Per Obama inizia una settimana decisiva
Analisi di Piera Prister
Quello che si prepara a Washington lunedi’ 5 marzo 2012 tra Obama e Netanyahu sara’ un incontro molto teso, una partita a due in cui il presidente americano fara’ promesse ma giochera’ a carte coperte, riservandosi il diritto di giocare l’ultima carta top-secret che cadra’ sul tavolo nel momento opportuno per salvare la sua seconda eventuale presidenza, e questo accadra’ prima delle elezioni di novembre che potrebbero riconsacrarlo come presidente della piu’ potente nazione al mondo.
Il presidente Obama potrebbe dimostrarlo con un intervento militare congiunto in Iran, e in quel momento gran parte degli americani sarebbero disposti nell’euforia generale, a perdonargli le sue magagne in politica interna, il fallimento dello stimulus economico, il raddoppio del deficit finanziario, nonche’ la disoccupazione e il nuovo fenomeno della sottoccupazione, che purtroppo esiste paurosa ma di cui nessuno parla.
Nel frattempo Bibi Netanyahu da Ottawa nell’incontro di venerdi’con il Primo Ministro canadese Stephen Harper, ammonisce la comunita’ internazionale a non cadere nelle trappole di Teheran e aggiunge che Israele si riserva il diritto di difendere se stesso contro l’Iran. WE RESERVE THE RIGTH TO DEFEND OURSELVES AGAINST A COUNTRY THAT CALLS FOR OUR DESTRUCTION Tutto alla Casa Bianca e’ stato gia’predisposto, l’indice di gradimento del presidente sta riprendendosi, si tratta di temporeggiare fino a quella fatidica data: no, quindi, alle esercitazioni militari congiunte con Israele, no al dare alla politica estera un maggiore rilievo che a quella interna, si’ invece a lasciar fare agli eventi, si’ ad incaricare Hillary Clinton di tuonare e fare la voce grossa ad Assad di Siria contro i massacri della popolazione. E ancora si’ a permettere al ministro della difesa Leon Panetta di dichiarare in un’ intervista recente, riportata sul Wall Street Journal, che gli USA non hanno ancora pronta la bomba da usare, la MOP Massive Ordinance Penetrator, stretta e lunghissima che esplode in profondita’, in grado di colpire i siti nucleari iraniani sepolti in gallerie nelle viscere della terra.
Barack Obama ora piu’ che mai vuole essere assente dalla scena internazionale perche’ siamo in piena campagna elettorale e agli occhi dei suoi elettori che erano stanchi della guerra, non vuole passare per un guerrafondaio -come si diceva fosse George Bush- anche perche’ insignito a priori, prima che lo meritasse, del premio Nobel per la Pace.
Ma eccolo di nuovo Bibi Netanyahu che arriva alla Casa Bianca a ricordargli che il tempo stringe e che e’ necessario fissare una linea rossa, oltrepassata la quale, l’unica opzione rimasta da adottare e’ quella militare. Tanto piu’ perche’ in America c’e’ un elettorato che ha a cuore Israele, siano esse le associazioni ebraiche come AIPAC e ADL, i cristiani del CUFI e anche la maggioranza dei deputati nel Congresso, tutti quanti appoggiano Israele incondizionatamente e fanno pressioni sul Presidente americano a cui non puo’ per decenza sottrarvisi.
Ma si sa che ad Obama non piace Netanyahu, con tutte quelle anticamere in cui il presidente americano lo ha fatto aspettare- lo sanno ormai tutti, anche Charlie Rose il popolare intervistatore di PBS –filo-obamiano, che lo ha proprio dichiarato ieri venerdi’ quando intervistava il presidente israeliano Shimon Peres che invece non s’e’ prestato a chiacchiere ma diplomaticamente ha elogiato molto Obama, gli premeva solo essere chiaro su tre punti:
1) Il grande pericolo mondiale rappresentato dall’Iran che e’ una teocrazia imperialista (sic) con i bracci armati di Hamas ed Hezbollah
2) L’unita’ dello Stato Ebraico contro la formazione di uno stato binazionale
3) L’indivisibilita’ di Gerusalemme e l’impossibilita’ di ritornare ai confini del ‘67. Su cui anche Netanyahu non demorde.
Rimane tuttavia in mano ad Obama una carta importantissima da giocare e forse la giochera’ come ha gia’ fatto quando diede l’ordine di uccidere non solo Bin Laden ma anche Al Awlaki. Infatti ritornando un po’ indietro alla meta’ del 2011 Obama aveva aperto la campagna elettorale in corso a suo favore, annunciando tre grandi successi:
1) l’uccisione di Bin Laden
2) l’uccisione di Al Awlaki
3) per mettere a tacere le polemiche, aveva finalmente reso pubblico il suo certificato di nascita, vero o falso che fosse. Strana coincidenza che questo accadesse proprio in occasione dell’apertura della campagna elettorale che lo ha visto trionfante e carico di gloria e in netto vantaggio sui suoi avversari politici. Se allora ci fossero state le elezioni Obama avrebbe certamente vinto. La gloria potrebbe ripresentarglisi solo che lo volesse, ed e’ giocoforza pensare che nessun uomo di potere potrebbe sottrarvisi.
Ma fronteggiare l’Iran ora non rientra nel suo stile che e’ tutto scuse ed overtures e che potrebbe portare i prezzi del petrolio ad impennarsi se l’Iran in tutta risposta chiudesse gli Stretti di Hormuz. Barack Obama aspetta e prepara, forse giochera’ la sua carta nel gran finale.
Ma ora che cosa vuole quel guastafeste di Netanyahu che arriva a rompere le uova nel paniere? Gia’ in passato Daniel Pipes gli aveva rivolto un appello a bombardare i siti nucleari iraniani se voleva assicurarsi la rielezione alla Casa Bianca. Ma Obama non si e’ mosso, ne’ vuole che Israele si muova, ma che piuttosto rinunci e ritorni ai confini del ’67, e la smetta con quell’idea peregrina di costruire appartamenti a Gerusalemme Est.
A suo giudizio gli Israeliani sarebbero warmongers ossia dei guerrafondai che ostacolano il processo di pace voluto da quella “colomba” di Abu Mazen, i Palestinesi invece a suo giudizio non sarebbero guerrafondai, ne’ tantomeno un popolo inventato.
Nella storia della sua presidenza Obama non ha nascosto la sua avversione per Netanyahu e quindi verso lo stato di Israele che Netanyahu rappresenta nell’avvicendamento politico dei partiti al potere, dimentico che Israele e’ una democrazia, mentre tendeva una mano amica alla teocrazia misogina ed omofoba, antisemita e cristofoba degli ayatollah.
Ma ora lunedi’ Barack Obama deve stare molto attento a non maltrattare Netanyahu facendogli fare l’anticamera, o mettendo i piedi sulla scrivania quando stara’ a colloquio con lui, l’elettorato ebraico e cristiano non glielo perdonera’.
Eppoi Israele non puo’ aspettare, e’ in prima linea, con i nemici terroristi che incombono in un Medio Oriente che va a fuoco e avanzano prima in Libano, Gaza, Tunisia, Egitto, Libia ed ora in Siria con il rischio di armi bio-chimiche di distruzione di massa con relative rampe missilistiche gia’ pronte sparse sul suo territorio. Vedere la mappa riportata sul WSJ. http://www.google.com/imgresum=1&hl=en&biw=1212&bih=608&tbm=isch&tbnid=Zvavw70i-LyNqM:&imgrefurl=http://online.wsj.com/article/SB10001424053111904009304576532652538547620.html&docid=Qy2N_txs7gX9uM&imgurl=http://si.wsj.net/public/resources/images/WO-AG838_SYRIAW_G_20110826180019.jpg&w=555&h=629&ei=NCAwT864DuSLsQLs5oGzDg&zoom=1&iact=rc&dur=517&sig=111749199259313826861&page=1&tbnh=136&tbnw=120&start=0&ndsp=21&ved=1t:429,r:0,s:0&tx=71&ty=72 Le sanzioni economiche non funzionano, finora vi sono state solo attivita’ di sabotaggio, intelligence, spionaggio, attacchi cibernetici, Stuxnet, spie satellitari, sofisticati GPS hanno funzionato in una guerra tecnologica gia’ iniziata e che hanno ritardato la corsa all’arricchimento dell’uranio che Ahmadinejad disse sarebbe stata come una locomotiva in discesa senza freni.
Bisogna fermare quel treno!
Non si tratta piu’ di prevenire come ha detto Obama nel suo discorso alla nazione “The Union address” ma di fermare la corsa alla bomba che e’ gia’ iniziata da tempo prima che sia troppo tardi.
Piera Prister Bracaglia Morante