copia di lettere inviate al direttore di Avvenire:
Egregio Direttore,
ho letto su L'Avvenire del 18 febbraio l'articolo di Luca Gallesi titolato “Israele e Palestina, come son lunghe le radici della guerra”. Nell'articolo si fa un brevissimo excursus storico sulla guerra del '48 e sull'immediato dopoguerra, avvalendosi in modo necessariamente sommario di una pubblicazione sul tema dello storico Benny Morris.
Ora , io non conosco le tesi di quest'ultimo, non avendone letto il libro, ma credo di aver capito benissimo la posizione assunta dal giornalista.
Gallesi scrive “ mezzo milione di arabi diventano sudditi di uno Stato nuovo, nato su quelle che fino ad allora erano state le loro terre, dalle quali vennero espulsi per affollare i campi profughi nei paesi arabi “ ecc.
Mi domando: perché Gallesi dice che vennero espulsi, come se si fosse trattato di un gesto unilaterale di Israele in una situazione altrimenti pacifica, e non dice invece che fuggirono dal teatro di una guerra scatenata dai paesi arabi allo scopo di distruggere il nuovo Stato di Israele autorizzato dalle Nazioni Unite? E non dice nemmeno che, per di più, a questa fuga furono invitati dagli stessi governi arabi per consentire ai loro eserciti di combattere una guerra totale senza esclusione di colpi, cioé senza doversi preoccupare di non colpirli nelle operazioni belliche? E tutto ciò nella certezza di una vittoria , che avrebbe comportato lo sterminio o quasi degli ebrei?
Forse Gallesi pensa che la differenza sia irrilevante.
A questo punto però sorge una domanda impellente: come può Gallesi pensare una simile sciocchezza?
Sento il dovere di aggiungere che certamente il giornalista é libero di pensare quello che vuole, ma deontologia professionale richiederebbe di essere un po' più esaustivi nel raccontare i fatti, in modo da lasciare al lettore la scelta più importante, che é quella su cosa pensare.
Tra l'altro, usare l'espressione “sudditi di un nuovo Stato” mi sembra altrettanto fuorviante, alla luce anche dei fatti successivi. Forse Gallesi pensa che gli arabi cittadini di Israele siano dei sudditi, se paragonati agli arabi che sono la maggioranza dei cittadini (si fa per dire) dei vari paesi della regione?
O forse si preoccupa, con questa espressione, soprattutto di assicurare in termini assoluti la legittimità della contrarietà degli arabi di quel tempo e del tempo successivo?
Ma allora, per farla breve, sarebbe così irreale ritenere che “le lunghe radici della guerra” siano da ascrivere, più che a qualsiasi altra cosa, proprio al fatto che gli arabi non hanno mai accettato la semplice esistenza dello Stato ebraico? E questo, secondo Gallesi, basterebbe e avanzerebbe per accusare Israele e giustificare la guerra infinita contro questo Stato?
Se così é, cosa concludere se non che certe penne scrivono perfino sul giornale dei Vescovi italiani?
E in questo caso, cosa si può fare per chiedere a questi ultimi che cosa pensano del loro giornale?
Distintamente
Andrea Cafarelli
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Che Avvenire non sia certo filo-israeliano è noto da tempo. Così come non lo è la diplomazia vaticana e neppure, in generale, clero e popolo bue. Per ignoranza? In molti casi, forse. Per calcolo? Puo essere. Per antisemitismo? In qualche caso è così. Per antigiudaismo? Ecco, questo è il vero humus dell'ostilità nei confronti degli ebrei e di Israele che degli ebrei è l'emblema, il simbolo principe. Avvenire le sue radici le affonda proprio lì. Gallesi farebbe meglio ad informarsi più approfonditamente prima di manipolare la storia e persino il pensiero di Morris che cita manipolando quanto scrive. Farebbe meglio, per amor di Verità, ad intervistarlo per sentire realmente qual è il suo pensiero che non è quello emerso dall'articolo. In esso, Gallesi cita Morris per ciò che gli fa comodo, non per le sue ricerche che confermano l'illusorio (e perentorio) invito dei governi arabi circostanti agli arabi che vivevano in territori a maggioranza ebraica di lasciare tutto prima che l'inferno si fosse scatenato sugli ebrei. Le cose non andarono secondo i loro piani e per questo i campi profughi rigurgitano di arabi palestinesi usati come arma demografica. Per essi l'ONU ha addirittura istituito un organismo di assistenza diverso dall'UNHCR: l'UNRWA. Gallesi si è mai chiesto il motivo di questa scandalosa vergogna?
Maurizio Del Maschio