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Il Foglio Rassegna Stampa
22.02.2012 La Tunisia in pieno inverno islamista
non c'è spazio per i laici

Testata: Il Foglio
Data: 22 febbraio 2012
Pagina: 3
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «La Tunisia laica ha paura. Va in scena l’isteria islamista»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 22/02/2012, a pag. 3, l'articolo dal titolo "La Tunisia laica ha paura. Va in scena l’isteria islamista".


Rashid Gannouchi, leader del partito islamista Ennahda

Roma. C’è grande paura fra i giornalisti e gli intellettuali laici tunisini, ma anche fra la gente comune. La primavera araba ha portato con sé un frutto avvelenato: l’isteria islamista.
La magistratura ha arrestato il direttore del giornale Attounisia, Nasreddine Ben Said, il redattore capo Hbib Guizani e il giornalista Hedi Hidhri. Sono tutti accusati di “assalto alla moralità pubblica” per aver stampato una fotografia del calciatore tedesco-tunisino Sami Khedira ritratto suggestivamente con una donna nuda. Al giornale sono arrivate minacce di morte e l’edificio è ora sorvegliato dalla polizia.
Ben Said in carcere ha iniziato uno sciopero della fame, mentre diverse migliaia di persone hanno marciato a Tunisi per “la difesa delle libertà” dopo una serie di incidenti scatenati dal movimento islamico salafita. “Siamo qui per alzare la voce di fronte alle aggressioni di cui sono state vittime i giornalisti, i militanti, gli studenti universitari, e per dire al governo che le libertà conquistate non devono essere rimesse in discussione”, ha dichiarato Ahmed Nejib Chebbi, fondatore del Partito democratico progressista. Nei giorni scorsi il paese ha assistito attonito alle prediche nelle principali moschee del paese di Wajdi Ghenim, il celebre predicatore wahabita egiziano dichiaratamente a favore delle mutilazioni genitali femminili.
A Sousse, Ghenim ha attaccato i non musulmani, bollando gli arabi laici come intrisi di odio verso l’islam: “Morirete di rabbia, l’islam verrà, e anche il jihad”. Un giovane attivista dei diritti umani, Moez Ibrahim, è stato accoltellato nel corso di una manifestazione contro la presenza del predicatore. L’imam si è presentato con la barba bianchissima e senza baffi, nel più perfetto stile degli islamici radicali, e con sulla fronte la cicatrice che “tradisce” il credente, provocata dal chinare la testa a terra durante le cinque preghiere quotidiane. “Chi si oppone alla volontà di Dio è apostata”, ha scandito l’imam. Il presidente della Repubblica, Moncef Marzouki, ha risposto definendo “microbi” i religiosi. Ieri sul giornale inglese Independent il giornalista Robert Fisk ha parlato di un clima di “paura”, “censura” e “intolleranza”.
Scrive che una città a nord di Tunisi è stata trasformata in un “emirato islamico”, dove vigilantes salafiti interrogano i “peccatori” e i manifesti invitano a portare il velo integrale che “ti protegge dallo sguardo degli uomini e ti porta in paradiso”. In parlamento Cheikh Sadek Chrourou, eletto nelle file di Ennadha, primo partito nel paese, ha invocato l’applicazione del verso 33 della sura quinta del Corano che raccomanda di “uccidere crocifiggere e tagliar le mani e le gambe ai miscredenti che dichiarano guerra a Dio e al suo profeta”.
Prosegue il processo a Nabil Karoui, direttore dell’emittente Nessma “colpevole” di aver trasmesso il film “Persepolis”, tratto dal best-seller dell’iraniana Marjane Satrapi. Professori universitari e studenti, militanti dei diritti umani, giornalisti e vignettisti si sono messi alla testa di un movimento “pro Persepolis”. Karoui è in tribunale per rispondere dell’accusa di “blasfemia”. Intanto il gruppo dei salafiti che ha ingaggiato un braccio di ferro di due mesi con l’Università di Manouba perché le ragazze che indossano il velo integrale possano frequentare le lezioni, cosa vietata dai regolamenti, hanno incassato una grande vittoria.
Nell’ateneo è stata allestita una “sala di preghiere”. Islamisti hanno condannato la presenza al forum economico di Davos del premier Ahmed Jabali, colpevole di aver chiesto aiuto agli Stati Uniti che “profanano le terre dei musulmani”, alla Francia “che semina corruzione nel nostro paese” e alla Gran Bretagna “che ha fatto cadere il califfato”. Tutti uniti nel sostenere i nemici di sempre, gli ebrei. Jabali cerca di rassicurare l’occidente: “Non siamo la Somalia”.

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