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La Stampa Rassegna Stampa
25.02.2012 Siria: chi si oppone al regime di Assad
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 25 febbraio 2012
Pagina: 19
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «L'opposizione al regime di Assad, arcipelago frastagliato e rissoso»

Sulla STAMPA di oggi, 25/02/2012, a pag.19, con il titolo "L'opposizione al regime di Assad, arcipelago frastagliato e rissoso", Maurizio Molinari analizza con accuratezza le forze siriane di opposizione.
Ecco il pezzo:


                                                               Maurizio Molinari

Leader che vivono all’estero e gruppi che si battono in patria, islamisti finanziati dai sauditi e paramilitari addestrati in Turchia, laici e fondamentalisti: sono le molteplici e contrastanti anime dell’opposizione siriana l’ostacolo più difficile da superare per poter dare una voce politica alla rivolta giunta all’undicesimo mese. Quando il senatore dell’Arizona John McCain ha invocato dal Cairo la scelta di «armare l’opposizione», la risposta di Martin Dempsey, capo degli Stati Maggiori Congiunti, è stata: «Prima dovete dirmi chi può essere identificato come l’opposizione siriana».

È un’opinione condivisa da Joshua Landis, direttore del Centro di studi mediorientali dell’Università dell’Oklahoma, secondo il quale i maggiori contrasti sono «fra islamici e laici, vecchi e giovani, leader all’estero o in patria». Per tentare di orientarsi in questa variegata galassia bisogna fare riferimento alle tre matrici dei gruppi anti-Assad: i gruppi politici, il movimento di piazza e la resistenza militare. L’organizzazione politica più visibile è il Consiglio nazionale siriano (Snc), formato a Istanbul in ottobre e guidato dal sociologo Burhan Ghalioun, che vive a Parigi, che sostiene di rappresentare il 60 per cento dell’opposizione. Le riunioni del comitato direttivo a Beirut, Amman e Doha hanno però evidenziato profonde divisioni, al punto che lo stesso presidente viene riconfermato di mese in mese.

La più visibile spaccatura è fra i laici, guidati da Ghailoun, e gli islamici, il cui leader è Mohammed Riad Shaqfa, capo dei Fratelli musulmani siriani esiliato a Riad. Il Snc può vantare il riconoscimento come «legittimo rappresentante del popolo siriano» di Stati Uniti, Francia e Libia nonché la presenza formale al tavolo di Tunisi che ne fa un interlocutore di fatto della comunità internazionale. La bandiera del Snc è quella che i manifestanti sventolano nelle piazze: il tricolore nero, bianco e verde dove il verde sostituisce il rosso del Baath, il partito di Assad. Ma all’interno della Siria, più popolare di Ghailoun è il «Coordinamento nazionale per il cambio democratico» (Ncb) che riunisce una moltitudine di gruppi protagonisti della protesta ed è guidato da Hassan Abdul Azim. Ghailoun e Azim hanno tentato di siglare un’intesa, che però è saltata per l’opposizione dei Fratelli Musulmani.

Dentro la Siria a battersi contro Assad c’è anche un «Coordinamento di comitati locali» composto di ventenni e trentenni riuniti per gruppi famigliari che operano nei singoli centri in maniera indipendente. Fra le debolezze di Snc e Ncb c’è l’assenza di legami con le minoranze drusa, circassa, cristiana e alawita che rappresentano circa il 30 per cento della popolazione e continuano a sostenere Assad nel timore che la sua caduta consegni il potere alla maggioranza sunnita. Ultimo tassello, ma non per importanza, è l’opposizione militare, ovvero l’Esercito di liberazione siriano guidato dal colonnello Riad al-Assad, che opera dal territorio turco e negli ultimi due mesi ha dimostrato di riuscire ad attirare disertori, compiere imboscate contro i reparti governativi e in alcune occasioni anche creare posti di blocco capaci di difendere aree civili per un periodo limitato di tempo.

Se dietro al colonnello Riad al-Assad c’è Ankara, gli islamisti guardano a Riad, mentre il Qatar e gli Emirati sostengono Ghalioun e l’Iraq cerca di farsi spazio grazie ai legami dei suoi leader curdi e sunniti con quelli siriani. Tutti accomunati dalla volontà di deporre Assad sostenuto dagli ayatollah sciiti di Teheran. Ecco perché il generale Dempsey spiega la frammentazione dell’opposizione anche con il fatto che «la Siria è divenuta un banco di prova per gli equilibri fra le potenze regionali in Medio Oriente».

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