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Libero Rassegna Stampa
25.02.2012 Il Corano bruciato è solo una scusa, anche Emergency contro l'Occidente
La cronaca di Alessandro Carlini

Testata: Libero
Data: 25 febbraio 2012
Pagina: 16
Autore: Alessandro Carlini
Titolo: «Altri 12 morti per il Corano bruciato, ed Emergency difende i fanatici»

LIBERO di oggi, 25/02/2012, corregge il tiro dopo l'articolo di Carlo Panella,
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=16&sez=120&id=43528
nel quale veniva dato un rilievo sproporzionato a qualche copia del Corano bruciata rispetto alla uccisione a sangue freddo dei due marines americani come rappresaglia. Alessandro Carlini, a pag.16, con il titolo "Altri 12 morti per il Corano bruciato, ed Emergency difende i fanatici", riequilibra l'informazione, aggiungendo una meritata critica a Emergency, sempre in prima fila nella difesa dei fanatici islamisti contro l'Occidente.
Ecco l'articolo:

Non sono bastate nemmeno le tanto criticate scuse del presidente americano Barack Obama al collega afgano Hamid Karzai. Ieri l’Afghani - stan si è infiammato per il quarto giorno. La folla inferocita ha attaccato obiettivi americani e governativi in molte parti del Paese, per protestare contro il rogo «involontario» di alcune copie del Corano da parte di soldati Usa della base di Bagram. Ieri sera si contavano almeno 12 morti e decine di feriti, 29 vittime il bilancio dall’inizio dei disordini. Sette persone sono state uccise nella provincia di Herat, sotto comando delle truppe italiane (non coinvolte negli scontri), dove circa 500 persone hanno tentato di dare l’assalto al consolato Usa, due nella provincia di Khost e una in quella, di solito relativamente tranquilla, di Baghlan. Gli altri due morti di ieri a Kabul, dove ci sono state almeno due manifestazioni e dove la folla ha tentato di marciare verso il palazzo presidenziale. A Kunduz un migliaio di persone ha cercato di assaltare una sede delle Nazioni Unite ma sono state fermate. Come accade sempre nel mondo islamico, le proteste sono esplose nel corso del venerdì di preghiera, che troppo spesso si trasforma in un momento di aggregazione più per scendere in piazza che per inginocchiarsi per Allah. Il fatto che più preoccupa è che l’odio contro l’Occidente sia divampato anche in altri Paesi musulmani. Migliaia di manifestanti hanno sfilato a Peshawar, in Pakistan, scandendo slogan contro gli Stati Uniti. Un fantoccio raffigurante il presidente Usa è stato dato alle fiamme. In Malesia, la protesta si è svolta di fronte all’ambasciata statunitense nella capitale, Kuala Lumpur. Alcune centinaia di manifestanti sventolavano cartelli con le scritte «Rispettate il Corano» e «Morte agli Usa». Si trattava in gran parte di militanti del Pan-Malaysian Islamic Party, che hanno anche consegnato una lettera di protesta a un rappresentante della sede diplomatica. Un corteo con slogan antiamericani si è svolto anche in Bangladesh, dove i manifestanti hanno sfilato nella capitale Dacca. In Afghanistan non sono mancate le polemiche per l’alto numero di morti nei tumulti di piazza. Emergency si è scagliata contro le forze di sicurezza locali che avrebbero condotto una violenta repressione: i suoi medici hanno soccorso diversi feriti. Fa riflettere però il fatto che l’asso - ciazione di Gino Strada si mobiliti solo quando ad ammazzare sono le forze occidentali o loro alleate. I comandanti Nato in Afghanistan cercano intanto di fare luce sui fatti che hanno scatenato la violenta reazione in mezza Asia, consapevoli che a breve inizierà il ritiro delle truppe occidentali e che quindi si deve lasciare un Paese il più possibile pacificato. Il generale John Allen, a capo della missione Isaf, ha rivolto un appello alle truppe Nato e agli afgani in tutto il Paese a dare prova di pazienza e moderazione mentre è in corso l’inchiesta sul rogo del Corano. Gli incidenti non hanno avuto ripercussioni politiche solo in Afghanistan ma anche negli Stati Uniti. Il candidato repubblicano alla Casa Bianca, Newt Gingrich, e la collega di partito, Sarah Palin, si sono scagliati contro la scelta di Obama di scusarsi con le autorità afgane per limitare le proteste. Per il primo è Karzai, che tollera violenza e repressione nel suo Paese, a dover chiedere scusa al popolo americano, non il contrario. Rincara la dose la Palin, secondo cui si è trattato di un episodio accidentale, e l’esercito afgano dovrebbe fare lo stesso per la morte di due soldati americani nei giorni scorsi.

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