lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Panorama Rassegna Stampa
20.02.2012 Panorama insegue l'Espresso e lo supera
con due articoli sull'Iran firmati Sergio Romano e Pino Buongiorno

Testata: Panorama
Data: 20 febbraio 2012
Pagina: 80
Autore: Pino Buongiorno - Sergio Romano
Titolo: «Nella testa dei duellanti Ahmadinejad e Netanyahu - L'europeo»

Riportiamo da PANORAMA del 23/02/2012, a pag. 80, l'articolo di Pino Buongiorno dal titolo " Nella testa dei duellanti Ahmadinejad e Netanyahu ", a pag. 87, l'articolo di Sergio Romano dal titolo " L'europeo ".

Due articoli che esemplificano la deriva di Panorama, un tempo settimanale di informazione, ora triste imitazione dell'Espresso, per quanto riguarda il Medio Oriente.
L'articolo di Sergio Romano tenta di convincere il lettore che le sanzioni siano sufficienti per arginare il nucleare iraniano e che, anzi, un intervento militare favorirebbe gli estremisti legati all'ayatollah Khamenei nella loro lotta contro il dittatore Ahmadinejad. Come se fra i due ci fossero sostanziali differenze per quanto riguarda la politica estera e i rapporti con Israele.
Ahmadinejad minaccia Israele. Khamenei non si è mai espresso in toni contrari. Non ha importanza quale dei due sia veramente a capo dell'iran, quale dei due sia più influente. Bisogna in ogni caso prendere posizione contro il nucleare iraniano e bloccarlo.
Pino Buongiorno, invece, traccia un ritratto di Mahmoud Ahmadinejad e Bibi Nentayahu, infarcendolo di psicologia spicciola e da due soldi, si premura persino di specificare i loro segni zodiacali.
Al di là delle interpretazioni banali sulla personalità del premier israeliano e del dittatore iraniano, è incredibile che siano stati messi sullo stesso piano.
Il primo è un uomo politico eletto democraticamente, a capo di uno Stato minacciato e si trova a dover prendere decisioni difficili per garantire sicurezza e sopravvivenza dei propri cittadini. Il secondo è un dittatore salito al potere con dei brogli e dopo aver represso le manifestazioni antiregime. E' un criminale interessato esclusivamente alla distruzione di Israele.
Netanyahu non ha nulla a che vedere con Ahmadinejad. Non si tratta di due 'duellanti', ma di aggredito e aggressore.
Ecco i due articoli:

Pino Buongiorno - " Nella testa dei duellanti Ahmadinejad e Netanyahu "


Pino Buongiorno, Bibi Netanyahu, Mahmoud Ahmadinejad

Uno cerca il potere nucleare per anticipare il ritorno del messia sciita; l'altro si è assunto la missione di salvare Israele per essere degno del fratello morto a Entebbe. Nella prospettiva di un blitz contro le centrali atomiche di Teheran, uno psichiatra della Cia traccia il profilo dei due leader che potrebbero scatenare l'apocalisse in una delle zone più calde del pianeta.
La sfida è davvero affascinante». Il medico Jerrold Post oggi insegna psichiatria, psicologia politica e affari internazionali all'Università George Washington della capitale americana. Ma per 21 anni ha lavorato, a qualche chilometro di distanza, nel quartier generale della Cia, dove ha fondato e diretto il Centro per l'analisi delle personalità e il comportamento politico. È stato lui a fornire ai vari presidenti americani e ai segretari di Stato i profili dei leader stranieri in situazioni di crisi o alla vigilia dei summit internazionali: Menachem Begin e Anwar Sadat, Saddam Hussein e Fidel Castro, Hugo Chavez, Muammar Gheddafi, Osama Bin Laden... Ora che si avvicina paurosamente il confronto-scontro fra il presidente della Repubblica islamica dell'Iran, Mahmoud Ahmadinejad, e il primo ministro d'Israele, Benjamin Netanyahu, la lettura di queste due personalità, così come Post fa in esdusiva per Panorama, è di estrema importanza. Lo stesso Barack Obama, il terzo protagonista di quella che rischia di essere la crisi per eccellenza del 2012, ha chiesto ai successori del dottor Post di aggiornare ogni settimana i dossier sui due leader in modo da evitare di essere colto di sorpresa dalle mosse improvvise di uno di loro proprio nel bel mezzo della campagna elettorale per le presidenziali Dietro le quinte la Casa Bianca sta lavorando per scongiurare o, quanto meno, per allungare i tempi (almeno fin dopo il voto di novembre) dell'attacco israeliano contro i bunker nudeari dell'Iran. Secondo le analisi del dipartimento del Tesoro, le sanzioni economiche e finanziarie contro Teheran approvate di recente sia dall'amministrazione americana sia dall'Unione Europea hanno cominciato a mordere al punto che il regime degli ayatollah non riesce più nemmeno a pagare le importazioni di riso dall'India e si vede costretto a barattare oro e petrolio per le forniture di cibo. I guardiani della rivoluzione (pasdaran) sono in subbuglio perché non fanno più affari con i paesi del Golfo e rischiano il congelamento definitivo dei conti bancari aperti a Dubai. La stessa leadership politico-religiosa è spaccata fra radicali e conservatori alla vigilia delle elezioni del 2 marzo per il rinnovo del parlamento iraniano. Perché allora Israele dovrebbe avere tanta fretta da pianificare l'attacco fra aprile e giugno, come ha affermato il segretario alla Difesa Leon Panetta, mandando alle stelle il prezzo della benzina, scatenando una guerra che potrebbe coinvolgere anche i marines e mettendo a ferro e fuoco lo Stretto di Hormuz, dove transita un terzo del petrolio mondiale, fino a distruggere l'agognata ripresa economica degli Stati Uniti? È questo l'interrogativo che lo stesso Obama rivolgerà a Netanyahu, quando il primo ministro d'Israele sarà ricevuto alla Casa Bianca negli stessi giorni di mazzo in cui a Teheran si voterà. Vista da Gerusalemme e dalla capitale iraniana, la corsa verso il baratro ha dinamiche assai diverse. Per il governo israeliano è in ballo la sicurezza dello stato ebraico faticosamente nato nel 1948. Per quello iraniano la corsa al nudeare significa il dominio politico ed economico nel Medio Oriente e nd Golfo Persico, con conseguente vittoria finale dei musulmani sciiti sui sunniti dell'Arabia Saudita e dell'Egitto. Anche il linguaggio dei due leader sta progressivamente cambiando. Netanyahu usa ormai toni alla Winston Churchill nei suoi discorsi sull'Iran. Mentre il nemico giurato che sta a Teheran preannuncia ulteriori progressi nudeari. Chi pensa che sia solo retorica o propaganda sbaglia di grosso poiché la biografia di Ahmadinejad, la sua psiche, il suo credo religioso fanno davvero temere il peggio. Sul fronte opposto anche Netanyahu non segnala momenti di debolezza. Anzi, chi lo ha incontrato di recente sente vibrare maggiore determinazione e pochissimi dubbi. E allora andiamo a vedere da vicino cosa c'è nella testa di questi due leader, cominciando proprio da colui che si sente investito della sacra missione di dominare da Teheran il mondo musulmano e di spazzare via gli ebrei e i loro alleati occidentali. l'analisi comportamentale di Post lascia poca speranza su un qualsiasi tipo di ravvedimento. Nato il 28 ottobre 1956, sotto il segno dello Scorpione, in un piccolo villaggio vicino alla città di Gamsar; Mahmoud, quarto di sette figli, ha sempre fatto enormi sacrifici per la sua umile famiglia pur di affermare il suo ego. Si è laureato in ingegneria civile e ha fondato l'Unione degli studenti islamici affiliandosi in seguito ai pasdaran. I'estremismo è sempre stato la sua cifra umana e politica, sia da sindaco di Teheran sia da presidente. Perché? La spiegazione, secondo Post, deriva dalla setta religiosa alla quale ha aderito. Ahmadinejad è seguace del movimento Il Dodicesimo. Si riferisce al 12 imam, Mohammed Mahdi, discendente diretto del profeta Maometto, che è scomparso nell'874. Secondo la leggenda, il Mahdi non è morto, ma si è nascosto e si «rivelerà» in un periodo di caos prima del giorno del Giudizio universale. Post spiega nel suo studio che la maggior parte dei dodicesimi sono tranquilli e aspettano solo l'arrivo dell'imarn. C'è però un piccolo gruppo di mahdisti che appaiono invece belligeranti e tentano in tutti i modi di accorciare i tempi dell'attesa promuovendo il caos subito. Ahmadinejad è uno di loro» assicura lo psichiatra americano, che ricorda i finanziamenti elargiti da Mahmoud, quand'era sindaco di Teheran, per preparare strade e case in vista della riapparizione dell'imam, e ancora i 17 milioni di dollari concessi dopo la sorprendente vittoria presidenziale per la moschea di Jamkaran, dove dovrebbe farsi vivo il Mahdi. Cosa si può dedurre da tutto questo? «I ripetuti appelli per l'eliminazione d'Israele e la forte spinta data al programma nucleare, se li leggiamo attraverso queste lenti, sono coerenti con la fede religiosa.'1'utto ciò che produce caos favorisce l'arrivo sulla Terra del messia sciita. Di conseguenza gli abituali elementi della diplomazia coercitiva, in termini di paura di rappresaglia, non hanno alcun valore per uno come lui» dice Post a Panorama.  La deterrenza in questo caso di «fanatismo paranoico* può arrivare solo dalla complessa lotta di potere fra pragmatici e radicali, con sullo sfondo il 70 per cento dei giovani iraniani sotto i 30 anni che anelano a emulare i valori occidentali. In ultima istanza saranno i vertici militari dei pasdaran e la stessa guida suprema Ali Khamenei a segnare il destino di Ahmadinejad, considerato troppo potente. Le prossime elezioni parlamentari saranno il primo banco di prova. Il secondo sarà la decisione alla quale sta lavorando Khamenei: rimuovere il presidente dal suo molo attivo nel programma nucleare trasferendolo interamente al comando dei pasdaran. Se esaminiamo il comportamento politico di Netanyahu, non possiamo ovviamente parlare né di fanatismo né di leggende religiose «Il profilo di Netanyahu così come l'ho delineato assieme al mio direttore di ricerche Ruthie Pertsis» afferma Post «enfatizza il suo bisogno di essere estremamente duro in risposta alle dinamiche familiari e al suo molo peculiare di "figlio di seconda scelta"». Di cosa si tratta? Benzion, il padre di Bibi, uno storico di destra, era stato respinto da Israele, largamente dominato all'epoca dai laburisti, a causa del suo estremismo, tanto da trasferirsi negli Stati Uniti. Volendo a tutti i costi riscattarsi puntò sull'amato primogenito, Jonathan, ritornato in patria nel 1967. La sorte ha voluto che Jonathan morisse nel 1976 a Entebbe durante un'operazione per liberare alcuni ostaggi israeliani. Fu una tragedia per Israele e soprattutto per la famiglia. Il testimone passò così a Bibi, nato il 21 ottobre 1949 sotto il segno della Bilancia, erettosi a paladino della guerra a oltranza al terrorismo e a difensore di ultima istanza della sicurezza dello stato ebraico contro «tutte le sue vulnerabilità». Afferma lo psichiatra Post: «Benjamin sa che non sarà mai all'altezza dell'immagine idealizzata del fratello maggiore e delle estreme aspettative del padre Ora, a 101 anni, il vecchio Benzion continua a scrutare attentamente Bibi da dietro le spalle per vedere se è capace o meno di salvare Israele». Chi può fermare in queste condizioni la missione salvifica di Netanyahu? Anche qui la deterrenza appare più dettata dagli apparati di intelligence interni che dalle ritorsioni politiche, militari ed economiche di un eventuale blitz aereo. Il Mossad non fa mistero delle critiche contro quella che l'ex capo dei servizi segreti Meir Dagan ha definito pubblicamente «l'idea stupida di attaccare l'Iran*. Meglio, molto meglio, le operazioni sono copertura contro gli scienziati atomici iraniani e gli impianti nucleari, in particolare quello di Fordow, vicino alla città santa di Qom, il bersaglio più appetito dal Mossad. Il successore di Dagan, Tamir Pardo, non ha cambiato idea e anche lui ha chiesto a Netanyahu di pazientare ancora qualche mese Poi, a fine gennaio, è volato in gran segreto a Washington, ufficialmente per tastare il polso dell'amministrazione Obama in caso di un bombardamento unilaterale israeliano deciso dai 12 membri del gabinetto di sicurezza, guidato da Netanyahu. In realtà, come si è saputo successivamente a Tel Aviv, per consultarsi con la Cia in modo da rilanciare il programma congiunto di «operazioni di contrasto: nuovi virus informatici letali per mandare in tilt i computer delle centrali iraniane, sabotaggi a oltranza dei laboratori atomici, omicidi mirati e defezioni di generali e scienziati. Tutto pur di evitare il Giorno del giudizio, che tanto amerebbe Ahmadinejad.

Sergio Romano - " L'europeo "


Sergio Romano, Ali Khamenei

Quando parliamo di crisi nazionali e internazionali, dimentichiamo spesso l'esistenza di momenti in cui il gioco sfugge almeno in parte al controllo della dasse politica e torna temporaneamente nelle mani degli elettori. I russi sceglieranno il loro nuovo (?) presidente in marzo. I greci rinnoveranno il loro parlamento in aprile. I francesi eleggeranno il presidente tra la fine di aprile e gli inizi di maggio. Gli egiziani torneranno alle urne in giugno per eleggere il loro capo dello stato. Gli americani voteranno nella prima settimana di novembre e gli israeliani, probabilmente, entro la fine dell'anno. Tutte queste elezioni sono attese con grande interesse e sono materia di analisi, commenti, previsioni. Quelle per il rinnovo del parlamento iraniano fra un mese, invece, godono di minore attenzione. Probabilmente molti osservatori pensano che in un regime autoritario come quello di Teheran i deputati siano destinati ad avere scarsa importanza e che la loro scelta non meriti attenzione. Credo che commettano un errore. Il regime iraniano è un complicato ingranaggio di pesi e contrappesi in cui nessuna istituzione, neppure per certi aspetti la guida suprema, è libera d'imporre totalmente la propria volontà. Ne abbiamo avuto la dimostrazione negli scorsi mesi, quando abbiamo assistito a un duro braccio di ferro fra il presidente della repubblica Mahmoud Ahmadinejad e l'assemblea parlamentare sulla nomina di alcuni ministri. Non sorprende quindi che Ahmadinejad cerchi di approfittare delle prossime elezioni per modificare a proprio vantaggio la composizione del parlamento. Ma le candidature sono soggette all'approvazione di un organo costituzionale, il Consiglio dei guardiani, e il risultato finale dipende in ultima analisi da una serie di conflitti e dosaggi che sfuggono in buona parte alle nostre valutazioni. Sappiamo tuttavia che dietro queste manovre preelettorali vi è un forte contrasto tra Ahmadinejad e la guida suprema. Sul progetto nudeare l'ayatollah Ali Khamenei ha assunto posizioni inflessibili e si presenta alla società iraniana come il geloso custode dell'indipendenza nazionale contro qualsiasi minaccia «imperialista»; mentre il presidente della repubblica, pur continuando a tuonare contro Israele, sembrerebbe maggiormente disposto ad accettare che l'arricchimento dell'uranio, al di sopra di una certa soglia, venisse realizzato all'estero, Ma un attacco militare contro l'Iran pr Pub darsi che le due posizioni siano strumentali e servano soprattutto a conquistare consensi in settori potrebbe frna i l gioco d ayatollah Ahmadinejad sembra essere in maggiore sintonia con gli npiùintransigenti come Ali Khamenei un polo»,rcs dalledeílari i e a ulaotituzionehafdato il compito di proteggere l'identità islamica dello stato in patria e all'estero, anche con operazioni coperte e azioni terroristiche. Negli ultimi decenni, tuttavia, le guardie si sono impadronite delle maggiori leve economiche dello stato iraniano e sono diventate un potente conglomerato industriale e finanziario. Secondo uno studioso del Washington Institute, Mehdi Khalaji, le guardie sono il gruppo maggiormente colpito dalle sanzioni dell'Occidente e quindi maggiormente disposto ad adottare, sulla questione del programma nucleare, un atteggiamento meno rigido di quello della guida suprema. Sono queste alcune delle ragioni per cui a nessuno, nemmeno a Israele, conviene oggi prendere iniziative che possano giovare alle posizioni intransigenti di Khamenei. Le sanzioni, in questo momento, sono più che sufficienti.

Per inviare la propria opinione a Panorama, cliccare sull'e-mail sottostante


panorama@mondadori.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT