“No ma un rabbino che sia qui vicino? Hollywood Blvd?”
Intanto il regista di Footnote, geniale film israeliano nominato come miglior film straniero, Joseph Cedar siede tranquillo, aspettando, come secoli fa, che arrivi un vecchio saggio a risolvere il suo dubbio etico, uno dei tanti paradossi da storiella ebraica. E’ Shabbat, il giorno del riposo, e lui annuncia che è arrivato a piedi a teatro dall’hotel, con tutta calma.
Per i nativi Los Angelini, apprendere che una persona può scegliere di non usare la macchina, è la cosa meno kasher che esista.
Arriva il rabbino sfogliando freneticamente diversi libri. “ Il problema del microfono” annuncia. Poi continua: “No non si può usare…no…No…non si può fare…”
“Ma rabbi, condivido una storia, un racconto non è vero lavoro”
Si consultano in ebraico.
“L’elettricità. L’elettricità! Quand’è stato acceso il microfono? Era già acceso?”
Dopo una serie di consultazioni, viene determinato che il microfono non potrà nè tenerlo in mano nè accenderlo.
“Non è peccato se non lo tieni in mano”
“Infatti e lo lasciamo accender a qualcun altro…”
“Avete un microfono già acceso da ieri sera…?”
I tecnici si guardano perplessi. “C’è questo va col bluetooth. In teoria è sempre acceso…”
La parola bluetooth fa illuminare il sorriso del vecchio saggio, si è aperta una porta: le onde wireless come risposta e flusso tra l’essere e il non-essere.
Il microfono viene fissato al bracciolo della sedia, immobile, un oggetto che fa ora solo eco ai pensieri e alle discussioni e non è più uno strumento del fare.
Gli Israeliani intanto si guardano attorno beffardi, forti grazie all’auto-riflessività Alleniana unita alla tenacia del deserto.
Qualcosa di ben più complesso da risolvere però aleggia sopra quest’evento e la notte degli Oscar. Una notte dedicata all’arte, alla meraviglia, allo spettacolo, un’edizione che si concentra su quella sensazione universale – del cinema degli inizi e di ogni generazione – del capire cosa si prova a vedere un film per la prima volta, a credere completamente in quell’illusione perché magica e genuina e non “intellettuale”, ideologica. Non c’è nulla nella Storia come il linguaggio visivo (e oggi in parte internet) che permetta comunicare tra nazioni in modo più diretto, per emozionarsi tutti con la stessa intensità. Quest’anno poi ci sono americani innamorati della Francia, francesi innamorati dell’America, il silenzio dei corti…ma alla maggior parte della gente, giustamente tutto quello che importa è che vestito ha addosso Penelope Cruz o Angelina Jolie…E’ una notte divertente..non ci sono teorie profonde sull’Arte, non c’è’ politica se non in qualche battuta da stand up comedian.
Ma un po’ come nei mondiali o alle olimpiadi, quando ci sono paesi uno contro l’altro in una competizione… ci viene a tutti da giocare a Risiko, o da scherzare anche solo proiettando la loro Storia in un match…. Questo aiuta a vendere giornali o a fare scommesse divertenti: colonizzati contro colonizzatori, derby India-Pakistan, echi di guerre recenti in USA-Corea del Sud…nazionalismo e stereotipi se l’Italia è contro la Francia.
E quest’anno Israele e Iran….. A Separation è un film molto bello, che mostra un Iran colto moderno e che fa provare emozioni profonde, si sa che probabilmente vincerà, (come poi è successo) contro Footnote, una storia intrisa di letteratura e riflessività, del rapporto tra un padre e un figlio.
In un ambiente prevalentemente immerso nella cultura ebraica come Hollywood, le i-Pad sono tutte aperte su Haaretz, la pagine esteri del New York Times. Inizialmente sono solo battute e guardando meglio però c’è’ una tensione effettiva che non ha nulla a che vedere con i registi e i produttori dei film ma con le prime pagine dei giornali: la direttiva di Teheran a tutti i cittadini iraniani di evitare contatti con Israeliani. Vengono dall’uomo che ha detto che Israele dev’essere cancellato dalla mappa mondiale, da discorsi di un presidente (Ahmadinejahd) intrisi di antisemitismo e anti-sionismo moderno,di quelli che dichiarano che Hollywood e’ anche la prova che nei Protocolli di Sion c’e’ della verità di una cospirazione sionista….non sono solo la versione reale delle follie dittatoriali alla Sacha Baron Cohen…ma hanno davvero un effetto. Addirittura in California…a Hollywood…Com’è possible?
Eppure i tavoli devono essere separati…precauzioni estreme vengono prese se dall’Iran venissero fatte dichiarazioni pesantemente anti-israeliane. Ci sarà davvero qualcuno che arriverà a non parlare a un proprio collega solo in quanto ebreo o Israeliano? Ci saranno delle ripercussioni sui giornali internazionali?
La squadra di calcio dell’Iran – si discute – si e’ recentemente rifiutata di giocare contro una squadra serba perchè l’allenatore di quest’ultima e’ israeliano, Avram Grant. Questo non è un buon precedente.
I registi sono allineati in modo che Joseph Cedar e Asghar Farhadi non possano comunicare direttamente.
Ovviamente i due registi si comportano in modo estremamente civile, rispettoso e affettuoso , applaudono quando l’altro parla e così via, ma il passaparola non cessa…gli ordini del governo Iraniano e le domande che potranno fare poi alla dogana al ritorno, non sono cose da prendere sottogamba.
Non sono le olimpiadi di Monaco certo, solo due film stranieri in gara per una statuetta , però non è nemmeno solo un gioco goliardico.
Qualcuno commenta, che l’ironia più grossa è che nel 1997, il film iraniano allora in concorso abbia perso con La Vita E’ Bella. Hollywood-Amadinejad 1-0. Gol al negazionismo all’ultimo minuto…
Non è il caso nemmeno di esagerare o leggere troppo fra le righe. Gli Oscar valutano meriti di film e artisti e questi sono solo frasi tra un cocktail e una sessione di hair and make-up.
Forse però la questione è più grossa, e sta un po’ in questi due aneddoti.
Certo qualche eccesso religioso nel multi-tecnologico mondo moderno fa un po’ ridere –in fondo un vero Tzadik, (un Giusto) usa il blackberry o l’i-Phone? - però trasmette la forza dirompente della libertà della dialettica: da due cose opposte, in contraddizione, ne nasce una terza che trova una risposta intellettuale e etica.
Un ebreo insegna a un figlio a vivere non attraverso ciechi dogmi ma proprio attraverso queste “footnotes” note a piè di pagina, fatte di altri testi, racconti, battute, esempi…e più footnotes si trovano più c’e’ libertà. E il titolo o la parola sottolineata in grande, viene scomposta in tante lettere e radici…perde quell’assolutezza dell’ordine, del comando…
E’ più bello soffermarsi su tutte le note alla parola libertà, che vedersi come “vittime” e dichiarare di voler liberare il medio-oriente da un popolo…E’ più bello passare un pomeriggio a capire da dove deriva la parola pregiudizio piuttosto che trovarne un paio comodi, crederci e imporli a una nazione.