Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 29/02/2012, a pag. 15, l'articolo di Alberto Mattioli dal titolo "Genocidio armeno. No dei giudici alla legge di Sarkò".
Nicolas Sarkozy, genocidio armeno, Recep Erdogan
Come nel gioco dell’oca, si riparte dalla prima casella. Ieri il Consiglio costituzionale francese ha bocciato la legge Boyer, approvata dal Parlamento il 23 gennaio, che punisce con un anno di carcere e 45 mila euro di multa chi nega il genocidio degli armeni da parte dei turchi durante la Prima guerra mondiale. Per Nicolas Sarkozy, che l’aveva fortissimamente voluta per conquistare il voto dei circa 600 mila francesi di origine armena (il più famoso, Charles Aznavour, è anche un suo amico personale), è una netta sconfitta. Per la Turchia, che sulla questione aveva aperto una crisi con Parigi minacciando, in pratica, la rottura delle relazioni diplomatiche, un’altrettanto netta vittoria. Ma entrambe sono provvisorie perché, nemmeno un’ora dopo il verdetto, il Presidente ha ordinato al suo governo di presentare un altro progetto di legge, parlando di «immensa delusione e profonda tristezza» per la decisione dei Saggi.
Il ricorso al Consiglio costituzionale era stato firmato da 140 parlamentari, compresi molti di centrodestra («Non vedono più in là del loro naso», commentò Sarkò). E si sa che anche due ministri erano contrari: quello dell’Agricoltura, Bruno Le Maire, per allergia verso ogni legge sulla memoria, e quello degli Esteri, Alain Juppé, per salvare quel che resta dei rapporti con Ankara. I turchi, che avevano annunciato pesanti ritorsioni ma aspettavano la sentenza prima di metterle in pratica, ovviamente gongolano, anche perché la Francia è un partner commerciale troppo importante per rinunciarci a cuor leggero. «Questa decisione ha evitato una probabile grave crisi fra la Francia e la Turchia», ha infatti subito twittato il vicepremier di Ankara, Bülent Arinç.
Resta il problema sollevato da Valérie Boyer, la deputata di centrodestra che ha proposto la legge: la République riconosce due genocidi storici, la Shoah e appunto quello degli armeni, ma punisce solo chi nega il primo. E tuttavia molte voci avevano previsto la decisione di ieri, compresa quella, molto rispettata, di Robert Badinter, il guardasigilli di Mitterrand, l’uomo che abolì la pena di morte in Francia. Il Consiglio, un’assise formata da nove membri nominati dal Presidente della Repubblica e da quelli delle Camere più gli ex capi dello Stato, ha ritenuto che la legge può punire gli abusi della libertà d’espressione, ma non l’esercizio di questo diritto. E l’ha sotterrata.
La campagna elettorale, a 53 giorni dal voto, non dovrebbe esserne influenzata. L’iperattivismo del Presidente uscente paga ma, finora, non abbastanza: secondo l’ultimo sondaggio, al primo turno Sarkò sarebbe al 27% (in crescita del 2) contro il 31,5 (in calo di mezzo punto) dello sfidante socialista François Hollande; al secondo, perderebbe 58 a 42. Sarkozy, come annunciato, lancia una proposta al giorno: ieri ha promesso ai professori un aumento di stipendio del 25% in cambio di otto ore di lavoro settimanali in più, da 18 a 26.
Hollande invece si è improvvisamente ricordato di esser socialista e ha scatenato un putiferio con la proposta, che ha spiazzato i suoi stessi compagni, di elevare al 75% l’aliquota delle tasse per chi guadagna più di un milione di euro all’anno. E dire che in questi giorni la politica francese si fa soprattutto fra le vacche e le galline, perché tutti i candidati passano giornate al popolarissimo Salone dell’agricoltura di Parigi. Anche qui Hollande ha voluto strafare e ieri si è presentato alle sette del mattino, ci si è fatto fotografare mentre (in giacca e cravatta!) lavava una vacca e ci è rimasto dieci ore, battendo perfino il record (di nove) di Jacques Chirac, rimpianto campione della Francia più profonda e terragna.
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