in villaggi isolati dalle zone di nuova costruzione.
Alcune comunità legate alla tradizione tribale non hanno accettato il salto nella modernità e i trasferimenti. Chiedono soluzioni impossibili da realizzare. Persino l'istruzione rappresenta un problema, dato che nei loro villaggi in zone desertiche non ci sono strutture adeguate.
Per quanto concerne la demolizione delle 'abitazioni', che sono in realtà baracche - come si vede dall'immagine, facciamo notare che sono abusive e, ovunque nel mondo, succederebbe altrettanto, non si capisce perchè Israele dovrebbe fare eccezione, nè per quale motivo la zona accando a Ma'alè Adumim dovrebbe essere 'critica' per lo Stato palestinese.
Ecco il pezzo:
Jbal al Baba (ras al baba) con Maale Adumin alle spalle
Il villaggio beduino di Jabal al Baba (detto talvolta Ras al Baba) non è quel tipo di luogo che finisce in prima pagina. In realtà, è quel tipo di luogo che non sempre compare sulle mappe.
Situato nell’area E1 tra Gerusalemme Est e Ma’ale Adumim – una zona che Israele allarga al fine di interrompere la contiguità nella West Bank, rendendo impossibile la formazione di uno Stato palestinese con Gerusalemme Est come sua capitale – Jabal al Baba è un minuscolo insieme di baracche di latta e di scarti di rottamazione, costruito tra massi bianchi e lisci. Da una parte: il muro. Dall’altra: il muro. Ma’ale Adumim , con le sue file ordinate di tetti rossi, se ne sta in distanza. Una sporca strada cosparsa di immondizia rappresenta l’unica via di accesso e di uscita dal villaggio, che è arrampicato su di una collina.
Strada che porta a Jabal al Baba (Ras al Baba)
Due costruzioni nel villaggio beduino di Jabal al Baba (Ras al Baba)
Baracca nel villaggio beduino di Jabal al Baba (Ras al Baba)
Nonostante il fatto che Jabal al Baba è accerchiato dalla barriera di separazione, qui non ci sono le manifestazioni settimanali di protesta come a Bilin e Nabi Saleh. Così, per o più, i mezzi di informazione non arrivano. Perché, si sa, se non c’è sangue, non c’è notizia.
Due settimane fa – mentre i giornalisti erano occupati con lo strepito sull’Iran e il noioso cianciare dei candidati presidenziali americani – le autorità israeliane hanno inviato gli ordini di evacuazione a nove famiglie di Jabal al Baba. Gli abitanti del villaggio ritengono che ci sarà una ripercussione su circa 60 persone. E’ proprio questo il momento appropriato. Se la comunità internazionale non interviene e mette un freno all’espansionismo israeliano – la crescita incontrollata dei territori occupati che va di pari passo con la cacciata di palestinesi e beduini – la gente del luogo prevede che, fra qualche giorno, i soldati e la polizia di frontiera arriveranno per l’intero villaggio.
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I loro timori non sono fuori luogo. L’Amministrazione Civile – la cui attività è tutt’altro che civile – ha intenzione di espellere i beduini da E1 per allargare la colonia illegale di Ma’ale Adumim. Tale piano è stato annunciato nel 2011, un anno che ha visto, nei Territori Palestinesi Occupati, un drammatico incremento delle demolizioni ed espulsioni.
Ma a due mesi dall’inizio, il 2012 dà già l’impressione che sarà un anno record.
Secondo le Nazioni Unite, al 14 febbraio di quest’anno Israele ha “cacciato con la forza” 159 palestinesi e beduini di Gerusalemme Est e della West Bank. Nello stesso periodo del 2011, ne erano stati espulsi 116.
Le prime sei settimane del 2012, hanno visto Israele demolire circa 100 edifici, 23 dei quali erano abitazioni; nello stesso intervallo di tempo del 2011 gli edifici abbattuti sono stati 59. Le Nazioni Unite concludono che i numeri “potrebbero fornire una prima indicazione che continua la tendenza crescente delle demolizioni nel 2012.”
A partire dal 24 febbraio 2012, le Nazioni Unite riferiscono che sono state distrutte 30 case ed altri 80 edifici, mentre sono stati scacciati 207 palestinesi e beduini. 114 di questi – quindi più della metà – erano bambini.
Non è un caso che Israele intensifichi i suoi sforzi di espellere beduini e palestinesi dai Territori Occupati ora, durante il corso delle elezioni americane. Sebbene questi trasferimenti normalmente avrebbero raccolto critiche da parte degli Stati Uniti – e così è effettivamente accaduto nel 2008 sotto George W. Bush, quando i piani per estendere E1 furono procrastinati in quanto l’attività edilizia israeliana in quel caso fu considerata come un brutto colpo per lo Stato palestinese – ora i politici americani rimangono in silenzio mentre, dio ce ne scampi, valutano i costi per i loro partiti politici di tutti i voti ebraici.
E quindi, naturalmente, c’è tutto questo chiasso a proposito dell’Iran, che occupa spazio che, diversamente, potrebbe essere dedicato ad articoli sulle demolizioni israeliane.
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Il giorno in cui ho visitato Jabal al Baba, c’era in arrivo un violento temporale invernale, che s’innalzava sulle rocce e cadeva forte sulle baracche. Ci avevano fatto entrare in una di queste e mentre ce ne stavamo seduti sui sottili materassini che facevano anche da letto, un giovane con una kefiah avvolta attorno alla testa ha acceso il fuoco. Ha chiesto ad un ragazzo, che più tardi avremmo saputo essere suo nipote, di preparare il tè per tutti. Il giovane era seduto, alimentando il fuoco, ciocco dopo ciocco, per assicurarsi che stessimo al caldo. Mi domandavo se sarebbe rimasta legna a sufficienza per loro.
In un ebraico corretto – che il giovane aveva appreso mentre lavorava come operaio edile in una colonia israeliana, dato che, come dire, non c’era altra possibilità – il beduino di Jabal al Baba ha insistito perché rimanessimo; che aspettassimo insieme a loro che cessasse il temporale. Quando ci siamo alzati per partire, si sono raccomandati che tornassimo a far loro visita, ma più lunga. “Trascorrete qui il fine settimana,” ha detto, aggiungendo, “E’ molto bello qui.”
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