lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
26.02.2012 George Weidenfeld, storia di un grande editore
Nell'intervista di Alain Elkann

Testata: La Stampa
Data: 26 febbraio 2012
Pagina: 20
Autore: Alain Elkann
Titolo: «Il libro tradizionale non morirà mai»

Sulla STAMPA di oggi, 26/02/2012, a pag.20, con il titolo " Il libro tradizionale non morirà mai ", Alain Elkann intervista George Weidenfeld, uno dei più grandi editori inglesi. Nato a Vienna 92 anni fa, lasciò l'Austria per sfuggire al nazismo, fuggendo a Londra, dove fondò la "Weidenfeld & Nicholson", uno dei nomi più illustri dell'editoria inglese, specializzata in libri d'arte, storia e biografie. Ebreo, pubblicò sempre libri di argomento ebraico e israeliano. Fu nominato Lord dalla corona inglese.  A 92anni - la casa editrice è ormai in altre mani - la sua attenzione ai problemi contemporanei è più attenta che mai. 
Ecco l'intervista,


Alain Elkann                          George Weidenfeld

George Weidenfeld, lei ha dedicato la vita ai libri, alla cultura, all’editoria, alla politica. Di che cosa si sta occupando ora?

«Pubblico libri e distribuisco borse di studio tramite una fondazione che prepara giovani leader provenienti anche dall’Europa dell’est. Mi occupo inoltre di creare ponti tra le varie culture europee e tra Israele e l’Europa».

Lei si considera soprattutto un editore?

«Forse non nel senso convenzionale, anche perché oggi ho un interesse maggiore per la politica».

Cosa pensa della posizione tedesca?

«Questo è un momento molto importante per la storia europea ma anche molto pericoloso in Medio Oriente dopo la Primavera Araba. Ma intanto l’America e l’Europa non hanno più gli stessi legami di prima».

Come si sta comportando l’Occidente?

«Le nuove generazioni non avvertono più il desiderio di lottare per degli ideali e la gente oggi è apatica. Purtroppo vi è molto più entusiasmo e fervore nel mondo islamico, e l’islamismo militante è senz’altro un pericolo».

Lei sta parlando di Paesi come l’Iran o la Siria?

«La Siria è un Paese molto pericoloso e le Nazioni Unite si sono dimostrate incapaci di agire. L’Iran è il maggiore pericolo per il resto del mondo, e non soltanto per Israele. Anche in Egitto si creeranno situazioni dannose, visto che le elezioni hanno dato i tre quarti dei voti ai Fratelli Islamici».

In che situazione si trova Israele?

«Economicamente la situazione è florida ma è in balia degli eventi che le ruotano intorno: l’Egitto e la Giordania sono più ostili di quanto non lo fossero prima, per non parlare dei rapporti tra Israele e Siria, Libano e Iraq».

E la Turchia?

«È un grande Paese di 85 milioni di abitanti che poteva rappresentare un vero ponte tra Oriente e Occidente, ma mi sembra che stia perdendo interesse per l’Europa e flirtando con Iran e Russia. Anche la Turchia, in un certo senso, è pericolosa».

E l’Europa?

«L’esperienza economica dimostra che le cose non sono certamente facili e la Grecia ne è un chiaro esempio. C’è un forte disappunto e lo avverto come una forma di nichilismo latente, perché le persone oggi non sanno bene per che cosa combattere».

E i tedeschi?

«In occasione della riunificazione delle due Germanie hanno fatto sacrifici e grandi sforzi lavorando con grande profitto. In questo senso direi che la Germania è l’esempio contrario del nichilismo e dell’immobilismo di cui parlavo prima».

Non crede che stiano diventando troppo potenti in seno all’Unione Europea?

«Sono molto potenti però nella direzione giusta. E mi sembra che la Merkel abbia una grande personalità politica».

E per quanto riguarda l’Inghilterra?

«È un Paese interessante, un misto di successi e di insuccessi. Ero molto favorevole alla sua entrata nella zona euro, ma adesso penso che sia meglio così. Blair e Gordon Brown hanno ringiovanito il Partito Laburista spendendo però troppi denari. Credo che le iniziative di Cameron siano buone e che sia circondato da ottimi consiglieri e ministri».

Cosa pensa della regina e della monarchia?

«Rappresentano un ottimo sistema per la stabilità del Paese. Un altro fatto importante è stato il matrimonio tra il principe William e Kate, una ragazza che ha studiato e che ha avuto una vita normale: credo che ciò daràalla monarchia un nuovo impulso».

Cosa ci dice del suo mestiere di editore?

«In tutto il mondo ci sono stati cambiamenti epocali come l’eBook. Ma ci sarà sempre posto per il libro cartaceo. L’editoria in Inghilterra va abbastanza bene, ma sono cambiati i canali distributivi: ora soffrono molto, e non solo in Inghilterra, i piccoli librai».

Ci sono buoni scrittori in Inghilterra?

«L’ultimo cinquantennio non è stato un periodo molto fertile, i testi migliori sono stati biografie e libri di storia».

Cosa accade invece nel mondo ebraico?

«La sinistra in Europa, soprattutto quella intellettuale, non è così amica di Israele. I migliori partner sono i tedeschi, gli olandesi, i polacchi, i greci e anche un po’ gli italiani. Lo sono molto meno i francesi, gli scandinavi, gli spagnoli, i portoghesi e l’Inghilterra che, soprattutto nel mondo accademico, ha tendenza a delegittimare lo stato di Israele».

Qual è il suo giudizio sui politici israeliani?

«Nel Paese esiste un latente senso di paura del futuro, e malgrado sia criticato e abbia i suoi difetti, Bibi Netanyahu è l’unico in grado di tenere in piedi il Paese in questo momento. Mi spaventa però la crescita del fanatismo religioso: un problema per la pace per via di certi territori occupati che potrebbero essere liberati e che invece i fanatici religiosi vogliono tenere con determinazione».

Che impressione ha riportato degli Stati Uniti?

«In America si parla soprattutto della questione iraniana e del futuro di Obama, fatti in un certo senso legati tra loro. Se si votasse oggi credo che Obama sarebbe rieletto, anche perché i repubblicani non hanno un candidato forte. Molto dipenderà dalla situazione economica e da cosa succederà in Afghanistan».

Per inviare alla Stampa la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT