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La Stampa Rassegna Stampa
05.03.2012 La pace in Medio Oriente vista da uno sguardo troppo ottimista
l'opinione di A. B. Yehoshua

Testata: La Stampa
Data: 05 marzo 2012
Pagina: 1
Autore: A. B. Yehoshua
Titolo: «La via della pace che passa dalla Palestina»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 05/03/2012, a pag. 1-35, l'articolo di A. B. Yehoshua dal titolo " La via della pace che passa dalla Palestina ".


A. B. Yehoshua

La minaccia nucleare iraniana è concreta, A. B. Yehoshua lo riconosce e prova a trovare una soluzione per arginarla. A suo avviso : "Ogni vero passo verso un accordo con i palestinesi farà sì che questi ultimi si uniscano alla ferma richiesta di bloccare le minacce di guerra iraniane". Questo potrebbe essere vero, se non fosse che l'obiettivo primario degli arabi non è tanto la creazione di uno Stato palestinese, quanto la cancellazione di quello ebraico. Basta scorrere tutti gli anni di negoziati passati. A partire dalla fondazione di Israele, tutti gli sforzi arabi si sono concentrati sulla distruzione di Israele, col totale rifiuto della nascita di uno Stato palestinese a fianco di quello ebraico.
Hamas continua a predicare nel proprio statuto la lotta contro lo Stato ebraico e la sua cancellazione. L'accordo dei 'moderati' dell'Anp con Hamas non ha cambiato la situazione.
Yehoshua continua : "
 riprendere con energia, onestà e serietà il processo di pace con i palestinesi e arrivare a ciò che persino l’attuale governo di destra ha apertamente dichiarato essere un obiettivo politico: due Stati per due popoli. E come atto di buona volontà interrompere l’ampliamento degli insediamenti esistenti e smantellare quelli illegali. E se ciò sarà fatto gli iraniani saranno costretti ad abbandonare la loro retorica esaltata e le loro perfide minacce.". Come scrive Yehoshua stesso, l'attuale governo israeliano è favorevole alla nascita dello Stato palestinese. Ma è ovvio che, perchè questo accada, Israele ha bisogno di garanzie per quanto riguarda i confini e la sicurezza dei propri cittadini. La controparte araba non offre nessuna rassicurazione e avanza pretese inaccettabili, rifiutando qualunque compromesso.
Sul fatto, poi, che l'Iran abbandonerà la sua retorica e le minacce una volta che ci sarà lo Stato palestinese, nutriamo diversi dubbi.
La 'causa palestinese', al momento, ha trovato appoggio dai Fratelli Musulmani in Egitto. La priorità dell'Iran in Medio Oriente, al momento, è la salvaguardia del dittatore siriano, suo alleato insieme ad Hezbollah in Libano.
"
Quando lo Stato di Israele fu fondato Iran e Turchia, due Stati musulmani, lo riconobbero. Di più. I rapporti con le antiche comunità ebraiche presenti sul loro territorio si mantennero relativamente corretti e tolleranti". Quando Israele fu fondato, nel '48, l'Iran non era ancora stato devastato dalla rivoluzione di Khomeini, non era ancora una teocrazia islamica. E la Turchia non aveva ancora subito il piano di islamizzazione voluto da Erdogan, era ancora un Paese laico. I loro rapporti con Israele sono cambiati nel corso degli anni. L'Iran auspica la distruzione di Israele. Erdogan non ha espresso nulla di simile, per il momento, ma ha accolto e finanzia Hamas. Forse sarebbe il caso che ABY si aggiornasse sui cambiamenti avvenuti.
Per quanto riguarda la comunità ebraiche in Iran e Turchia, facciamo notare che si sono notevolmente ridotte. Gli ebrei turchi e iraniani sono fuggiti, proprio come hanno fatto tutti gli altri prima di loro negli altri Paesi islamici.
"
Lo Stato ebraico non ha mai ucciso un soldato iraniano né l’Iran ne ha mai ucciso uno israeliano". Materialmente l'Iran non è entrato in guerra contro Israele, ma finanzia Hezbollah e la Siria, che hanno avuto pesanti conflitti con lo Stato ebraico.
Che dire dei soldati israeliani rapiti durante la guerra in Libano e spariti senza lasciar traccia? E Ron Arad? Rapito da Hezbollah, trasportato quasi sicuramente in Iran dove è stato poi assassinato?
Yehoshua continua : "
L’Iran, nonostante il regime crudele e fanatico che lo governa, non è la Corea del Nord, e questo lo si può vedere dai film profondi e complessi che produce e certamente dalla rivolta popolare avvenuta due anni fa.". L'Iran non sarà la Corea del Nord, ma che cosa c'entra? Dal punto di vista israeliano è peggio. La Corea, se non altro, non minaccia lo Stato ebraico.
Yehoshua prende ad esempio la filmografia iraniana, come se la produzione dei registi iraniani avesse qualcosa a che vedere con la teocrazia iraniana. I registi giustamente famosi, vivono e lavorano all'estero, non certo in Iran, dove sarebbero tutti in galera. Non è la popolazione iraniana a minacciare Israele, ma il suo regime. Non c'è niente di culturale e profondo nelle minacce di Ahmadinejad e Khamenei.
Yehoshua conclude il suo articolo con queste parole : "
sono sicuro che ogni vero passo verso la pace con i palestinesi farà sì che questi ultimi si uniscano alla ferma richiesta di fermare le minacce di guerra iraniane perché un eventuale conflitto fra Israele e Iran distruggerebbe ogni possibilità di indipendenza nella loro patria.". Vorremmo poter credere anche noi a un futuro così roseo e semplice.
Se la chiave della soluzione fosse la costruzione di uno Stato palestinese e se questo fosse ciò che desiderano sul serio gli arabi, il conflitto sarebbe stato disinnescato diversi anni fa. Anzi, non ci sarebbe mai stato.
Ecco il pezzo:

Ogni vero passo verso un accordo con i palestinesi farà sì che questi ultimi si uniscano alla ferma richiesta di bloccare le minacce di guerra iraniane.
Qualche giorno fa un giornalista televisivo olandese mi ha intervistato a proposito della questione nucleare iraniana. A quanto pare il primo ministro Netanyahu ha vietato ai politici di rilasciare interviste in merito e il giornalista olandese non ha avuto altra scelta che cercare altri candidati, forse più «intellettuali» ma privi di informazioni autorevoli e fondate.

Il giornalista mi ha chiesto se ritenevo che Israele avrebbe attaccato gli impianti nucleari in Iran. Gli ho risposto che non lo sapevo. Mi ha chiesto se ritenevo fosse il caso di colpire la ricerca nucleare iraniana per impedire la produzione di una bomba atomica. Ho risposto che non lo sapevo. Ha insistito a domandare se ritenevo che l’Iran potesse usare un’eventuale bomba contro Israele. Ho risposto che non lo sapevo. Ha poi proseguito chiedendomi se ritenevo che Israele potesse accontentarsi delle sanzioni imposte dall’Occidente contro l’Iran. Ancora una volta ho risposto che non lo sapevo. A questo punto ho notato che il giornalista stava cominciando a mostrare segni di disperazione per questo suo intervistato «intellettuale» che rispondeva a ogni domanda con un «non lo so» e mi ha chiesto: «Allora mi dica cosa sa». Ho immediatamente risposto che sapevo cosa andava fatto con urgenza perché tutte le sue domande si rivelassero inutili: riprendere con energia, onestà e serietà il processo di pace con i palestinesi e arrivare a ciò che persino l’attuale governo di destra ha apertamente dichiarato essere un obiettivo politico: due Stati per due popoli. E come atto di buona volontà interrompere l’ampliamento degli insediamenti esistenti e smantellare quelli illegali. E se ciò sarà fatto gli iraniani saranno costretti ad abbandonare la loro retorica esaltata e le loro perfide minacce.

Non intendo addentrarmi nella questione della minaccia reale o immaginaria dell’Iran verso i Paesi arabi suoi vicini: l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo. Né intendo addentrarmi nella questione del prezzo del petrolio e delle sue eventuali ripercussioni. Che i musulmani, sciiti o sunniti, si sbrighino le loro beghe fra loro. E che gli Stati Uniti e l’Occidente si preoccupino da sé dei loro interessi vitali. E se ritengono che un Iran nucleare possa rappresenta una minaccia per i loro alleati, penso che abbiano a disposizione i mezzi economici o militari e abbastanza portaerei per neutralizzare questa minaccia senza mettere a repentaglio l’incolumità delle loro città e dei loro cittadini.

Una cosa però mi è chiara alla luce dell’esperienza passata e presente.

Quando lo Stato di Israele fu fondato Iran e Turchia, due Stati musulmani, lo riconobbero. Di più. I rapporti con le antiche comunità ebraiche presenti sul loro territorio si mantennero relativamente corretti e tolleranti, diversamente da quanto avvenne in altri Paesi arabi - e anche in alcuni cristiani - dove agli ebrei fu riservato un trattamento duro e umiliante. E negli anni in cui l’ostilità araba verso Israele era assoluta e inequivocabile l’Iran e la Turchia continuarono a mantenere relazioni economiche, diplomatiche, e persino militari con Israele. Anche dopo la guerra dei Sei giorni e quella del Kippur, quando questi due Paesi islamici, come altri Paesi del mondo, chiesero la creazione di uno Stato palestinese a fianco di Israele, non interruppero le relazioni diplomatiche con Israele.

Lo Stato ebraico non ha mai ucciso un soldato iraniano né l’Iran ne ha mai ucciso uno israeliano. I due Paesi non hanno una frontiera comune e non vi è alcuna controversia territoriale tra loro.

Non sono un esperto dell’Iran per cui non so se l’odio cocente che i suoi leader manifestano contro Israele provenga dal profondo del cuore o se permetta loro di dare un contenuto e uno scopo al dominio oltranzista religioso che rappresentano. Le intenzioni e dichiarazioni degli iraniani sono serie o sono soltanto slogan intesi a rafforzare l’unità nazionale? L’Iran, nonostante il regime crudele e fanatico che lo governa, non è la Corea del Nord, e questo lo si può vedere dai film profondi e complessi che produce e certamente dalla rivolta popolare avvenuta due anni fa. Anche gli iraniani sono consapevoli dell’evoluzione della situazione in Medio Oriente e della primavera araba che ha indebolito tutti gli Stati arabi.

È vero che dopo l’Olocausto occorre prendere in seria considerazione qualsiasi dichiarazione folle e irrazionale di Paesi totalitari. Non posso quindi biasimare le autorità israeliane che minacciano di bombardare gli impianti nucleari iraniani e si preparano militarmente a una tale eventualità. Ma sono sicuro che ogni vero passo verso la pace con i palestinesi farà sì che questi ultimi si uniscano alla ferma richiesta di fermare le minacce di guerra iraniane perché un eventuale conflitto fra Israele e Iran distruggerebbe ogni possibilità di indipendenza nella loro patria.

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